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Consigliamo Thomas Hobbes e Capire la fondazione della metafisica dei costumi
- La legge sancisce la morale
- La norma è posta dal legislatore
- La giustificazione della norma è posta dal legislatore
- La giustificazione può non essere espressa
- La norma non è giustificata in termini di utilità di coloro che ricadono in essa
- Le leggi morali sono prescrittive in quanto imposte da un’autorità e l’autorità ha la forza per farle applicare
- Le leggi non sono entità fisiche
- Le leggi non hanno valenza causale
- Le leggi morali sopravvengono rispetto alle leggi naturali
- Il bene è la qualità di un’azione aderente alla legge
- Il male è la qualifica di un’azione non aderente alla legge
L’idea cardine del volontarismo è che il bene e il male non siano precedenti alle leggi ma successivi. Essere al di là del bene e del male significa essere al di là della legge. Di conseguenza, non c’è moralità là dove non ci sia una norma.
La norma è posta da una volontà e in tale volontà non solo risiede la sua ragion d’essere ma pure la sua possibilità di diventare operativa (e da questo atto primo della volontà si pone il nome “volontarismo”). La legge viene imposta con la forza dell’autorità la quale ha sia il potere di inventarne di nuove sia quello di farle applicare. Esempi di autorità capaci di fondare le leggi sono Dio e lo Stato. Quest’idea fu posta, ad esempio, da Hobbes nel Leviatano.
La giustificazione di una legge non nasce da un valore atteso di utilità da parte di chi ne è soggetto: se Dio avesse voluto, avrebbe potuto far le leggi più inique e insensate. Allo stesso modo, se l’autorità statale determina le leggi più ingiuste, nessuno è autorizzato a trasgredirle per la sola ragione che non c’è una giustizia e un bene sovraordinato alle leggi ma le norme depongono ogni ordine inferiore.
In realtà, in Hobbes si danno delle leggi “impossibili” alle quali nessuno è tenuto al rispetto, qualora si pongano: sono quei comandamenti che vanno contro la propria capacità di sopravvivenza alla quale nessuno può venir meno e tutti hanno il dovere di difendere. Di conseguenza, seppur limitata, esiste un diritto alla resistenza, una regola naturale che vincola i soggetti più che l’autorità dello stato. Ma al di là di questo vincolo, tutte le leggi positive nascono dall’autorità e tutti coloro a cui sono rivolte sono tenuti a rispettarle.
L’unico vincolo per cui una regola vale è che l’autorità che la pone sia in grado di farla rispettare. In questo senso, un’autorità legislatrice si distingue da un’altra per la sua capacità di obbligare i soggetti all’aderenza delle sue leggi mediante la forza. Senza l’apporto di una forza superiore a quella che il singolo soggetto può opporre, si cadrebbe in un caos nel quale nessuna legge sarebbe più importante che quella dettata dal proprio egoismo, come nello “stato di natura” ipotizzato da Hobbes. L’egoismo primordiale non è vinto dalla sola legge, occorre che ci sia un’autorità che costringa le coscienze egoiste al rispetto delle norme. Allo stesso modo, Dio va seguito per la sola ragione che egli può infliggere pene ai trasgressori.
Abbiamo due condizioni fondamentali perché la legge divenga operativa: una formulazione reale e una forza dal potere coercitivo. La formulazione della legge non è una condizione sufficiente non solo perché l’individuo è concepito sostanzialmente egoista, ma pure perché la legge stessa non è un’entità fisica, cioè con potere causale al pari di una legge di natura e, per tanto, occorre che una serie di meccanismi fisici, realizzati attraverso i mezzi dello stato (ad esempio) le rendano effettive. La sola condizione per cui una legge ha senso è che una volontà, quella del legislatore, la ponga ad essere.
Una volontà formula una legge e la rende operativa. Una volta compiuto ciò ha senso parlare di bene e male, di giusto e ingiusto, in quanto tali qualifiche seguono dalla legge ed esprimono l’aderenza di un’azione alla norma oppure la squalificano.
