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Riflessioni sulla Risurrezione

[Nota dell’autore. All’articolo originario è stato incorporato quello che era il mio secondo commento a esso relativo (contenente il collegamento al video musicale). Successivamente, il 2 Aprile 2024, l’articolo è stato corredato di un Post Scriptum e il titolo originario è stato lievemente modificato.]

Il Cristo risorto appare a Santa Maria Maddalena, St Collen’s Parish Church, Llangollen (Galles)

Giuseppe Baldacchini, un fisico che per diverso tempo ha ricoperto il ruolo di dirigente al Centro di Ricerca ENEA di Frascati, è autore dello studio Religioni, Cristianesimo e Sindone (Marzo 2012). In tale studio egli, dopo aver tratteggiato il panorama delle religioni nel mondo riservando la sua preferenza, con adeguata motivazione, al Cristianesimo, affronta in modo approfondito, mostrandone l’infondatezza, la tesi (sostenuta da alcuni studiosi) secondo la quale la Sindone custodita nel Duomo di Torino rappresenterebbe un falso medioevale, risalente a un periodo compreso fra il secolo XIII e il secolo XIV. L’autore riferisce che altri studiosi non mettono sostanzialmente in dubbio, dal punto di vista tecnico, le misure effettuate con il metodo del carbonio-14 (le quali suffragherebbero, secondo i primi, la tesi del falso), ma sostengono che esse non consentirebbero di stabilire la datazione effettiva della Sindone, in quanto il campione utilizzato non rappresenterebbe idoneamente la stessa e/o sarebbe stato contaminato da un fattore fisico estraneo, che avrebbe aumentato la quantità di carbonio-14 presente inizialmente nel lenzuolo di lino, rendendo fallace la datazione effettuata. L’autore esamina successivamente l’ipotesi dell’annichilazione materia-antimateria, precisando che essa costituisce una variante dell’ipotesi dell’esplosione di energia radiante – ritenuta attualmente la più attendibile –, e permette di risolverne alcuni problemi altrimenti non superabili.

Nel libro Risurrezione. Un viaggio tra fede e scienza [edizione Figlie di San Paolo 2016] l’economista e imprenditore Armando Savini, a proposito della Risurrezione di Gesù e la Sindone, scrive: «In riferimento alla scomparsa del corpo, data l’integrità delle fasce, l’unica ipotesi che si potrebbe fare è quella dell’annichilazione, lo stesso processo che avrebbe dato vita al Big Bang. Secondo il fisico Baldacchini, l’unico fenomeno conosciuto in Fisica che conduca alla sparizione completa della massa con produzione di energia equivalente è il processo di annichilazione materia-antimateria (AMA), che oggi può essere riprodotto solo a livello subatomico nei laboratori di particelle elementari, ma che è stato invece dominante subito dopo il Big Bang, cioè negli istanti iniziali di esistenza del nostro universo. […] L’ipotesi AMA non ci dice nulla, eccetto che il corpo si è smaterializzato all’interno della Sindone e istantaneamente si è materializzato di nuovo in altro luogo morto o vivo, che non fa differenza per le leggi della Fisica che così non sono in contraddizione con i racconti evangelici, che invece lo descrivono risorto e quindi vivo. Lo studioso, inoltre, conferma quanto già detto sulla risurrezione, avvenuta entro poche ore dalla morte […]. Queste ipotesi, definite quasi ai limiti delle conoscenze scientifiche attuali, possono solo tentare di spiegare ciò che, per volontà del Creatore, stilla lievemente dal soprannaturale nella sfera fisica. Non di più. Non si può dimostrare alcunché, poiché l’evento soprannaturale è qualcosa che trascende la sfera dell’immanente: è metafisico, cioè supera, domina la sfera fisica, poiché Dio è spirito (Gv 4,24) e, dunque, non è soggetto alle leggi fisiche, chimiche e biologiche, le quali regolano questo mondo» (pp. 69-71).

