The Chess Mind
Ivano E. Pollini
Accademia Scacchi Milano
“The Chess Mind is an important Mind, and important to more than Chess players.
The Chess Mind is of interest not only to Chess players, but to any philosopher or psychologist who is interested in the intellectual background of the present age”1
Gerald Abrahams2
Introduzione
L’attenzione di un giocatore di scacchi, quando applica la mente a un compito specifico, è completamente controllata dalla complessità della posizione sulla scacchiera e dai limiti delle sue capacità. Altri fattori, come il temperamento, l’esperienza e l’ambiente, influenzano indubbiamente il suo progresso nel gioco e lo sviluppo della sua mente verso la maturità, mentre i fattori emotivi – ansie e speranze – influenzano la sua volontà di vincere. Insomma, sapere come funziona la mente quando gioca a scacchi non solo è importante per i giocatori, ma anche per i filosofi e gli psicologi interessati alla comprensione del sostrato intellettuale della propria epoca.
Le scienze cognitive comprendono i campi delle scienze umane, filosofia, psicologia e neuroscienze, che studiano la mente e il cervello umano, assieme ad altre discipline scientifiche, come l’intelligenza artificiale (IA) e la scienza dei computer, che cercano di realizzare una macchina capace di risolvere problemi tipici dell’intelligenza umana [1-4]. Queste scienze si occupano anche di aspetti del gioco degli scacchi, come il gioco alla cieca (blindfold chess), la composizione di problemi e studi e la sfida uomo-computer, per cui gli scacchi sono diventati un modello importante per lo studio della mente e del cervello umano. La psicologia e le neuroscienze sono importanti per la nostra vita, poiché la conoscenza dei meccanismi con cui opera la psiche e il cervello umano possono essere d’aiuto nella soluzione di alcune delle sfide del nostro tempo, dalla lotta alle malattie neurovegetative alla comprensione dei sentimenti, che sono alla base delle nostre passioni e dei nostri gusti. Ormai questi interrogativi non interessano più solo gli specialisti, ma sono divenuti di attualità anche per l’uomo comune.
Gli scacchi sono studiati con interesse da queste discipline scientifiche e possono essere considerati dai diversi punti di vista come un gioco e uno sport, un’arte o una scienza o anche come una guerra o un’immagine della vita [5].
Certamente esiste una relazione tra la vita e gli scacchi, come, per esempio, quando viene fatta una scelta importante nei processi decisionali o quando si vuole realizzare un cervello elettronico che possa emulare l’intuizione e la creatività umana. Questo è un problema studiato in particolare nell’ambito del progetto “SyNapse” (Systems of Neuromorphic Adapter Plastic Scalable Electronics) dell’IBM, con cui questa società sta tentando di realizzare un computer cognitivo, cioè un computer intelligente, capace di ragionare come il cervello umano, grazie a reti neurali di sinapsi, che possono imparare dall’esperienza e dall’ambiente circostante.
Da parte mia, presenterò nel seguito alcune di queste tematiche nel tentativo di chiarire le relazioni esistenti tra gli scacchi e i processi mentali indagati dalle scienze cognitive. Queste ricerche sono importanti perché hanno promosso una maggiore comprensione dei meccanismi mentali e cerebrali con cui gli esseri umani formulano i loro giudizi. Ritengo altresì che questi argomenti possano anche interessare il giocatore di scacchi, una volta che percepisca i vari collegamenti esistenti tra gli scacchi e le varie attività umane. Tuttavia gli scacchi saranno qui presentati anche nel loro aspetto artistico (problemi e studi), tecnico (aperture, medio gioco e finali) e competitivo (tornei, gioco alla cieca e sfida uomo-computer).
Scacchi islamici: “Shatranj”
I problemi di scacchi sono forse il migliore esempio di creatività nel mondo degli scacchi. Cominciamo allora col presentare un paio di problemi arabi che ci sono giunti in seguito al ritrovamento di testi medievali. Sappiamo che nel mondo islamico i più forti giocatori di scacchi – gli aliyat – venivano chiamati alla corte di Bagdad dai califfi, come al-Mamun e Harun al-Rashid, non solo per poter competere con loro, ma anche perché gli aliyat erano un modello di libertà della coscienza.
