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Piombo e Sangue è un libro edito nel 1929 da uno dei massimi scrittori del genere, Dashiell Hammett. Si tratta di un classico del genere, sia per la sua data di uscita sia per la qualità del romanzo. La trama, in realtà, è quasi inessenziale e già abbastanza contorta da ricordare i romanzi di Raymond Chandler, ammiratore di Hammett, suo continuatore e innovatore del genere noir.
La storia è incentrata su un investigatore privato privo di nome che viene inviato, non si sa bene perché, nella desolata cittadina di Personville (città per persone ordinarie?), anche nota come Poisonville (città avvelenata). In questa viene chiamato da un giornalista, tale Donald Willsson, giusto il tempo prima che questi venga fatto fuori. L’investigatore viene assoldato poi dal padre di Donald, Elihu, il quale è il barone e sovrano della cittadina. Costui assolda l’investigatore perché riporti l’ordine nella cittadina, presa ormai sotto il controllo di mafiosi, faccendieri, biscazzieri e ordinari truffatori. Il vecchio rivuole la sua vecchia città sotto le sue vecchie mani di iracondo e sclerotico anziano. L’investigatore farà la conoscenza di tutto lo spettro del marciume di una cittadina di provincia americana ai confini tra la normalità e la malavita perpetua. Perché infondo questo è il punto: che normalità e illegalità, violenza e desiderio vanno sempre inseparabilmente uniti. La strategia dell’investigatore consiste nel conoscere gli interessi dei vari attori di Poisonville per poterli mettere gli uni contro gli altri, compreso il grasso capo della polizia, Noonan. Farà anche la conoscenza di una giovane donna a cui tutti gli uomini cascano ai piedi, Dinah Brand. Costei è la femme fatale del romanzo, piena di risorse, forte e al contempo tragica, manipolatrice di destini e contemporaneamente incapace di salvare il proprio. Alla fine l’investigatore metterà davvero tutti contro tutti, determinando la caduta delle tessere del domino. Di tutte? E lui riuscirà a salvarsi dalla malattia che invade tutti coloro che entrano in Poisonville? Ovvero la smania per l’omicidio e il delitto?
Il romanzo noir Piombo e Sangue contiene tutti i pregi e i difetti del romanzo noir. Esso sembra una caricatura degli aspetti più deteriori della normalità, in cui tutti i personaggi perseguono i propri interessi, sono privi di umanità e di ogni barlume di buon senso. Si tratta di personaggi al limite della macchietta, interpreti di uno stato di interessi costituito, più che di una personalità marcata. A differenza del geniale romanzo La fuga di David Goodis, in cui gli elementi psicologici sono a loro modo protagonisti della disgrazia immanente del protagonista (cardine del noir: il protagonista che, suo malgrado, finisce nei guai e non sa come uscirne); a differenza de La fuga in Piombo e Sangue la psicologia è sostanzialmente assente. E in questo si vede un tratto di classicità della narrativa main stream poliziesca di allora: i personaggi quasi privi di ogni spessore, si riducono a segnalini, a segnaposto per degli stati di interesse.
D’altra parte, il libro, come accennato, è indubbiamente un classico del genere. Innanzi tutto, esso riprende chiaramente la narrativa canonizzata dai paladini del giallo (SS. Van Dine, Agatha Christie, Early Sanley Gardner, Ellery Queen etc.) per stravolgerne l’essenza: i personaggi sono sempre dei segnaposto, ma sono caratterizzati da quello sprezzo per la vita, per quel nichilismo di fatto che è proprio di un mondo privo di finezza, del mondo della realtà dei bassifondi che si perpetua identico a se stesso nei secoli. Questa forma di narrativa, allora, mostra la faccia violenta della natura umana, la cui logica è ancora prepotentemente dominata dalla logica (degli stati di interesse) e non è ancora così priva di senso come invece apparirà agli uomini di anni recenti. Il romanzo di Dashiell Hammett mostra, infatti, che tutti i segnalini sono disposti a qualsiasi cosa pur di ottenere i loro interessi. E addirittura il protagonista, il detective senza nome (massima forma di segnale del fatto che i nomi sono addirittura superflui…) non sembra caratterizzato da una morale che vada oltre un senso eroico e stoico nei confronti della violenza, la cui giustificazione ultima sta nel suo guadagno personale e nella vaga sensazione di aver fatto il proprio dovere. Ma pur sempre di una logica si tratta. Max Thaler è un biscazziere, quindi ammazza per portare avanti i suoi affari. Dinah è bramosa di soldi, quindi se la intende un po’ con tutti ed è disposta a tutto pur di aumentare il suo conto in banca. Elihu vuole il potere per il potere, ed è disposto a pagare 10.000 $ americani e a scatenare un’ondata di violenze e omicidi senza precedenti pur di riprenderselo. La conclusione è che ogni atto di violenza ha un suo senso, una sua logica e una sua dimensione. La rivoluzione di Hammett, allora, non è tanto nella sostanza, quanto nella reale modalità narrativa. Una liberazione dell’irrealtà propria dei personaggi raffinati dei gialli classici, riportati a più concrete forme di convivenza tra uomini. Giacché le concrete forme di convivenza tra uomini portano sempre il marchio della violenza. Almeno questo è quanto Dashiell Hammett ci lascia intendere. Questa è la sostanza stessa del libro, che estende e rivoluzione e fa nascere un nuovo genere (insieme ad altri romanzi sempre dello stesso autore).
Ma sia detto in conclusione che il lato migliore del romanzo non consiste né nella sua logica, piuttosto datata nel concetto, né nella sua peculiare narrativa, che sacrifica ogni psicologia dei personaggi e ogni descrizione che non sia puramente funzionale al susseguirsi dei fatti. Giacché nel libro si trovano quasi solo esclusivamente fatti, più o meno naturali, più o meno sociali, ma solo fatti. Nessuna considerazione stilistica, nessun cedimento ad una interpretazione della realtà, al di là della già citata natura violenta dei rapporti umani. E’ la sensazione di oppressione che si può avvertire leggendo il libro che consiste il suo principale pregio. Esso riesce a estrapolare ed estremizzare quel senso di oppressione che viviamo tutti nella vita ordinaria, quotidiana, pacifica e mai del tutto pacificata. Si avverte vibrante l’angoscia dell’uomo di fronte alla sottile violenza del vicino che gli bussa per abbassare il volume di una televisione spenta, si sente l’ostilità latente della signora di fronte che ti spazza l’uscio sbattendo la scopa sulla porta per darti fastidio… Si avverte la musica della violenza quotidiana, che si cerca di razionalizzare continuamente per renderla comprensibile. Se tutto è comprensibile nel romanzo di Hammett, questo senso sordo, continuo, ottenebrante e opprimente non lo è. Vince ogni riduzione razionale per esprimere tutto il suo carico di angoscia dentro il cuore del lettore. Si tratta di una musica impegnativa, una musica che non ci piace perché la viviamo tutti i giorni. E per questo, in definitiva, Piombo e Sangue rimane ancora un libro di terribile e singolare portata: quella di riportarci a ciò che meno di tutto siamo capaci di capire: perché, in definitiva, i rapporti umani sono sostanzialmente interscambi di pura violenza.
Dashiell Hammett
Piombo e Sangue
Guanda
Pagine: 257.
Euro: 7,50.
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