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Consigliamo Il castello di Franz Kafka
Il racconto La metamorfosi (1912) è probabilmente tra le opere più importanti del XX secolo, per quanto riguarda la letteratura mondiale. Si tratta di un racconto di un certo respiro, per quanto la sua estensione rimanga, comunque, piuttosto contenuta. La metamorfosi è senza dubbio l’opera più nota di Franz Kafka ed è anche tra quelle poche edite in vita, motivo per il quale il racconto assume una importanza peculiare, anche per via del suo stato rifinito. Inoltre, si tratta indubbiamente del racconto che ha dato vita ad una letteratura sconfinata anche se, per alcuni aspetti, non si può dire l’opera più rappresentativa di Kafka. Probabilmente è tra i risultati migliori della sua prosa, forse anche il migliore (ammesso che abbia senso doverne sempre e comunque trovare uno) ma non può essere considerato il più rappresentativo.
Infatti, esso è sostanzialmente concepito come un racconto di fantascienza, ovvero quei racconti di fantasia al cui avvio potrebbe stare la domanda ipotetica: come sarebbe il mondo se questo dettaglio fosse diverso? Nel caso de La metamorfosi la domanda potrebbe essere: come sarebbe il mondo se diventassi di punto in bianco un insetto? E la risposta di Kafka è la seguente: sarebbe diverso, ma non molto. E la differenza tra questo e quel mondo si gioca sulle inezie, non sulla struttura e sulla logica di costruzione di senso e significato del mondo. A parte questo fatto, per così dire strutturale, La metamorfosi è un racconto dallo stile misurato, controllato e privo delle tipiche digressioni oniriche che rendono allucinante non l’oggetto ma la forma della prosa di Kafka (si pensi a Il castello, che è quasi interamente costruito su lunghe digressioni allucinanti, o si pensi al racconto La descrizione di una battaglia). Si diceva, dunque, che La metamorfosi è un lavoro relativamente atipico nel panorama di Kafka. E infatti, oltre al suddetto controllo, sussiste anche un’altra differenza con altri lavori: esso è compiuto ed è pensato per la lettura e non per la declamazione orale. Infatti, Kafka era solito leggere i suoi lavori ai suoi amici, sicché essi assumono una forma più adatta alla lettura orale, piuttosto che alla lettura silenziosa, tipica del modo di leggere moderno.
La trama de La metamorfosi è piuttosto semplice. Gregorio Samsa (che si dice essere l’alter Ego di Franz Kafka), commesso viaggiatore, si sveglia un giorno e scopre di essere un insetto. La descrizione dello scarafaggio è piuttosto di dettaglio e sembra ricalcare la forma della blatta (ha molte zampe, è capace di appiattirsi, ha mandibole prominenti etc.): si tratta, in ogni caso, di un essere ripugnante. Non c’è alcuna spiegazione per cui Gregorio Samsa si trasformi in insetto ma, soprattutto, nessuno sembra chiedersi il motivo. Anzi, la caratteristica principale del racconto è proprio che nessuno è realmente stupito, anche quando sia indignato o prostrato dalla condizione che si è venuta a creare in casa. Samsa, infatti, è un giovane che vive con i genitori e una sorella. La famiglia si sostentava grazie al lavoro di Gregorio, la cui prima preoccupazione nella nuova veste di insetto, è proprio quella del sostentamento della famiglia. Dopo essere stato ingiustamente accusato di non voler andare a lavoro per pigrizia, come se fosse mai avvenuto, dopo essere stato individuato come cosa immonda e impossibile a curare, egli accetta di essere rinchiuso in camera sua, dove accederà soltanto la sorella, per portare da mangiare e per pulire dall’intrinseco sudiciume prodotto dall’immonda creatura. Ed è così che Samsa diventa un estraneo.