Nel IX secolo erano noti alcuni di questi giocatori e uno di questi, al-Adli, aveva scritto, intorno all’anno 840, Il libro degli scacchi (Kitab ash-shatranj), considerato il primo testo di teoria del gioco [6]. Nell’anno 847 Haroun-al-Rachid aveva organizzato il primo match della storia degli scacchi, in cui il persiano Ar-Razi aveva sconfitto Al-Adli. Il più forte giocatore dell’epoca era però Al-Suli, che aveva vinto Al-Maouardi, il campione di Haroun-al-Rachid, tra il 900 e il 920 e aveva mantenuto la sua superiorità per quasi tutto il X secolo.
Il contributo degli Arabi allo sviluppo e all’approfondimento del gioco è stato notevole e, intorno al X secolo, lo avevano introdotto in Europa, grazie alle Crociate e ai Mori di Spagna. Tuttavia, le regole del gioco negli scacchi arabi (Shatranj) erano diverse da quelle odierne: il Re, la Torre e il Cavallo si muovevano come oggi, ma i Pedoni non potevano essere spinti di due passi alla prima mossa, l’Alfiere si muoveva in diagonale di due sole caselle e poteva “saltare” sopra i pezzi (come fa oggi il Cavallo) e il Visir si muoveva solo in diagonale di una casa alla volta. Il matto e lo stallo erano gli stessi di oggi. L’innovazione europea era stata quella di sostituire il Visir con la Regina, che solo verso il XV secolo aveva ottenuto la sua completa libertà di movimento e acquistato il suo ruolo fondamentale.
Alcuni finali di partita, particolarmente belli e sorprendenti, sono stati trovati nei manoscritti di Al-Adli e di Al-Suli. Nel problema di al-Adli sono solo coinvolti il Re, le Torri, i Cavalli e i Pedoni, ossia proprio quei pezzi che negli scacchi moderni conservano le mosse dell’antico Shatranj.
al-Adli (IX secolo)
Soluzione: 1. Ch5+ Txh5 2. Txg6+ Rxg6 3. Te6#
Invece nel problema di al-Suli si devono applicare le regole dello Shatranj, per cui l’Alfiere h3 può saltare sopra Cavallo g4 e dare scacco dalla casa f5.
Al-Suli (X secolo)
1.Th8+ Rxh8 2. Af5+ Th2 3. Txh2+ Rg8 4. Th8+ Rxh8 5. g7+ Rg8 6. Ch6#
Test psicologici
Quando un giocatore si siede di fronte alla scacchiera per iniziare una partita, le sue conoscenze dei vari aspetti strategici e tattici del gioco si “accendono” nella sua mente e la presenza di un avversario, il tempo di controllo e l’ambiente circostante introducono nel gioco un aspetto psicologico che tende ad influenzare la sua mente. Certamente la conoscenza della strategia e della tattica sono aspetti predominanti, ma il ruolo della psicologia non va sottovalutato, specialmente ad alti livelli di competizione [4, 7].
Come ha scritto Gerald Abrahams in The Chess Mind: “La mente scacchistica è una mente importante per i giocatori di scacchi, la cui importanza va oltre il gioco degli scacchi. L’intelligenza umana raggiunge una forma di creatività che non può essere semplicemente spiegata in termini di riflessi condizionati o di formazioni di abitudini. Le abitudini mentali e la memoria sono elementi della mente di un giocatore, così come la conoscenza della propria lingua è parte del bagaglio di un oratore e il linguaggio delle note è essenziale per un musicista”. Nel libro l’autore cerca di rivelare cosa succede nella mente del giocatore durante una partita, poiché la parte essenziale dell’attività di un giocatore di scacchi è il suo pensiero [8].
Lo psicologo francese Alfred Binet [1] ha dimostrato, attraverso osservazioni in laboratorio su giocatori senza visione della scacchiera, che fattori come esperienza, immaginazione e memoria sono necessari a livello magistrale, in contrasto con la convinzione che la percezione visuale delle relazioni spaziali degli oggetti sia la qualità principale dello scacchista. Binet sostiene che esistono due tipi di giocatori: quelli che durante il gioco vedono plasticamente davanti a sé i pezzi e la scacchiera e quelli che invece si formano nella mente uno schema astratto.
