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L’etica è, in generale, lo studio dei comportamenti dell’uomo pensato come persona e non come entità puramente fisica. Le analisi possibili dell’uomo in quanto persona sono diverse: si può descrivere il comportamento umano per quello che è, da un punto di vista fisiologico, da un punto di vista psicologico, da un punto di vista sociologico o storico. Tutte queste analisi partono dall’assunzione che il comportamento dell’uomo possa essere descritto in termini scientifici e, ciascuna scienza per sé, indaga una regione particolare della realtà umana. Quest’approccio all’etica si può dire “descrittivo” perché non si domanda come le cose dovrebbero essere ma come le cose stiano. La base di studio è il dato empirico e, da questo, si verificano le ipotesi dalle quali si parte per cercare di prevedere, poi, il comportamento umano (a grandi linee).
L’etica descrittiva non si occupa, dunque, dell’aspetto valoriale o qualificante: il problema non è stabilire cosa sia giusto o sbagliato, buono o cattivo quanto comprendere i meccanismi che determinano le decisioni umane. Il problema di un’etica puramente descrittiva è che essa non riesce a rispondere a domande effettivamente rilevanti. Facciamo un esempio valido: si dice spesso che gli uomini tendano per natura al piacere. Questa proposizione generale (tutti gli uomini tendono per natura la piacere) sarebbe una generalizzazione operata su proposizioni singolari e, in linea di principio (ma sarebbe ben da discutere) confermata dai dati di fatto. Il problema è che anche ammesso che effettivamente gli uomini tendano per natura al piacere, ciò non implica che lo dovrebbero fare, che sia giusto, posta una scelta, determinarsi verso “il mondo possibile” che ci dà più piacere rispetto ad un altro con meno piacere ma più equo, ad esempio. Dunque, l’etica descrittiva può essere utile per verificare i limiti e le possibilità dei comportamenti effettivi, ma tace di fronte al problema normativo.
L’etica normativa è un tipo di indagine filosofica che si fonda, sostanzialmente, su un’analisi a priori: si tratta di accertare a priori le proprietà degli atti da considerare giusti o sbagliati, cosa significano i giudizi morali, come considerare il ruolo del carattere delle persone nelle scelte, quale è la vita da considerarsi virtuosa etc.. Uno dei problemi fondamentali dell’etica filosofica è stabilire il significato dei giudizi morali: essi hanno valore di verità? Da questo problema si possono trarre molte risposte, classico caso in filosofia in cui ad una semplice domanda non segua una semplice risposta.
L’etica normativa si può suddividere in tre tipi di analisi: una riguarda lo studio di particolari casi dati dalla realtà dei fatti, una pone il problema di primo livello di analisi normativa e un’altra pone il problema di secondo livello di analisi normativa.
Lo studio di casi particolari è l’etica applicata. Attualmente, ci sono molti problemi di bioetica che vengono affrontati in maniera sistematica a partire da un’analisi filosofica ampia o ristretta, come il problema degli embrioni, la clonazione, l’eutanasia… Questi casi sono, generalmente, dei problemi “limite” in cui necessitiamo di un’analisi rigorosa che possa dare una soluzione anche pratica alla difficile questione: ci troviamo di fronte ad un conflitto di intuizioni in cui il nostro senso comune, non preliminarmente vagliato da un’analisi razionale, vacilla e chiede aiuto. Il filosofo, come avrebbe detto Husserl, diventa così un funzionario dell’umanità e offre il suo aiuto. Questi casi limite sono paragonabili ai paradossi logici e semantici per quel che riguarda la logica e la filosofia del linguaggio: essi diventano terreno fertile per dibattiti serrati, molto utili in quanto costringono a riconsiderare le teorie alla luce di tutte le loro possibili implicazioni.
Lo studio normativo di primo livello è quella che, in generale, si può chiamare etica filosofica normativa. A questo livello di analisi il problema non riguarda il significato stesso dei termini etici, ma si assumono già come dotati di significato, qualunque esso sia: discutere del problema dei diritti dell’uomo, per esempio se esistano dei diritti naturali come quello alla vita, è un problema etico in senso proprio. Se si discute del problema dei diritti, infatti, si sta già assumendo che abbia senso dire “Conrad ha diritto a pubblicare”. Il problema, in questo caso, sarebbe discutere la “natura” stessa del diritto, assunto come esistente e il cui giudizio morale ha significato.
Lo studio normativo di secondo livello è quel che occupa i filosofi da più di duemila anni, cioè la metaetica. La metaetica è l’analisi del significato dei giudizi morali, sia che si considerino al pari dei giudizi scientifici, sia che si considerino diversi. A seconda delle risposte che si possono dare in merito, ci si pone ulteriori problemi: se i giudizi morali sono come quelli scientifici e rispondono alla logica bivalente (a due valori, vero e falso) allora bisogna anche chiedersi se esistano dei fatti nel mondo che si possano propriamente dire “morali” e, in questo senso, se siano analoghi ai fatti naturali o se abbiano caratteristiche diverse. Altro problema classico di metaetica è lo spazio della conoscenza all’interno dell’etica: se esistono verità morali allora come vengono conosciute. I problemi di etica riguardano, alla fin fine, quasi tutti i livelli dell’analisi filosofica ma con un’importante differenza: lo studio dell’etica conduce (o dovrebbe condurre) ad una riconsiderazione pratica della propria prassi di vita. Non è un caso che siano sorte diatribe sul fatto che alcuni filosofi non facessero seguire alle parole i fatti. La metaetica è una branca della filosofia che considera come unico fine il sapere e, al contempo, pone la sua tecnica per risolvere la questione.
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