La sensazione di sentirsi estraneo in casa è forse quella dominante all’interno dell’intero racconto. Samsa diventa un estraneo al mondo, un estraneo che, però, non è escluso dal mondo. Semplicemente, è considerato la parte immonda della realtà. Viene accusato dal principale di essere un inetto e pigro. Viene accusato dai genitori di ogni disgrazia familiare. La madre lo respinge, la sorella finisce per detestarlo perché la sua presenza castra la sua possibilità di vivere e crescere in modo sano e positivo. Il padre, poi, rozzo e violento, lo odia per definizione e sin da subito sembra accettarne la natura di insetto perché, anche quando uomo, il suo disprezzo per il figlio era almeno pari alla sua totale inutilità. Quando la famiglia affitta una camera a tre inquilini, questi scoprono Gregorio e lo utilizzano come scusa per poter non pagare l’affitto e poter lasciare la casa senza spese. In sostanza, dunque, non bisogna pensare che Gregorio fosse un estraneo nel senso in cui lo è un normale essere umano quando non conosce nessuno. Egli è l’estraneo come lo è la spina nel corpo di un uomo: essa fa parte di un ordine di cose diverso, è costituita da una materia distinta. Un ordine di cose diverso e quindi immondo, una materia distinta e quindi assimilabile allo sterco. Sicché Gregorio è l’essere immondo per definizione, colui dal quale non ci si può liberare, ma neppure convertire, sopportare o tanto meno accettare. La spazzatura non può essere pulita, può al massimo essere riciclata. La verità, dunque, è che egli è il terzo escluso di cui si è costretti a non fare a meno.
Una volta che la famiglia accetta la condizione di Gregorio, Gregorio compreso, si forma velocemente una nuova quotidianità: la sorella pulisce la stanza di Gregorio (mai nominato come “l’insetto”) e porta da mangiare al fratello; la madre e il padre predispongono i pasti come se tutto fosse normale. Soltanto quando raramente Gregorio si muove facendo rumore essi si zittiscono inquieti. Ma è una situazione straordinaria che determina l’avvenimento drammatico.
La sorella scopre che Gregorio incomincia a salire sulle pareti e decide di liberargli la stanza dai mobili ormai inutili. Sebbene lei è l’unica ad entrare nella stanza in condizioni normali, in questo caso si fa aiutare dalla madre. Ma costei, alla vista di Gregorio, sviene. Gregorio allora fugge dalla stanza e nel frattempo arriva il padre. Di natura impulsivo, rozzo, incomprensivo e violento, cerca di ricacciare Gregorio nella stanza. Quando fallisce con i suoi arti, prende una cesta di mele ed inizia a lanciarle contro Gregorio. Prima che Samsa ritorni nella sua stanza, una mela gli si conficca nella carne e nessuno gliela toglierà più.
Dopo questo terribile avvenimento, la condizione di Gregorio finisce per peggiorare molto rapidamente. Non solo si sente sempre più debole, ma non ha più alcun appetito. I familiari accettano tutti di trovarsi un lavoro per mantenere il tenore di vita e non sprofondare nella miseria. Fino a quando Gregorio lavorava, essi potevano anche fare a meno di lavorare. Inoltre, Gregorio in casa stava raramente, in quanto commesso viaggiatore, sicché tutti gli utili fluivano dalle sue tasche a quelle dei familiari. L’unico pensiero di Gregorio, che non fosse quello di continuare un lavoro faticoso, solitario e privo di soddisfazione, era quello di finanziare gli studi di violino alla sorella. Pensiero che gli rimarrà anche quando si tramuterà in insetto. Dopo la metamorfosi si era reso necessario trovare un guadagno. Sicché, il paradosso finale, è che la condizione di Gregorio opprimeva la vita sentimentale della famiglia, ma gli aveva anche donato una sua peculiare vitalità: essi finalmente, costretti dalle circostanze, si riattivano per continuare a vivere.
Gregorio diventa sempre più debole e sempre più magro. Perde peso e perde anche ogni speranza nel potersi riavvicinare alla famiglia. Un giorno la sorella suona il violino, per allietare gli inquilini, in tutto e per tutto delle presenze ossessive e giudicanti, capaci di sfruttare ogni forma di umanità della famiglia Samsa. Gregorio ne viene ossessivamente attirato e, per ciò, si fa scoprire. Gli inquilini non ne sono particolarmente inorriditi, perché non è niente di così strano, se non nel senso che è chiaramente un errore e, conseguentemente, il giudizio di costoro sarà felicemente negativo. Gregorio compie i suoi ultimi sforzi per ritornare nella stanza, quando potrà morire da solo. Il giorno dopo la nuova domestica semplicemente lo butterà nella spazzatura. E la famiglia Samsa, finalmente, ritornerà alla vita.