Poiché nel gioco alla cieca il giocatore non vede le posizioni dei pezzi sulla scacchiera e le mosse gli vengono comunicate verbalmente, questo lo obbliga a formare e mantenere un modello mentale delle varie posizioni che si susseguono durante la sessione di gioco. Secondo l’esperienza di Richard Reti, un grande campione di blindfold chess, il secondo gruppo di giocatori, coloro cioè che non si affidano alla memoria visuale, hanno la netta impressione di un’effettiva interazione con l’avversario: per questi, mentre è relativamente facile effettuare combinazioni, è invece più arduo formulare valutazioni posizionali [9].
La sperimentazione psicologica effettuata su alcuni giocatori alla cieca ha anche rilevato che essi non solo possiedono una profonda conoscenza del gioco e una prodigiosa memoria dinamica, ma anche uno speciale talento per effettuare operazioni spazio-visuali con “l’occhio della mente”. Molti psicologi ritengono che giocare 20-30 partite alla cieca in simultanea rappresenti uno dei più stupefacenti successi della memoria umana, poiché il giocatore non solo deve ricordare il continuo cambiamento dei pezzi in partite che durano in media 30-40 mosse, ma deve anche selezionare la propria risposta da giocare su ogni scacchiera. Il giocatore alla cieca subisce una prova di resistenza nervosa molto intensa. Il continuo sforzo psico-fisico non solo richiede che il giocatore bendato sia in buona forma fisica, ma che possieda anche una grande resistenza nervosa, poiché la fatica mentale è superiore a quella impiegata in una normale sessione di partite simultanee.
François-André Danican Philidor
François-André Danican Philidor (Dreux, 1726 – Londra, 1795), il più forte giocatore del Settecento, era di professione un musicista e un compositore (Tom Jones), i cui lavori sono ancora oggi rappresentati nei teatri d’opera ed è anche stato il primo blinfold player. Intorno al 1780 Philidor aveva giocato tre partite alla cieca simultaneamente, un’impresa che era stata considerata stupefacente e che aveva ottenuto un grande successo di pubblico e di stampa [10].
In questa figura d’epoca è raffigurato Philidor bendato che gioca una partita al Club Parsloe di Londra intorno al 1780.
Dopo la sessione di gioco gli era stato chiesto di spiegare questa sua particolare abilità e Philidor aveva dichiarato di aver imparato a visualizzare la scacchiera di notte, quando aveva avuto problemi di insonnia.
Smith – Philidor Londra nel 1790
(blindfolded)
La partita era proseguita con 24. Df2? – Il Bianco non doveva permettere l’apertura della colonna h, ma cercare un controgioco con 24. f4.
24…Ac7 – Anche con 24…hxg3 25. Dxg3 Cf4+ Il Nero vinceva rapidamente.
25. Ce2 – Questa mossa perde, ma non c’era una continuazione soddisfacente.
25… hxg3 26. Dxg3 Dxg3+ 27. Cxg3 Cf4+ 28. Rh1 Txh3 29. Tg1 Txh2+ 30. Rxh2 Th8+ 31. Ch5 Txh5+ 32. Rg3 Ch3+ 33. Rg4 Th4 #
Paul Morphy
Paul Charles Morphy (1837 – 1884), il leggendario giocatore di New Orleans, e forse il più famoso giocatore di scacchi di tutti i tempi, è stato un ragazzo prodigio, il miglior giocatore della sua epoca e un campione del mondo non ufficiale.
Paul Morphy aveva giocato alcune partite alla cieca nel 1857, durante l’American Chess Congress, contro Paulsen e Lichtenheim, e nel 1858, a New Orleans, dove aveva dato due sessioni di simultanee. Morphy aveva poi giocato altre partite alla cieca durante il suo soggiorno in Europa, a Birmingham, Londra e Parigi. Famosa era stata la sua blindfold exhibition contro gli otto migliori giocatori di Parigi, con lo stupefacente risultato di 6 vittorie e due patte. Le sue partite, praticamente esenti da errori di rilevo, avevano mostrato quale magnifico blindfold player egli fosse [11].
