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La prima volta che ho letto Il signore degli anelli avevo diciassette anni ed è stato per via di una scommessa lanciatami da mio padre, il quale era scettico del fatto che avrei potuto leggerlo in meno di un mese. Non solo vinsi la scommessa con ampio anticipo, ma scoprii almeno un mondo: quello di una parte del Legendarium di John Ronald Reuel Tolkien, di cui il Signore degli anelli è senz’altro una parte importante. Ma in realtà la scoperta, forse più importante, è stato del mondo che conosce Tolkien in molte delle varie sfaccettature della sua vasta produzione. Da quel momento, infatti, iniziai a discutere con diversi miei amici delle interpretazioni dell’opera di Tolkien e dei vari risvolti della sua produzione. Certo, si trattava di analisi parziali, incomplete e frutto soltanto della passione di alcuni amici. Ma questo è il punto: un “classico” è proprio un testo che diventa un luogo comune e che consente, così, di intrattenere argute discussioni ad ogni livello di competenza.
Il testo Tolkien e i classici prende sul serio almeno alcune di queste intuizioni: (1) l’opera di Tolkien, concepita nel suo complesso, va considerata un classico della nostra cultura europea occidentale; (2) se è vero (1) allora l’opera di Tolkien può essere paragonata o fatta dialogare con altre opere classiche della nostra narrativa (e non solo, si veda, per esempio, il capitolo in cui Claudio Testi considera le svariate relazioni tra l’opera di Tolkien e l’opera di Tommaso D’Aquino); infine, (3) se è vero (1) e (2), allora il dialogo tra l’opera di Tolkien e quella di altri classici (da Omero, Virgilio, Chrétien de Troyes, Dante, fino a Manzoni, Conrad e Guareschi) non si imposta su un piano di sudditanza ma di piena parità. Sicché se ne conclude che se i punti sopra sono rispettati, allora l’opera di Tolkien è pienamente considerabile a sua volta un caso paradigmatico di classico della narrativa.
Si potrebbe obiettare che, data l’assunzione al punto (1), l’argomento sia circolare. Ma in realtà è l’assunzione che consente l’operazione di Tolkien e i classici: assumendo Tolkien come classico, si riesce a porlo direttamente in paragone e in dialogo con altri classici e, così, si mostra come l’assunzione, al principio potenzialmente non priva di sue proprie controversie, sia in realtà ben fondata: di fronte al fatto che sia sul piano della storia degli effetti, sia sul piano della coerenza interna che della capacità del Legendarium di risultare, appunto, accostabile alle maggiori opere letterarie, anche i dubbiosi dovranno rivedere le loro opinioni.
Tolkien e i classici è un lavoro collettaneo di diversi studiosi ed è curato da alcuni dei massimi esperti italiani dell’opera di John Ronald Reuel Tolkien. Il lavoro è diviso in tre parti: classici antichi (di sette capitoli), classici medioevali (di sette capitoli) e classici moderni (di undici capitoli). In generale, per quanto ogni capitolo sia indipendente dagli altri e possa essere oggetto di una lettura specifica e separata, la metodologia degli autori è sostanzialmente omogenea: più che considerare l’intera opera di Tolkien e paragonarla a quella di altri grandi narratori o poeti, ci si dedica all’analisi di alcune parti specifiche delle varie opere, in modo che si illuminino i nessi tra il Legendarium di Tolkien e gli altri classici. Questa operazione comparativa riesce a mostrare prima di tutto la ricchezza tematico-contenutistica dell’opera di Tolkien, in secondo luogo consente di osservare la fitta rete di rimandi e connessioni tra il Legendarium e le altre opere prese a confronto.
Queste considerazioni valgono soprattutto per le prime due parti (classici antichi e classici medioevali), in cui si mostrano i debiti letterari di Tolkien, ma anche la relativa evidente autonomia della sua opera. Per l’ultima parte (classici moderni), invece, vale un discorso parzialmente diverso laddove si considerano autori che, probabilmente, non conoscevano Tolkien e viceversa (ad esempio, Guareschi). Se nelle prime due parti l’operazione è soprattutto genealogico-comparativa tra autori che Tolkien doveva conoscere bene (anche quando non li avesse apprezzati del tutto, come nel caso di William Shakespeare) e a cui doveva alcuni temi, spunti o idee profonde; nell’ultima parte, invece, i capitoli costruiscono una serie di accostamenti e paralleli critici. Senza avere alcuna pretesa, sarebbe stato interessante anche paragonare l’opera di Tolkien a quella di Asimov, laddove anche Asimov crea un sub-creato estremamente compatto e coerente, pur con tutte le differenze del caso. Ma forse tale comparazione sarà di là da venire!
In Tolkien e i classici la figura dell’autore è messa sullo sfondo, rispetto alla sua stessa opera. Questo consente di concentrare gli sforzi sull’analisi comparata. Naturalmente, gli autori talvolta fanno riferimento a considerazioni di carattere biografico, al periodo storico in cui visse Tolkien o, soprattutto, a elementi interpretativi importanti ricavabili dall’epistolario tolkeniano. Ma rimane il fatto che l’opera di Tolkien, e non Tolkien stesso, sia l’oggetto di studio dell’insieme dei saggi. Questo consente al lettore di immergersi pienamente nelle analisi dei vari autori senza disperdere l’attenzione e, soprattutto, senza sviarlo attraverso i soliti irritanti e fuorvianti cliché fondati sulla biografia di un autore. Un rischio, questo, sempre possibile in simili operazioni.
In fine, è lecito dire che per quanto si tratti di una collettanea di diversi autori, risulta una lettura estremamente godibile, piacevole e scorrevole. Sia detto chiaramente che, probabilmente, questa è la maggiore virtù di questo lavoro perché, purtroppo, le critiche letterarie tendono patologicamente a terminare in una sorta di elucubrazione a uso e consumo di chi le scrive, autoincensandosi, così, a sovrana autorità di un testo non suo. Ma proprio per la pluralità degli sguardi, per la pluralità delle opere considerate e per la pluralità delle interpretazioni fornite (anche quando omogenee nello spirito), questo rischio è stato scongiurato. Se il dialogo tra Tolkien e gli altri grandi autori è proficuo, così sarà per lettore che leggerà con attenzione e interesse e spirito critico i vari saggi de Tolkien e i classici: sicché l’elemento dialettico, dialogico e dinamico si conserva sia internamente che esternamente, consentendo un arricchimento anche per il lettore non esperto, collocato, così, nella condizione ideale per potersi formare una sua idea.
Quindi vorrei concludere riallacciandomi al principio di questa breve recensione. La prima volta che ho letto il Signore degli anelli era per una scommessa. Ma la vera vittoria è stata avere avuto la possibilità di parlare con le persone più diverse di un’opera che unisce le persone che l’hanno scoperta. E non sono molte le opere capaci di consentire simili unioni, paragoni e parallelismi, opere che consentono analisi come Tolkien e i classici. Se la conversazione razionale è uno dei fari della nostra civiltà, questo volume conserva perfettamente lo spirito presente in Tolkien e nei suoi lettori.
Roberto Arduini, Cecilia Barella, Giampaolo Canzonieri, Claudio Antonio Testi (a cura di…)
Tolkien e i classici
Effatà Editrice.
Pagine: 224.
Euro: 15,00.
Si segnala che il lavoro è disponibile sia in Ebook che in cartaceo, ma la versione cartacea dispone di qualche saggio in meno… ma tutti sappiamo quanto ci piaccia l’odore della carta!
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