La metamorfosi è un racconto di grande intensità, lucidità e profondità. Esso si incentra sulla vita di un uomo qualunque che diventa un insetto. Non c’è nessuna ragione per cui egli si trasformi in un essere immondo. Semplicemente egli è sempre stato un essere immondo. La realtà sociale impone una continua sensazione di estraneità e giudizio negativo. Si è sempre colpevoli e tutti vogliono che l’individuo paghi tutto quello che può pagare, soprattutto quello che non gli spetta. A Gregorio non spettava di dover salvare tutta la famiglia, che infatti si poteva benissimo tirare d’impaccio da sola, ma è lui, di fatto, a sostenere il suo nucleo familiare. A Gregorio non saltava neanche per il capo di evitare il lavoro, ma quando manca dal suo posto anche solo per poche ore, ecco che il suo capo immediatamente si precipita a ricordare a Gregorio i suoi doveri. A Gregorio non spettava di aiutare negli studi la sorella, ma di fatto è l’unica vera e propria speranza che sembra guidarlo nella vita. Paradossalmente, l’intera vita di Gregorio è sempre stata incentrata sul miserabile tentativo di aiutare la sua famiglia e compiacere il suo datore di lavoro, miserabile tentativo proprio perché più i suoi sforzi erano grandi e più il suo fallimento era netto. La famiglia e gli obblighi sociali aumentano proprio nel momento in cui si accettano. Una volta che un quadrato della rete ti avvinghia, tu lotti con l’intera trama e non più con una sola parte della rete. E il risultato è la privazione progressiva della sensazione di avere uno scopo personale, un valore individuale e, alla fine, una dignità. La dimensione di Gregorio come insetto è semplicemente la dimensione dell’uomo senza dignità. Il paradosso è che tale situazione si determina nel momento in cui Gregorio sembra un Cristo senza onnipotenza: egli si prende carico del mondo, ma non può fare niente per salvarlo e, quindi, il mondo non glielo perdona. Proprio perché Gregorio accetta il ruolo del Cristo impotente e incapace di redimere attraverso se stesso, ecco che il mondo ben volentieri accetta di fargliela pagare doppiamente: primo perché non è onnipotente, secondo proprio perché pur non essendolo prova a farsi carico del male degli altri. Perché la prima legge della disperazione è quella che se accetti di prenderti carico del male degli altri, gli altri saranno felicissimi di dartelo.
L’assenza di pietà, la semplicità nella logica, la costruzione di un giudizio di senso basato sull’annullamento conducono Gregorio alla progressiva morte per deperimento. Egli è consunto prima di tutto nel fisico e poi nella mente. La fame e la ferita aperta dalla mela lo condannano alla morte, momento finale in cui Gregorio comprende che la sua morte è l’unica soluzione accettabile non per lui ma per la famiglia e la società. La sorella esplicitamente sostiene che bisogna scacciarlo perché la sua presenza impone una condizione di assenza di decoro per tutti. Gli inquilini lo giudicano come un essere immondo quanto inutile, strumento per un ricatto economico che ha il gusto della rivincita sul debole da parte di un altro debole. La storia de La metamorfosi è un racconto del debole che la fa pagare ad un altro debole mediante strumenti psicologici e non fisici, cioè tipicamente gli strumenti di chi non ha la forza dalla sua parte e, quindi, non ne può usufruire.