Nel libro Credere per vedere. Riflessioni sulla razionalità della Rivelazione e l’irrazionalità di alcuni credenti [2010, io utilizzo l’edizione Lindau 2012] il filosofo contemporaneo Jean-Luc Marion, in merito al problema del riconoscimento della santità – nella fattispecie quella del Cristo, sia durante la Passione sia dopo la Risurrezione –, scrive: «[Durante la Passione] il massimo della santità viene risucchiato dal massimo di invisibilità, dalla morte. La gloria pasquale stessa rimane in un certo senso invisibile, perché la sua santità trionfante non può sempre riflettersi nel mondo che essa tuttavia annulla. Così essa può manifestarsi agli stessi credenti solo a misura di ciò di cui essi possono “essere capaci”: poiché i loro occhi non potevano riconoscerlo (Lc 24,16) e i discepoli non sapevano che fosse Gesù (Gv 21,4), occorre che a Emmaus la santità ricorra al chiaro-scuro del sacramento – segno visibile della cosa tuttavia invisibile –, cioè alla divisione del pane. Così la santità, anche quella del Cristo, anche quella del risorto, rimane per definizione invisibile» (pp. 269-270).

Nel libro C’è un dopo?. La morte e la speranza [edizione Mondadori 2016] il cardinale Camillo Ruini, rivolgendo l’attenzione primariamente alla speranza cristiana della vita eterna, e con evidenti riferimenti all’Enciclica Fides et ratio del papa Giovanni Paolo II (14 Settembre 1998), scrive: «Occorre superare quella estraneità tra la ragione e la fede che è diventata quasi un paradigma di gran parte della cultura moderna. La fede, invece, può collaborare con la ragione, non snaturandola ma aiutandola a trovare pienamente se stessa: in concreto, aiutandola a liberarsi dai condizionamenti positivistici che restringono lo spazio della ragione e quasi la soffocano. A sua volta, la ragione è un’esigenza interna della fede stessa, che rende autenticamente umano questo dono gratuito di Dio. In conclusione, anche la risurrezione di Gesù non trasforma in certezza razionale la speranza della vita eterna. Dà però a questa speranza un fondamento molto più solido di quello che la sola indagine razionale era in grado di assicurarle: la radica infatti nella storia e, per chi crede, le conferisce quella certezza interiore che proviene dallo Spirito di Dio» (p. 84).

Et exspecto resurrectionem mortuorum  Olivier Messiaen (1964)

«Per Messiaen, la musica che si apre all’aldilà sarà quella che lascia intravedere l’invisibile e sentire l’indicibile: sarà la musica che, aiutata dal colore, si può definire come “sensazione”» [dal libro Teologia e Musica. Dialoghi di trascendenza scritto da padre Jordi-A. Piqué i Collado, teologo e musicista spagnolo, edizione San Paolo 2013 (pp. 197-198)].

Nonostante le attestazioni della Sacra Scrittura, e in particolare dei Vangeli, non è affatto facile immaginarci come possa realizzarsi la risurrezione dei morti. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (pubblicato inizialmente nel 1992 e approvato definitivamente nel 1997) dice, al n. 1000: «Il “come” [risuscitano i morti] supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all’Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo: Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l’altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione [Ireneo di Lione, Contro le eresie, seconda metà del II secolo]».

Intanto, adoperiamoci anche per la risurrezione dei vivi…

 

Uno sguardo oltre la frontiera

2 Aprile, 2024

Gianfranco Ravasi (nato nel 1942) è un insigne biblista ed ebraista; è stato nominato Cardinale dal papa Benedetto XVI nel 2010, ed è attualmente Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura. Il 31 Marzo 2002 uscì sul quotidiano “Il Sole 24 ORE”, a sua firma, l’articolo Non è risorto, si è innalzato, il cui titolo tuttavia, come ha precisato monsignor Ravasi, era stato scelto dal redattore del quotidiano senza il suo parere personale.

Resurrezione (Piero della Francesca), Museo Civico, Sansepolcro

L’articolo si apre nel modo seguente: «L’immagine di un Cristo sfolgorante di luce che si libra sul sepolcro, dopo averne scardinato la pietra tombale, non è evangelica ma è attinta solo ai primi testi cristiani apocrifi». L’autore spiega che «il Nuovo Testamento esprime la ‘risurrezione’ con il verbo eghéirein, ‘risvegliare’ dalla morte, simbolicamente intesa come un sonno, oppure con il verbo anístemi, ‘levarsi, sorgere in piedi’. […] C’è, però, un altro linguaggio, caro a Giovanni, a Luca e a Paolo, che è definito di esaltazione o glorificazione ed è espresso con il verbo greco hypsoùn, ‘innalzare, elevare’, e con immagini di ascensione verso l’alto». «L’ascensione-esaltazione-innalzamento non è da concepire in termini materialistici o “astronautici”, ma secondo categorie metafisiche e teologiche; fra l’altro, in tutte le culture il cielo è l’area della divinità perché trascende l’orizzonte terreno, è il simbolo della superiorità e diversità di Dio rispetto all’uomo».

