Da un recente studio pubblicato su Science, apprendiamo che alcuni ricercatori riportano una prima evidenza che anche primati non umani come scimpanzé, bonobo e oranghi sarebbero in grado di interpretare le azioni altrui attribuendo stati mentali quali credenze, eventualmente false, sul mondo.
Per anni, in mancanza di evidenze contrarie, abbiamo pensato che la capacità di attribuire credenze false fosse un tratto caratteristico della nostra scimmia preferita, l’uomo. D’altra parte, tutti gli studi volti a indagare questa capacità nei primati non umani hanno riportato risultati poco incoraggianti.
Grazie all’uso di una misura largamente impiegata nello studio della cognizione infantile, i ricercatori sono stati in grado di invertire questa tendenza. La misura è lo sguardo anticipatorio, ovvero la serie di punti dove la scimmia posa lo sguardo prima che un certo evento accada. L’idea generale è che la mente dell’animale – come quella dell’uomo – sia costantemente attiva, generi predizioni e aspettative su come funziona il mondo e, in qualche caso, la psicologia altrui.
In un primo esperimento, alle scimmie sono stati mostrati filmati in cui un uomo travestito da King Kong inizialmente aggredisce un umano (attore). In un secondo momento, l’attore si arma con un bastone e King Kong si nasconde sotto uno dei due mucchi di fieno presenti nella scena.
In una condizione di falsa credenza, l’attore vede King Kong nascondersi, ma non appena l’attore lascia la scena, King Kong cambia nascondiglio e scappa. Quando l’attore esce nuovamente, la strumentazione registra lo sguardo anticipatorio della scimmia: anticiperà il movimento dell’attore verso il primo mucchio di fieno – movimento determinato da una falsa credenza – oppure no?
I risultati mostrano che una buona maggioranza delle scimmie studiate anticipano il comportamento dell’attore mosso dalla falsa credenza, cioè guardano dove guarderebbe di lì a poco l’attore ignaro dello spostamento di King Kong. Un secondo esperimento, condotto con la stessa logica, ha confermato questa conclusione.
Certo si tratta di una comprensione implicita, non ancora in grado di guidare l’azione della scimmia stessa, ma sufficiente a garantire alla scimmia di interpretare la realtà in termini “mentalistici”.
Il risultato si aggiunge ad una serie di evidenze sperimentali raccolte sugli infanti umani che sfidano a loro volta la classica visione per cui solamente in età prescolare il bambino possiede la capacità di attribuire agli altri false credenze sul mondo. Infatti, utilizzando misure implicite come la risposta di sorpresa del bambino, dedotta dal tempo di osservazione (un tempo lungo segnala la violazione di un’aspettativa posseduta dal bambino), gli psicologi hanno ormai stabilito con un certo consenso internazionale che già nella prima infanzia i bambini sono in grado di interpretare le azioni come motivate da credenze sul mondo che possono anche, eventualmente, rivelarsi false.
Lo studio pubblicato su Science è della massima rilevanza poiché rafforza l’idea che questa importante e complessa abilità di “lettura della mente” sia antica almeno quanto l’ultimo antenato comune che lega l’uomo alle altre scimmie.
Lo studio:
-Krupenye, C., Kano, F., Hirata, S., Call, J., & Tomasello, M. (2016). Great apes anticipate that other individuals will act according to false belief. Science, 354, 110-114.
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