La visione di Gregorio è sempre quella di un essere umano, non quella di un insetto. Anche se non parla, Gregorio è in grado di capire perfettamente tutto, anche se diviene sempre più stanco. Come se questa comprensione non sia liberatoria, non dischiuda il senso del mondo ma, al contrario, ne dischiuda l’assurdità. Il mondo in cui vive lo costringeva a lavorare contro la sua volontà, a lavorare sempre per qualcun altro a beneficio di qualcun altro. Egli veniva dopo tutti gli esseri dell’universo perché l’ultimo della catena, nel senso che il suo significato dipendeva da tutti gli altri. Ultimo di una catena di senso, egli scopre di essere non soltanto inutile, ma dannoso, nel momento in cui nessuno lo può sfruttare a suo comodo. Ma ciò non lo consegna, finalmente, al riconoscimento di un suo valore intrinseco. Al contrario, se prima il suo stato economico lo difendeva dall’accusa ultima di essere una cosa immonda, perché portatore di un guadagno economico tangibile e utile per gli altri, adesso egli diventa lo strumento catartico attraverso il quale la famiglia e la società accetta la propria vita. Se la nostra condizione è insopportabile, sembra diventare più sostenibile dalla contemplazione di un essere che è talmente immondo da ricordarci che noi, in fondo, non siamo poi così privi di speranza. E’ la funzione dell’estraneo, quello stesso estraneo che si può chiamare in molti modi, che gli si può dire di tornarsene da dove sia venuto non perché si speri che se ne vada, ma per fargli pagare la nostra mancanza di fede e di vita e di valore. L’estraneo per definizione è colui che non vale niente perché è immondo. Con lui vicino, noi diventiamo migliori per contrasto: anche qualora il nostro valore sia lo stesso (e infatti noi non cambiamo), la presenza di un essere ancora più debole (e quindi non peggiore di per sé), ci rende finalmente potenti almeno nei suoi confronti. E allora la funzione di Gregorio come insetto è proprio questa: egli è il bersaglio del male di vivere degli altri che usa Gregorio come scusa per non cambiare.
La vita di Gregorio è l’emblema stesso di chi riconosce il mondo come una grande allucinazione e ne vede, tramite le luci oppressive e distorte del male di vivere, la totale mancanza di bene. Che non è vacuità. La vacuità conduce alla contemplazione del niente, dell’assenza di una logica. Ma non è così ne La metamorfosi. Qui il riconoscimento del senso c’è, pur essendo semplicemente una logica formale imposta all’individuo che riconosce la sua insipienza, inutilità, insopportabilità, debolezza. In una parola: immondizia. Non è l’assenza di logica a dominare il racconto (e molta della prosa di Kafka), al contrario è il riconoscimento della logica del mondo ordinario che conduce inesorabilmente verso la contemplazione della propria insignificanza e della propria inutilità di fronte al mondo, sempre pronto a farti pagare la tua insignificanza e la tua inutilità. Anche quando il mondo sia molto più insignificante e più inutile: soprattutto in questo caso perché, allora, devi essere abbattuto come quell’insetto che sei.
La metamorfosi è un classico perché si può rileggere infinite volte e trovare sempre qualcosa di nuovo. E se Franz Kafka è stato uno scrittore umano, troppo umano, è perché egli, per primo ha capito che sull’inutilità si gioca tutta la nostra esistenza. Almeno, così, ce la vogliono far passare gli altri. E questo bisogna sempre ricordarcelo. Perché la difesa della propria dignità di fronte al male di vivere, imposto dalle persone incapaci di trovarne dentro di sé, è il diritto più fondamentale che ognuno di noi ha di fronte alla barbarie. E se dobbiamo tentare di resistere alla barbarie, la prima cosa da ricordarci è che il mondo può anche dirci che siamo degli insetti, può anche provare pretestuosamente a dimostrarcelo. Ma pretendere la nostra resa è tutt’altra cosa. Perché fin tanto che saremo in grado di difenderci dalla barbarie, fin tanto che eserciteremo la nostra capacità umana in difesa del nostro diritto e valore alla vita, riusciremo sempre e comunque a dimostrare al mondo che gli insetti non siamo noi e che, per quanti tentativi si faccia no, potranno soltanto dimostrarci che siamo deboli, ma non che non siamo Uomini. E per quanto questo sia il vero peccato per i veri insetti, non sarà però nostro diritto pagarne gli interessi. E questo è tutto quello che possiamo fare.
Franz Kafka
La metamorfosi
Einaudi
Pagine: 70.
Euro: 8,00.
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