L’autore sostiene che «quanto accade nella risurrezione di Cristo è un evento complesso, accuratamente rappresentato dai Vangeli. È un evento che si radica nel tempo e nello spazio […], e che perciò ammette una verificabilità storica; ma esso fiorisce nell’eterno e nel divino, ed è per questo che esige un’analisi nella fede e nella teologia. Nella sua sostanza la Pasqua di Cristo è una realtà trascendente, e come tale supera la pura verifica storica. Ma ha una risonanza efficace anche nella storia e nello spazio ove rimangono tracce e segni, per cui ha una sua legittimità anche un’investigazione di taglio storiografico. Ora comprendiamo perché gli evangelisti si sono rifiutati di ridurre quello che avviene al sepolcro di Cristo entro i confini di una rianimazione di cadavere, e siano invece ricorsi a linguaggi più profondi e simbolici».

Cristo morto (Andrea Mantegna), Pinacoteca di Brera, Milano

Nella parte finale dell’articolo, l’autore cita il filosofo e teologo gesuita Xavier Tilliette (1921-2018) il quale, nella sua opera La Semaine Sainte des Philosophes (1992), «scriveva che la filosofia deve attestarsi alla soglia delle apparizioni pasquali, al sabato santo. Essa non deve testimoniare la Gloria. Occorre mantenere castamente la frontiera, diceva il filosofo Schelling». Ma aggiunge: «Tuttavia questo non impedisce alla fede di agganciarsi alle vie della ragione e alla ragione di guardar oltre le sue frontiere».


Giorgio Della Rocca

Sono nato il 10 Agosto 1964 a Pontinia, comune dell’Agro Pontino in provincia di Latina, e vi abito. Mi sono diplomato al Liceo Scientifico "G.B. Grassi" di Latina, e laureato in Matematica con indirizzo Didattico all’Università degli Studi "La Sapienza" di Roma. Negli anni Novanta ho svolto attività di collaborazione con "La Sapienza", anche presso la sede decentrata di Latina. Dal 1992 insegno Matematica in quello che attualmente è l’Istituto Statale di Istruzione Superiore "San Benedetto - Einaudi - Mattei" (in particolare, io appartengo al "San Benedetto"), situato nel territorio del comune di Latina. Altri interessi si possono evincere dai miei articoli presenti in "ScuolaFilosofica". Il mio motto: Scienza, Coscienza, Sapienza!

2 Comments

  1. Damonti Bernardino Damonti Bernardino 12 Aprile, 2020

    La morte é uno scandalo o “il passaggio a miglior vita”, la benvenuta occasione per innalzare una lode al Creatore? Legittima la scienza, legittimo allontanare la morte ? Da quando l’epilettico non é più un indemoniato, da quando un’appendice infiammata non é più una condanna a morte il destino dell’uomo non é più solo nelle mani di Dio. Blasfema la scienza perché osa intromettersi nei piani del Creatore ? il dubbio si insinua ,il dogma vacilla. E allora l’orfano che piange la madre uccisa dal terremoto(troppo piccolo per capire cosa é il malum poenae o cosa sono i disegni imperscrutabili ) anziché elevare una lode “laudato sii o mio Signore per sora nostra morte corporale”, chiede: perché?
    Crescendo si rende conto non senza apprensione che in quel perché? che rivolto a Dio suona blasfemo (“vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”),si condensa la rivolta contro la condizione umana . Ha deciso che quando ha mal di pancia o idee strane non si rivolgerà all’esorcista o allo sciamano;
    ha imparato a convivere con l’angoscia, un fardello che si porta addosso, l’inesorabile prezzo da pagare per chi senza punti di riferimento fissi(la fede nella trascendenza) é costretto a navigare a vista verso l’ignoto.Per lui la morte rimane qualcosa di molto terreno, la fine di un processo biologico.Teme la morte perché teme l’annientamento ma si sente legittimato a negarla perché l’istinto di conservazione glie la fa apparire come un inaccettabile paradosso.

  2. Giorgio Della Rocca Giorgio Della Rocca 13 Aprile, 2020

    La ringrazio del commento, invitandoLa a leggere anche il mio articolo Per una fede religiosa rinnovata.

    Il Cristo ci può aiutare a portare la nostra croce, quando facciamo fatica da soli; la Madonna (in primo luogo) e tutti gli altri Santi (in secondo luogo) possono intercedere per noi presso Dio, quando da soli facciamo fatica. Bisogna crederlo per poter sperimentarlo.

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