Il volontarismo è una forma di scetticismo etico per due ragioni: prima di tutto perché fonda le sue radici su un principio egoistico descrittivo (presunto tale) secondo cui tutti agiscono a partire dalla propria volontà egoistica per preservarsi nel mondo e appropriarsi di tutto ciò che ritengono utile. In secondo luogo, perché la morale non trova alcuno spazio in quanto coincide perfettamente con le leggi dello stato. In poche parole, il comportamento degli individui è vincolato dalle leggi e le loro azioni non sono determinate da qualche principio diverso dalla ricerca dell’utile. La ragione è pratica ma non etica: non c’è alcun imperativo morale, solo imperativi pratici.
Il problema che immediatamente balzerà agli occhi è che il volontarismo non può giustificare la legge se non sulla forza dell’autorità che formula la legge stessa. Tuttavia, non si può parlare di una legge buona o di una legge giusta ma solo di giusto e ingiusto, bene o male. Ciò ha due conseguenze sgradite: che non esiste un ordine migliore o peggiore di un altro giacché la bontà della legge non è misurabile né determinabile dal tipo degli effetti che quella genera; che non si può stabilire se una legge sia buona oppure no. In poche parole, si ricade nell’impossibilità di qualificare le leggi, il che è evidentemente problematico. Si ricadrebbe nel paradosso. Se una legge fosse buona allora ci dovrebbe essere una legge anteriore che ne stabilisce la bontà, ma anche per questa ce ne vorrebbe una e così via. Non è un caso che tutte le repubbliche democratiche moderne si fondino su una costituzione che è un insieme di leggi molto generali che stabilisce la forma astratta delle leggi secondarie e che, di fatto, le giustifica e le qualifica come buone o cattive: una legge che sia contraria alla costituzione è automaticamente scorretta, non valida perché qualificata come ingiusta. Il problema, come si vede, non è banale. La costituzione, poi, è giustificata dal rispetto di principi molto generali, riconosciuti come “leggi naturali”, come il diritto alla proprietà, alla vita. Ma quest’appello alle presunte leggi naturali nel campo del diritto si affaccerà a partire da Locke il quale sosterrà l’esistenza di un diritto naturale positivo, cioè dotato di valore legale indipendentemente da ogni volontà e capace di giustificare le leggi che si formulano su di esse. Il volontarismo, tuttavia, non riconosce come fondamento tali leggi e una costituzione, per un volontarista, ha senso solo se l’autorità che la formula ha la forza coercitiva adeguata dalla sua per poterla porre. Inoltre, stabilire che una legge è buona solo in relazione alla volontà di chi la pone risulta altrettanto problematico. In fine, la volontà stessa del legislatore non è né buona né cattiva giacché non esiste alcuna legge che sta al di sopra di quella.
In definitiva il volontarismo non convince pienamente per il fatto di non riuscire a dare una seria giustificazione alla motivazione morale: la sola forza non basta a motivare qualcuno ad eseguire una legge, come nel caso in cui si sappia per certo che se si infrange una regola non si avrà una ritorsione. Per esempio, nel caso della raccolta differenziata dei rifiuti c’è una legge che la rende obbligatoria ma si trovano molti stratagemmi per non vincere la propria pigrizia e non rispettare la legge. In questo caso, la raccolta differenziata è da farsi indipendentemente dal fatto che l’autorità riesca a punire i trasgressori in quanto è giusto farla. E c’è chi la fa, indipendentemente dal fatto che così si premunisce dalle ritorsioni statali: l’idea è che tale legge si debba seguire perché è giusta. D’altra parte, nemmeno convince l’idea di poter basare la giustificazione della legge su una volontà assunta come autorità sovrana. In terzo luogo, il fatto di non poter qualificare le leggi pone automaticamente problemi rilevanti sia per poter concepire un ordine migliore da quello presente sia, in generale, per poterne concepire uno positivo. Tutto questo rende il volontarismo una posizione?
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