Le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere una “Cronaca della Seconda Guerra Mondiale”, oltre quarant’anni dopo l’opera con titolo analogo di Hillgruber e Hümmelchen, sono facilmente comprensibili.
Quell’opera, come manuale di pratica e rapida consultazione degli eventi di quei terribili sei anni era sempre, a mio avviso, un punto di riferimento valido per studiosi e appassionati, pur essendo stata scritta negli anni Sessanta.
Tuttavia, una radicale riscrittura appariva opportuna: determinati teatri e scacchieri, come quello mediterraneo e soprattutto del Pacifico, non erano stati oggetto della stessa attenzione riservata, ad esempio, al fronte orientale. Alcuni avvenimenti erano descritti con una cura dei dettagli che mancava totalmente in altri, ben più importanti sia per l’entità delle forze impegnate che per le conseguenze strategiche o tattiche.
La guerra marittima era stata trattata per sommi capi, tanto da essere oggetto di un successivo volume a parte, dedicato però esclusivamente ad essa e mai pubblicato in lingua italiana. A questo proposito ringrazio il Prof. Rohwer (autore di quest’ultimo volume) e Thomas Weis, curatore del Marinearchiv della Biblioteca Storica di Stoccarda, per avermi chiarito, in una cortese conversazione e in un intenso scambio di e-mail, alcuni aspetti ad esso inerenti.
Certi particolari decisivi nella dinamica e nell’esito di determinati eventi bellici, come ad esempio il ruolo svolto dall’organizzazione britannica Ultra di Bletchley Park, erano allora, con gli archivi governativi non ancora aperti alla consultazione, totalmente ignoti. L’apertura ai ricercatori occidentali degli archivi dell’Armata Rossa e del Ministero della Difesa ex-sovietico, come conseguenza della (troppo breve) stagione della glasnost gorbacioviana, non era ancora avvenuta.
L’ottica inevitabilmente “tedesca” e l’oggettiva immensità dello sforzo di ricerca e ricostruzione storica, da condensare in un’opera di taglio cronachistico, portava a sottolineare o privilegiare alcuni avvenimenti a scapito di altri, ugualmente se non più importanti.
Le considerazioni di cui sopra mi hanno portato, col tempo, a concepire un lavoro di respiro molto più ampio.
La “Cronaca” di Hillgruber e Hümmelchen è stata quindi l’ispirazione iniziale e una fonte di base per l’impostazione del lavoro per il settore terrestre europeo, ma ho utilizzato una nutrita bibliografia, citata in appendice, oltre al contributo di alcuni dei maggiori esperti e storici militari, nonché a qualche ricerca personale, per offrire una trattazione dei vari fronti e dei vari aspetti del conflitto (terrestre, navale, aereo e “politico”) ad un livello che fosse il più possibile omogeneo e aggiornato.
Ho cercato di mantenere uno stile il più sintetico e asciutto possibile. Ringrazio Mario Calaresu, traduttore dal tedesco di numerosi volumi di storia militare, per la cortesia riservatami in un’esauriente telefonata di chiarimenti.
Ho inserito in coda al volume tre corpose appendici, senza cambiarne la natura di agile strumento di studio, richiamo e verifica.
Anzitutto una serie di note, raggruppate per anno di guerra, allo scopo di aiutare l’appassionato, o semplicemente l’intellettualmente curioso, ad inquadrare meglio gli avvenimenti e soprattutto alcuni tra i personaggi citati, nell’ottica del “da dove venivano”, che cosa li ha portati ad essere protagonisti di quegli accadimenti e, soprattutto, “com’è andata a finire, dopo”. Dato che, per determinati protagonisti, nella “CRONACA” sono riportati gli episodi salienti e la fine che hanno fatto, e per altri no, ho ritenuto utile “rendere giustizia” almeno ad alcuni fra i più significativi, o all’opposto fare luce su alcuni di quelli meno tradizionalmente noti al grande pubblico.
La seconda appendice riporta schemi e dati statistici, in parte già diffusi, in parte finora patrimonio limitato a pochi, che ritengo indispensabili per comprendere il tremendo sforzo militare, economico, industriale e umano delle nazioni e dei popoli coinvolti. Si pensi solo all’incredibile massa di aiuti militari in conto legge “Affitti e prestiti” che gli americani riversarono a beneficio dei loro alleati.
In tutto questo mi si perdonerà se, in questi allegati, ho focalizzato con maggior cura, in quanto italiano, aspetti e dettagli inerenti alla realtà italiana.
Nelle note in appendice relative alle perdite umane ho tentato di dar conto delle deliberate uccisioni di massa di civili, per motivi di razza, di rappresaglia o disumano disprezzo della vita. Trattando la “CRONACA” degli avvenimenti prettamente militari, pur avendo citato alcuni fra gli episodi più tragicamente noti (da Babi Yar a Marzabotto), è rimasto in gran parte fuori, in questo mio lavoro, l’enorme numero di esecuzioni di massa avvenute sul fronte Russo, nei Balcani e in Estremo Oriente.
Il riportare, ammesso che sia possibile ricostruirlo con esattezza, lo stillicidio di massacri avvenuti lontano dal campo di battaglia, meriterebbe da sé un volume a parte. Con le note a cui accennavo, ho voluto almeno a livello di consuntivo o di commento dar conto di questi avvenimenti, non direttamente connessi con gli scontri bellici, ma ad essi ascrivibili come causa prima scatenante.
