Nella parte iniziale del classico Che cos’è la matematica?. Introduzione elementare ai suoi concetti e metodi [1941, io utilizzo la sesta impressione Boringhieri 1985, con Prefazione della didattica della matematica Emma Castelnuovo (1913-2014), figlia del matematico Guido Castelnuovo (1865-1952, noto soprattutto per i suoi importanti contributi nel campo della Geometria Algebrica, gli è intitolato l’Istituto Matematico dell’Università La Sapienza di Roma, dove io ho studiato e conseguito la laurea)], gli autori, i matematici Richard Courant (1888-1972, allievo e collaboratore dell’insigne matematico David Hilbert) e Herbert Robbins (1915-2001), scrivevano: «Come espressione della mente umana, la matematica riflette la volontà attiva, la ragione contemplativa e il desiderio di perfezione estetica. I suoi elementi fondamentali sono la logica e l’intuizione, l’analisi e la costruzione, la generalità e l’individualità. Tradizioni diverse potranno mettere in evidenza aspetti diversi, ma è soltanto la reazione di queste forze antitetiche e la lotta per la loro sintesi che costituiscono la vita, l’utilità e il valore supremo della scienza matematica. […] Fortunatamente, la mente creatrice dimentica le opinioni filosofiche dogmatiche ogni volta che esse ostacolerebbero le scoperte costruttive. Così per gli studiosi come per i profani, non è la filosofia ma l’esperienza attiva che sola può rispondere alla domanda: Che cos’è la matematica?» (pp. 27-32).
«Che cos’è la matematica? […] La matematica è fondamentalmente una attività dello spirito umano, che si interfaccia continuamente con problemi che all’uomo si presentano e che l’uomo si pone, che si sviluppa con una sua dinamica specifica e con procedure in cui la razionalità, e la logica in particolare, gioca un ruolo essenziale. […] Essendo la matematica un’attività, è solo l’esperienza attiva, il fare matematica, che ci può far capire davvero che cos’è la matematica».
La matematica non serve a nulla è il titolo di un libro il cui sottotitolo è Provocazioni e risposte per capire di più [Editrice Compositori 2010], scritto dai matematici Giorgio Bolondi e Bruno D’Amore (laureato anche in filosofia e in pedagogia). «Ma quali altre risposte si possono dare alla domanda a che cosa serve la matematica? Ne sono state date molte, naturalmente, talvolta complementari e talvolta contrastanti tra loro. C’è chi ha detto che è una scienza che si coltiva solo per l’onore dello spirito umano [si tratta del matematico Carl Gustav Jacobi (1804-1851)] e quindi poco ci interessa che serva a qualcosa; chi ha scritto che tutto sommato è solo quella parte della fisica in cui gli esperimenti costano poco [si tratta del matematico e fisico matematico Vladimir Igorevič Arnol’d (1937-2010)] (e la fisica, tutti sappiamo o crediamo di sapere che serve); chi ha parlato dell’irragionevole efficacia della matematica [si tratta del fisico teorico Eugene Paul Wigner (1902-1995), Premio Nobel per la Fisica nel 1963]: serve, eccome, ma non c’è nessun motivo ragionevole per cui debba essere così».
[I due passi riportati subito prima dell’immagine e subito dopo la stessa (nel secondo dei quali io ho aggiunto le parti in parentesi quadre) sono tratti, rispettivamente, dal primo capitolo del libro (pp. 9-10) e dalla Premessa (p. 8). Il contenuto del libro consiste nella presentazione con relativo commento, da parte degli autori, di numerose considerazioni (sulla matematica) di matematici, scienziati di vario genere, filosofi, letterati, ecc., nell’intento di operare una confutazione del titolo del libro…]
Nel libro Caro Papa, ti scrivo. Un matematico ateo a confronto con il papa teologo [edizione Mondadori 2011] l’autore, il matematico Piergiorgio Odifreddi – il quale, come racconta lui stesso nel primo capitolo, da bambino aveva deciso che da grande avrebbe fatto nientepopodimeno che… il papa! –, affronta la Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul Simbolo apostolico (1968), considerata l’opera più rappresentativa del pensiero teologico di Joseph Ratzinger (papa Benedetto XVI al tempo della pubblicazione del libro di Odifreddi, papa emerito Benedetto XVI al momento attuale, primo papa che utilizza un tale titolo dopo la sua rinuncia al ministero petrino avvenuta nel febbraio 2013). Nel quinto capitolo l’autore, dopo aver ricordato la particolare dimensione religiosa posseduta dalla matematica nell’ambito della scuola pitagorica, scrive: «Si rivela dunque non solo naturale, ma quasi obbligato, un confronto come il nostro, che ponga l’uno di fronte all’altro i punti di vista teologico e matematico. Infatti, sia il cristianesimo che la matematica si presentano come religioni, benché l’una confessionale e l’altra laica. Religioni che sono entrambe, allo stesso tempo, personalmente esperienziali e collettivamente sapienziali. E che ambiscono entrambe alla qualifica di katholika, “universale”, nel senso di rivolgersi a tutti gli uomini: di buona volontà in un caso, e di buona razionalità nell’altro» (p. 40). Nell’ultimo capitolo l’autore, volendo fornire una risposta alla questione se la matematica si scopra o si inventi, esamina, fra l’altro, la tesi succitata di Wigner (espressa in un celebre articolo del 1960 intitolato L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali) e l’intervento di papa Benedetto XVI al IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana (Verona, ottobre 2006), in cui questi ha affermato: «La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell’universo – che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico – suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Lógos creatore» (p. 187). Odifreddi, invece, osserva: «La matematica funziona perché sviluppa e raffina meccanismi che l’evoluzione biologica ha selezionato perché funzionavano. Inoltre, uno sguardo alla storia della matematica dimostra che in essa stessa è presente un processo evolutivo di sopravvivenza del più adatto, che sta alla base della nascita degli oggetti matematici. Solo quegli enti che superano la prova del tempo, mostrando di possedere un’autonoma individualità, vengono promossi da invenzioni strumentali a scoperte oggettive, e finiscono col diventare veri e propri oggetti matematici. In definitiva, la matematica può essere capita dall’uomo perché è un prodotto e un’astrazione del suo operare: in questo senso, la si inventa. E l’uomo può capire la matematica perché questo fa parte del suo modo di essere: in questo senso, la si scopre. […] Purtroppo per lei [papa Ratzinger], nella risposta non c’è nessun bisogno di invocare Dio in soccorso della matematica: come al solito, e per fortuna per me, basta e avanza la Natura» (p. 189).
«Che cosa c’è di ‘cristiano’ in una concezione neopositivista della scienza come sostanzialmente empirica con la matematica ridotta a una ‘compressione dati’ da realizzare tramite tecnicismi formali? Non dimentichiamo che in tutta la storia delle religioni la matematica è sempre stata ‘compagna di strada’ del divino»…! [Questa riflessione si trova nelle Conclusioni del Contastorie del libro La scienza di Francesco. Dal santo di Assisi al papa argentino, le radici medievali della scienza moderna, edizione Dedalo 2016 (p. 204), scritto da Luigi Borzacchini (laureato in fisica, docente di Storia e fondamenti della matematica nonché di Logica matematica), il quale manifesta la sua disapprovazione di certe tendenze a un comodo “armistizio” fra scienza e religione – in particolare, quella cattolica.]
Infine: il riconoscere la valenza applicativa, estetica, formativa, culturale, teologica della matematica, e in generale della scienza – pur con i loro limiti interni –, non comporta il reputarle l’unico strumento atto ad acquisire conoscenze valide inerenti alla realtà nella sua interezza.
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