Qualche tempo fa mi sono trovato a rovistare nella cantina di un mio conoscente e ho trovato al mio cospetto un’importante collezione di riviste di quotidiani, ingiallite e dal fascino antiquario. Su di una mi è caduto l’occhio in particolare: si tratta dell’inserto domenicale del Corriere della Sera chiamato “Domenica del Corriere”. In data 24/06/1974 veniva raccontato il resoconto di viaggio di Carlo Mauri, alpinista ed esploratore italiano vissuto fra il 1930 e il 1982 anno della sua morte. L’articolo di Mauri riporta con estrema precisione il resoconto di un’avventura into the wild in uno degli ultimi paradisi italiani, preservati dalla vita pastorale e da una natura ancora poco intaccata dai cambiamenti distruttivi dell’uomo: precisamente nella zona dei territori del Supramonte, caro a Fabrizio de Andrè, ma caro anche alla maggioranza degli escursionisti, alpinisti e vacanzieri di tutto il mondo.
Il Supramonte è una zona particolarmente aspra dal punto di vista geografico ed è per i nativi del luogo la vera anima di quel territorio così particolare e così selvaggio: si tratta di una catena di montagne e di altopiani carbonatici che occupano la parte nord-occidentale del Golfo di Orosei affacciandosi sul mare. All’interno del Supramonte troviamo celebri valli come quella di Lanaitto (territorio di Oliena) dove sono presenti vitigni di pregevole qualità. Da questa stessa valle partono due sentieri di facile percorribilità verso il sito arche-nuragico di Tiscali, il percorso per arrivare alla dolina carsica più grande d’Europa chiamata Su Sercone. Nel mezzo della valle è presente la grotta di Sa Oche e su Bentu (la voce e il vento) famigerata per la piena (da qui il nome della grotta che crea un autentico rimbombo nella valle) che si crea dopo le copiose precipitazioni; la valle di Oddoene invece (posta nel territorio di Dorgali) presenta anch’essa celebri vitigni di uve che andranno a produrre dell’eccellente Cannonau. Da questa valle parte il sentiero per arrivare al well known canyon di Su Gorropu (fra i primi in Europa per grandezza), e ancora, parte un sentiero per arrivare a Tiscali che si ricongiunge a sua volta con la valle di Lanaitto. All’interno di questa valle è ancora possibile assaporare pasti tipici presso strutture del tutto particolari chiamate “Cuili”, preparate direttamente dai pastori della zona.
Scrisse Mauri nel 1974:
“Il pastore che all’indomani mattina ci fa da guida ha ventisei anni, da diciotto pascola pecore” Li porta in giro nel Supramonte, continua l’articolo “[…] Per noi è un’avventura, per lui è un lavoro, duro estenuante “La sfortuna di nascere qui”.”
Oggi naturalmente la zona è rimasta intatta, ma si è mossa a passo coi tempi, e sebbene il settore agropastorale sia ancora quello predominante, oramai la globalizzazione entra a far parte anche di questi luoghi con l’insediamento in zone come Cala Gonone di villaggi turistici e campeggi agglomeranti. Non è per forza un male la globalizzazione, l’importante è non snaturare le proprie tradizioni, e in questa zona della Sardegna si può dire che i nativi sono particolari, rurali, sardi e globali allo stesso tempo, perché, per fare affari oggi giorno, bisogna sapersi aggiornare.
Come detto il Supramonte discende verso il mare: dà vita a maestose e famose cale, come Cala Luna, Cala Goloritzè, Cala Sisine, spiagge e insenature vincono premi e onorificenze, da non far pensare che le Maldive sono per forza il luogo più bello per antonomasia.
“Il Supramonte è immenso senza respiro”
Da queste cale, tutte poste perlopiù nel territorio di Baunei, partono i sentieri del “Selvaggio blu” un trekking di difficoltà elevata che prevede passaggi in corda, passaggi vertiginosi e zone in cui non puoi decidere di tornare indietro, devi solo andare avanti: non a caso viene considerato oggi giorno, uno dei trekking più belli e più difficili d’Italia e d’Europa. Solo professionisti, guide e escursionisti veramente esperti possono compiere questo lungo sentiero selvaggio senza perdersi: 46 chilometri su 3500 metri di dislivello in un panorama unico, ricco di insidie e della tipica fauna.
Nelle asperità del Supramonte vivono mufloni, daini, cinghiali e nidificano grandi rapaci come l’aquila reale, il corvo imperiale e il falco pellegrino. Il falco della Regina nidifica nelle falesie vicino a Capo di Monte Santo (oltre che dall’altra parte della Sardegna nelle asperità di Cala Fico nell’Isola di San Pietro). Nel 2008, per volere della Provincia di Nuoro, all’interno di un vasto programma di studi, è stato reinserito il Gipeto, splendido e mastodontico avvoltoio dall’apertura alare di circa 3m, caratteristica che lo rende il più grande in Europa. Il gipeto era scomparso da questi Monti negli anni ’70 perché considerato dagli allevatori “mangiatore di agnelli”. In realtà si tratta di un rapace che si nutre delle ossa delle carcasse: l’ultimo anello della originaria catena alimentare.
“Chiamano la Barbagia il cuore della Sardegna non solo perché è terra di foreste, acque, montagne e animali da sempre in libertà, ma perché ancora oggi vi abitano genti fiere. […] Il Supramonte è selvaggio, austero.”
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