La celebre esibizione di Morphy al Café de la Regence nel settembre 1858, è stata ricordata dalla scrittrice americana Frances Parkinson Keyes3 nel suo romanzo The Chess Players, incentrato sulla vita del giocatore di New Orleans [12]. Appena Morphy aveva annunciato la sua intenzione di giocare otto partite alla cieca si era diffusa una grande eccitazione tra i suoi ammiratori e una folla di osservatori era arrivata al Café de la Régence molto prima dell’inizio della rappresentazione. Erano stati predisposti i tavoli per i giocatori e una poltrona per Morphy, che era seduto con le spalle rivolte ai giocatori e al pubblico. Jules de Rivière dichiarava le mosse per le prime quattro scacchiere e Journoud per le seconde quattro.
I primi giocatori ad abbandonare la loro partita erano stati Baucher e Bornemann, mentre Preti, Bierwirth e Poitier avevano abbandonato più tardi. Guibert e lo scultore Lequesne avevano raggiunto la parità e l’ultimo giocatore ad abbandonare era stato Seguin, dopo dieci ore di gioco. Al termine della sessione di gioco in simultanea e alla cieca, contro i più forti maestri di scacchi di Parigi, Morphy era stato riconosciuto come il più forte giocatore dell’epoca.
Morphy – Baucher, Parigi, 1858
21. Tf3 Ad7 – dopo l’ultima mossa 21…Ad7 il Nero perde rapidamente, ma non c’era più mossa di salvezza:22. Th3 h6 – se 22… Te8, 23. Dh5 h6 24. Cxg7 vince , e se 22…AxC, c’è matto in 2 mosse -23. Dd2 Rh7 24. DxA Ad6 25. TxP+ RxT 26. Td3! Rh5 27 Dc7+ forzando matto in 2 mosse: 27…g6 28. Dh7+ e 29. Dh3 #
Wilhem Steinitz
Nel 1867 Wilhem Steinitz aveva giocato sei partite alla cieca a Dundee con 3 vittorie e 3 patte e dieci partite a Glasgow con 8 vittorie e 2 patte.
Steinitz – Baxler, Dundee 1867
1.e4 e5 2. f4 Ac5 3. Cf3 d6 4. Ac4 Cf6 5. d3 Ag4 6. c3 O-O 7. h3 Axf3 8. Dxf3 exf4 9. Axf4 h6 10. Cd2 Cc6 11. d4 Ab6 12. Ab3 Ce7 13. Axh6 Cg6 14. Ag5 c5 15. Df5 Ch8 16. dxc5 Axc5 17. O-O-O Te8 18. Cf3 Tc8 19. e5 Da5 20. Axf6 gxf6 21. Dg4+ Rf8 22. exf6 Cg6 23. h4 Aa3 24. bxa3 Dxc3+ 25. Rb1 Te2 26. Dd4 Rb2+ 27. Ra1 Txb3+ 28. Dxc3 Tbxc3 29. Txd6 Cf4 30. Thd1 Ce6 31. Cg5 T3c6 32. Cxe6+ fxe6 33. Txc6 Txc6 34. g4 Rf7 35. g5 e5 36. h5 a5 37. Tf1 e4 38. g6+ Rf8 39. f7 Tc8 40. h6 1-0
Harry Nelson Pillsbury
Harry Nelson Pillsbury (Sommerville, 1872 – 1906, Philadelphia) è stato il più forte giocatore statunitense dopo il ritiro di Paul Morphy dalle competizioni e prima dell’apparizione di Bobby Fischer [13].
Pillsbury – Fernandez, Havana 1900
1.e4 e5 2. Cc3 Cc6 3. f4 e6 4. Cf3 a6 ? 5. Ac4 Ag4 6. PxP CxP ? 7. CxC AxD 8. AxP+ Re7 9. Cd5 # – Una variante del matto di Legal!
Pillsbury – Dilettante, New York 1899
1.d4 d5 2. c4 e6 3. Cc3 c6 4 Cf3 Ad6? 5. e4 Ce7? 6. Ad3 O-O 7. e5 Ac7 8. AxP+ RxA 9. Cg5+ Rg6 10. Dg4 f5 11. Dg3 Dd7 12. Dh4 e il Bianco ha dato matto in 8 mosse. Il matto poteva anche essere dato in sette mosse: 12…AxP 13. PxA Rh8 14. DxT f4 15. Dh7+ RxC 16. h4+ Rg4 17. DxP+ Cg6 18. DxC #
Richard Reti
Richard Réti (Pezinok, 1889 – Praga, 1929), il celebre autore e compositore di problemi e studi di scacchi, è stato uno dei migliori giocatori degli anni Venti. Nel 1929 Reti si era misurato a San Paolo del Brasile contro 29 avversari col risultato di +21 -2 =6 [9].
