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Uno dei problemi cardine di tutta la riflessione filosofica è la definizione delle proprietà delle, qualità essenziali, quelle che usiamo normalmente per riconoscere le cose le une delle altre, che usiamo per esplicare la natura di una cosa, che indichiamo per spiegare la realtà di un fenomeno.
La domanda può essere posta in questo modo: cosa significa “essere quadrato”? Il problema si pone in questi termini: o “essere quadrato” si predica di qualcosa, oppure “essere quadrato” è un’entità indipendente da ciò che viene predicato quadrato. Le due strade si escludono, metterle insieme implica contraddizione. Vediamo un attimo. Se dico che le proprietà sono dei “predicati”, cioè interpreto il valore della predicazione come qualcosa di estrinseco alla cosa, allora il predicato è una pura accidentalità: perché una qualità esista, deve esistere la cosa di cui si predica. In questo senso, non posso parlare di felini senza pensare che esista almeno un animale che rientri in quella categoria. In questo senso, la classe degli oggetti dotati di una certa proprietà, nasce dalla presa di coscienza che quegli oggetti hanno qualcosa di comune: ma quel che c’è di comune non ha una realtà indipendente dagli oggetti. Questo è il punto.
In altre parole chi ritiene che le proprietà degli oggetti siano dei predicati che non pongono la cosa in se stessa, allora interpreteranno le qualità (qualità e proprietà sono sinonimi) in questo modo:
- le proprietà non esistono indipendentemente dagli oggetti di cui sono predicate,
- le proprietà sono delle particolarità degli oggetti,
- le classi di oggetti fondate sulla comunanza di proprietà non sono entità indipendenti dagli oggetti,
- tutto ciò che esiste è l’oggetto particolare.
Il che significa che le proprietà non hanno un valore ontologico indipendente dal sostrato materiale di cui sono predicate. Da qui tutte le critiche di Aristotele, raccolte soprattutto nel primo libro della Metafisica, in particolare alla fine.
Ma un altro modo di intendere la “proprietà” è quello di interpretarle come:
- entità reali,
- extramentali,
- immateriali,
- increate,
- eterne.
Da questa seconda soluzione, si propende per un’altra visione delle cose. Le cose non sono ciò che pongono le proprietà ma, viceversa, sono le proprietà a definire l’essenza stessa delle cose. In questo senso, se si toglie una proprietà, si tolgono tutte le cose di quella proprietà: se, per assurdo fosse impossibile pensare all’idea di quadrato, dovremmo automaticamente escludere dalla realtà qualsiasi possibilità di avere un quadrato. La proprietà interpretata in questo modo “essenziale” risulta essere un’entità reale, al pari di un qualsiasi oggetto, con la differenza che l’oggetto ricade nella proprietà ma non viceversa.
Il problema: “cosa significa – essere quadrato?” Pone due strade del tutto diverse. Nel primo caso, si parte dalle cose per raggiungere le proprietà, nel secondo si parte dalle proprietà per raggiungere le cose.
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