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Intuizionismo razionalista

intuizionismo razionalista
Joachim von Sandrart, Public domain, via Wikimedia Commons

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  1. Le nozioni morali sono termini semplici
  2. Il riconoscimento della virtù è anteriore a qualunque legge
  3. L’obbligo di rispettare le regole morali nasce dalla ragione
  4. Le virtù morali sono di diversi generi. Ci sono:
    1. Virtù morali verso sé
    2. Virtù morali verso gli altri
    3. Virtù morali verso Dio
  5. Le qualità morali sono di diversi generi. Sono:
    1. Grazia
    2. Giustizia
    3. Veracità
    4. Gratitudine
  6. In caso di conflitto di norme morali si deve procedere nella disamina del singolo caso

L’intuizionismo razionalista nacque in risposta alle tesi volontariste secondo cui la morale non sia anteriore alle leggi ma successiva. In poche parole, l’etica si fonda e si sostanzia sull’ordinamento giuridico vigente che richiede, come unica base, una volontà legislatrice che sia anche in grado di far rispettare le leggi che essa stessa pone. D’altra parte, le obiezioni forti al volontarismo sono due ed entrambe piuttosto incisive: se gli attributi morali (bene, giustizia etc.) sono definiti posteriormente alla legge e se la legge distingue ciò che è bene da ciò che è male, allora le leggi non sono né buone né cattive e così pure la volontà che le determina. La seconda è che non si può pensare ad un ordinamento più giusto essendo l’ordinamento stesso definito dalla legge.

Per comprendere la posizione dell’intuizionismo razionalista si può iniziare prendendo il problema della conoscenza morale: essa si fonda su un’intuizione della ragione che è in grado di riconoscere le vere virtù. Non c’è alcune fondazione sentimentale, alla base della conoscenza della virtù, ma ci si affida unicamente alla capacità di raziocinio che è propria di tutti gli esseri umani.

Il linguaggio morale si basa su alcuni termini semplici, non ulteriormente definibili e non riducibili a proprietà fisiche né singolarmente né in aggregati (come propone il realismo naturalista). “Bene”, “giustizia” etc., sono termini che assumono un significato univoco perché non ulteriormente analizzabili ma immediatamente riconosciute come significanti dalla ragione. Non esistono fatti morali, in questo senso, ma l’eticità si fonda sulla conoscenza razionale delle virtù.

Le virtù sono definite in relazione a dei soggetti morali riconosciuti: sé, gli altri, Dio. Le qualità morali che definiscono le azioni e le qualificano moralmente sono: la giustizia, la veracità, la grazia e la gratitudine. Queste quattro proprietà morali fondamentali sono irriducibili tra loro e non riscrivibili in un linguaggio non morale, come s’è detto. Più che giustificate, sono autoevidenti ad ogni soggetto che sia razionale.

Ma perché mai un soggetto morale dovrebbe indirizzarsi verso le virtù e non seguire le proprie inclinazioni passionali irrazionali? Una prima risposta potrebbe venire da una presunzione consequenziali sta secondo cui la violazione delle norme morali e della non-adozione delle virtù essenziali conduce ad una vita peggiore. Un argomento più forte è, invece, fondato proprio sul riconoscimento di “veracità” del discorso morale: l’intuizione razionale riconosce le qualità morali come effettive, di conseguenza, le azioni che si uniformano alle virtù saranno riconosciute come “buone”. La motivazione diventa conseguenza dell’assunzione, basata sull’intuizione, di sensatezza del discorso morale: una volta intuita la verità, non potrò che agire di conseguenza.

Dalla definizione astratta delle virtù e delle proprietà etiche fondamentali ne discende una potenziale conflittualità delle norme stesse che è, quasi sempre, un problema delle teorie normative morali (e non solo) che fondano sé sull’assunzione di imperativi etici. Queste contraddizioni normative, per così dire, scaturiscono da sole in contesti reali o ideali ma concreti. La posizione di Price, filosofo moderno e grande sostenitore dell’intuizionismo razionalista pensato contro avversari volontaristi, sostiene l’idea di un pragmatismo di fondo là dove si diano casi conflittuali di norme. Tuttavia, rimane aperta la domanda: se nel caso specifico si pongono problemi, allora l’applicazione di nuove norme o la considerazione di un ordine gerarchico delle intuizioni, dovrebbe automaticamente porre una revisione del sistema normativo in generale. Ciò, infatti, è conseguenza dell’idea che un singolo caso assurga ad esempio universale, valido per tutti i casi singoli: risolvere il problema dicendo che bisogna porsi nel contesto etc., senza poi proporre revisioni generali risulta una soluzione poco efficace ma, forse, l’unica per sistemi simili a quelli di Price e di altri.

Il problema dell’intuizionismo razionalista è, come risulta quasi evidente, il suo arbitrarismo nella definizione delle virtù, assunte ma non giustificate, e il rischio intrinseco di dogmatismo: se l’intuizionismo fonda sulla facoltà intellettuale le virtù e fa a meno di richiamarsi, come il volontarismo, ad un’autorità superiore ed indiscutibile, però ricade all’interno di un discorso chiuso e definitivo. Una differenza importante tra volontarismo e intuizionismo è che l’individuo è motivato all’azione proprio dal fatto che, se è razionale, riconosce da sé la validità delle virtù morali e, senza ulteriore necessità di costrizione da parte di una forza esterna, agirà di conseguenza. Dunque, la discussione viene spostata da un’autorità esterna ad una interna. Tuttavia, questo spostamento non elimina il senso di arbitrarismo intrinseco dell’intuizionismo: la critica classica è proprio quella del conseguente senso di dogmatismo cioè di non essere in grado di fornire validi argomenti sull’assunzione delle virtù fondamentali rispetto ad altre. Il volontarismo, e il realismo (di ogni genere), rivendica l’idea che l’individuo, di base, segua l’inclinazione egoistica a fare ciò che gli è più utile e solo a seguito di un ordinamento arbitrario superiore si indirizzi verso l’accettazione degli interessi altrui e, dunque, sia possibile una pace generale: le contese verranno risolte dall’autorità secondo la sua stessa legge. Da questo punto di vista, l’intuizionismo deve rispondere del comportamento irrazionale dei soggetti morali ma, soprattutto, di quello razionale di soggetti morali che fondano le loro scelte su basi diverse da quelle virtù “intuite razionalmente”. L’intuizionismo razionalista fu proposto da Price, filosofo moderno e grande critico del volontarismo di Hobbes e Pufendorf.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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