Reti – van den Burken, Rotterdam 1919
1.e4 e5 2. Cf3 Cf6 3. Cc3 d6 4. d4 exd4 5. Dxd4 Cc6 6. Ab5 Ad7 7. AxC AxA
8. Ag5 Ae7 9. 0-0-0 Dd7 (?) 10. The1 h6? – Un’altra perdita di tempo.
11. Axf6 Axf6 12. e5 dxe5
13. Txe5+! Rd8 – Se 13…AxT 14. DxA+ De7 15. Dxg7.
14. DxD+ AxD 15. Ted5 (1-0)
Lo psicologo e maestro di scacchi, Adrian de Groot, ha analizzato nel suo trattato Thought and Choice in Chess il comportamento di un gruppo di giocatori che, mentre esaminavano varie posizioni di scacchi e selezionavano la loro risposta, dovevano descrivere cosa passava nella loro mente. L’esperimento aveva mostrato che non esistevano differenze significative nella selezione delle mosse candidate, nella profondità delle analisi o nel tempo impiegato tra i vari maestri ed esperti. La sola differenza significativa consisteva nel fatto che i maestri individuavano a prima vista la continuazione migliore, mentre i non-maestri venivano più facilmente distratti da mosse inferiori. A questo proposito Emanuel Lasker aveva detto che il maestro, invece di analizzare le varie scelte possibili in una data posizione, guarda la scacchiera e vede subito le mosse candidate. De Groot aveva anche osservato che i migliori giocatori potevano memorizzare e ricordare perfettamente le posizioni viste solo per pochi secondi e ciò che distingueva un maestro da un bravo giocatore era semplicemente la capacità di avere una visione completa della scacchiera (full sight of the board) e di ricordare le varie posizioni, mossa dopo mossa, di ogni partita giocata. In seguito Chase e Simon, con esperimenti dello stesso tipo, avevano stabilito che l’abilità del maestro era anche dovuta alla sua capacità di riconoscere rapidamente uno schema noto, come la disposizione dei pezzi sulla scacchiera, una certa struttura pedonale, i complessi di case deboli di un certo colore, le colonne aperte, i pedoni arretrati, le potenziali forchette, le inchiodature, ecc., e avevano definito queste unità base di percezione scacchistica come chunks, cioè gruppi di pezzi dello stesso colore che si difendono l’un l’altro, come ad esempio un Pedone e un Alfiere.
Problemi e Studi
I problemi di scacchi rappresentano l’attuazione di un’idea scacchistica e sono un notevole esempio di creatività, dove la bellezza della soluzione risulta dalla profondità della prima mossa, la leggiadria delle varianti e la varietà delle posizioni di matto. Nel Primo libro degli scacchi Capablanca ha raccomandato la soluzione dei problemi come un utile esercizio per sviluppare la fantasia del giocatore, anche se riteneva la soluzione degli studi e dei finali maggiormente utile per la maggiore probabilità che queste posizioni si verifichino in partita [15]. Da un altro punto di vista, ricercatori in neuroscienze ritengono che la risoluzione dei problemi di scacchi permetta di capire quali meccanismi cerebrali si attivino durante la ricerca delle soluzioni. Questi processi possono essere osservati e analizzati con la tecnica PET (Positron Emission Tomography) con cui si può visualizzare l’area del cervello che si illumina durante il processo di ricerca dello scacco matto o quando si muove un pezzo, per esempio un Cavallo o una Torre [4].
Problema di Bennet
Soluzione: 1. Rf3 g2-g1=D 2. Cf2+ DxC 3. RxD # Se 1. Rf3 g2-g1=C+ 2. Rf3-f2+ Cg1-f3 3. AxC #
Nel famoso problema, The Lovechase, del grande compositore americano Samuel Loyd, la Donna bianca insegue l’Alfiere nero su tutta la scacchiera [3].