La terza appendice è l’indice dei nomi, per il quale ho effettuato due scelte secondo me utili nel quadro di questo libro: anzitutto li ho raggruppati per nazione, per facilitare la consultazione o la verifica secondo l’area di interesse di ciascun potenziale lettore; poi, anziché indicare la pagina, dove ci si può perdere a cercare fra tanti nomi e gradi militari, ho preferito dare per ciascun nome il riferimento delle date/paragrafi della “CRONACA” in cui è citato, offrendo una possibilità di ricerca assai più rapida.
Ovviamente il lavoro fatto non potrà certo esaurire possibili interventi futuri, ancorché coerenti con gli scopi e la natura della “CRONACA”. Come è immaginabile, ho dovuto effettuare delle scelte su che cosa fosse meritevole di essere inserito, e che cosa no. Per fare un esempio, le perdite di naviglio militare sono riportate sistematicamente dal livello di incrociatore leggero in su, citando gli affondamenti delle unità minori solo se coinvolte in avvenimenti e scontri di respiro più ampio. Similmente, le perdite di naviglio mercantile riportate nei consuntivi mensili degli affondamenti dovuti a sommergibili sono, seguendo una convenzione abbastanza diffusa, limitate alle navi dalle 500 tonnellate di stazza lorda in su. Per i totali più onnicomprensivi si rimanda alle appendici. Ho seguito, nell’attribuzione dei gradi ai comandanti di unità navali non italiane, una prassi abbastanza comune nella storiografia militare, per quanto non priva di rischi: l’assegnare il grado equivalente (o il più equivalente possibile) a quello corrispondente nella gerarchia italiana.
Per quanto concerne le operazioni aeree, soprattutto dal momento dell’espansione del conflitto su tutto il globo, con spesso più missioni nella stessa giornata, ho riportato quasi esclusivamente le principali
operazioni strategiche contro Germania e Giappone, o le più significative dal punto di vista tattico. Le discrepanze dovute all’incompletezza, alle inesattezze nelle date dei rapporti sulle missioni aeree (data di inizio o fine della missione, o data di redazione del rapporto? In caso di missioni strategiche era normale iniziare la sera precedente e terminare la mattina successiva); la perdita dei rapporti stessi, l’obiettivo prestabilito rispetto a quello poi effettivamente colpito e percepito quindi come tale da chi era a terra, soprattutto quando erano previsti obiettivi multipli in sequenze poi raramente rispettate, hanno comportato verifiche non facili e non certe al 100%.
Numerosi episodi “minori” sono stati inseriti per il loro valore simbolico, psicologico, politico o tecnologico.
Chiedo venia per un elemento filologico che non ho potuto studiare col rigore che avrei desiderato: la grafia dei nomi o dei toponimi stranieri, in particolare slavi, cinesi e giapponesi, può talvolta risultare non omogenea e univoca nella scelta della traslitterazione occidentale. Il cambio della geografia politica avvenuto nel dopoguerra e più di recente con la dissoluzione dell’URSS, con la relativa toponomastica (una stessa località può avere avuto nel tempo nomi tedeschi, polacchi, baltici, russi e ucraini) ha implicato altre scelte, o l’opzione di citare sia il nome di allora che quello attuale.
Devo ringraziare il Prof. Lucio Ceva e il Com.te Erminio Bagnasco per gli utili suggerimenti e stimoli che hanno voluto darmi dopo l’esame delle prime bozze di questo libro. Il Prof. Brian R. Sullivan mi ha usato la cortesia di dedicarmi una serata per chiarirmi alcuni dettagli sull’attività di intelligence durante il conflitto, in particolare dell’intelligence italiana, di cui è uno dei massimi studiosi ed esperti, mentre David M. Glantz dal canto suo è stato disponibile a discutere anche dettagli apparentemente trascurabili. Un grazie anche al Prof. László Borhi, Chair Professor of Hungarian Studies presso la Indiana University di Bloomington, a Thomas Powers (autore tra l’altro della “Storia Segreta dell’Atomica Tedesca”), al Dr. Yasuho Izawa per l’aiuto sulle operazioni aeree sui cieli del Giappone, a Mimmo Franzinelli e alla Prof. Flavia Paoli, traduttrice dal tedesco dei “Verbali di Hitler”.
Un ringraziamento particolare va poi all’Ing. Mario Bianchetti, che ha svolto un lavoro iniziale di editing che non sarei stato assolutamente in grado di fare da solo, oltre a qualche importante suggerimento per elevare il livello del libro. Ugualmente un grazie a Ryuta Okano per la consulenza sulla lingua giapponese, a Noora Ristolainen per il finlandese e a Judit per la consulenza sulla grafia dei nomi ungheresi. L’ultima citazione non può che essere per Luca Poggiali di “Storia e Battaglie”, senza il cui supporto fondamentale questo volume non avrebbe visto la luce.
Devo infine aggiungere che ho contattato sia la casa editrice italiana subentrata a Baldini & Castoldi, sia la casa editrice tedesca Bernard & Graefe Verlag di Bonn, sia il Prof. Christian Hillgruber dell’Università di Colonia, figlio di Andreas Hillgruber, per mettermi a disposizione per discutere di qualsiasi aspetto su eventuali diritti d’autore delle parti utilizzate nel mio lavoro, avendo in risposta un cortese ed assoluto “via libera” o, nell’ultimo caso, senza avere riscontro.
La mia immodesta ambizione per questo libro è che, anche trattando un tema studiato in lungo e in largo come il secondo conflitto mondiale, qualcuno, anche fra gli “esperti”, possa trovarvi qua e là qualche spunto inedito o sorprendente.
Monza, 2013
Alessandro Giorgi
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