Samuel Loyd, 1869
Soluzione: [1] – 1. Df1 Ab2 2. Db1 (minaccia 3 DxP matto) g6 3. DxA #; [2] – Se 1…Ac3 o Ad4 2. Dd3. Se 1…Ae5 o Af6 2. Df5 e , dopo 2…g6 segue 3. DxA da matto sulla diagonale nera. [3] Se 1…g3 2. Cg6+ PxC 3. Dh3#
1.Cxc7 Cxc7 2. Ta8+! CxT 3. Rc8 Cc7 4. Rxc7 Ra8 5. Rxb6 e vince. Se 2.…RxT segue 3. RxC Ra7 4. Rc6 Rb8 5. Rxb6 e il Bianco vince.
Scienze Cognitive e Intelligenza Artificiale
Dentro la nostra testa c’è una struttura meravigliosa che controlla le nostre azioni e suscita la consapevolezza del mondo che ci circonda. Definire la mente e il cervello è una questione complessa e una precisa distinzione tra le loro funzioni non è sempre così chiara, tuttavia possiamo farci un’idea delle loro rispettive funzioni con l’aiuto del libro di Roger Penrose, La Nuova Mente dell’Imperatore, un affascinante contributo al campo delle scienze cognitive [16]. La nuova mente che l’intelligenza artificiale sostiene di poterci dare è per Penrose qualcosa di profondamente diverso dalla mente dell’uomo. Dopo aver descritto le diverse funzioni della mente e cervello, l’autore introduce il lettore al tema dell’IA e alla sfida Uomo-Computer, un argomento che avevo già accennato in precedenza [7]. Qualsiasi teoria sul funzionamento del sistema nervoso e del cervello deve tenere conto del fatto che molta della sua attività ha la forma di un’onda elettrica in movimento. Il cervello umano funziona in gran parte per segnali elettrici: un segnale nervoso si trasmette come un’onda di elettricità da un capo all’altro dello stesso neurone e come segnale chimico da un neurone all’altro: le caratteristiche degli impulsi nervosi che si generano e si propagano lungo un assone sono fisse e costituiscono un fenomeno “tutto – o – nulla” (in linguaggio binario 1 o 0). Il cervello umano appare così come un formidabile dispositivo di elaborazione e l’IA forte sostiene che sia un importante esempio di computer algoritmico, in realtà una macchina di Turing. Tuttavia, il programma di Alan Turing di “costruire un cervello”, diventato il motto programmatico dell’IA, sembra difficile da sostenere in assenza di condizioni al contorno. Dopo tutto Turing aveva semplicemente proposto di considerare intelligente un programma il cui comportamento fosse indistinguibile da quello umano (test di Turing). Inoltre, filosofi e psicologi hanno segnalato che l’attività cerebrale non sembra identificabile col pensiero, la coscienza e la creatività umana. Queste specifiche qualità umane non sono finora state inserite in un programma di computer e, come dice Penrose, il ruolo della coscienza non è algoritmico. Inoltre, cervello umano (cellule neuronali) e computer digitale (atomi di silicio) non sono identificabili a livello hardware (brain), anche se possono essere confrontabili come comportamento e prestazioni a livello software (mind). Il programma dell’IA di costruire un cervello artificiale che simuli le attività cerebrali umane è certamente possibile, ma tale cervello non può essere confrontato con un cervello umano nella totalità delle sue funzioni.
Il computer gioca a scacchi
Agli albori dell’informatica i primi programmi di scacchi erano piuttosto rudimentali e si affidavano ad una ricerca sistematica di tutte le possibili continuazioni a partire da una data posizione sulla scacchiera. L’esame delle varianti, per ragioni di tempo di calcolo, veniva limitato ad una determinata profondità di mosse del Bianco o del Nero. Tuttavia l’analisi di tutte le possibili varianti, quando si applicava il cosiddetto metodo della forza bruta, implicava una limitazione nella profondità dell’analisi per avere tempi di calcolo del computer accettabili. Poiché il computer digitale “pensa” in termini di valori numerici, era risultato che al centro della sua analisi delle posizioni sulla scacchiera doveva esserci una “funzione di valutazione”. In altri termini, i programmi convenzionali di scacchi esplorano un gran numero di possibili mosse da parte dei due giocatori e poi applicano la funzione di valutazione della posizione per decidere quale giocatore sta meglio. E’ evidente che questi metodi algoritmici, basati sulla forza del calcolo, sono molto diversi da come i giocatori selezionano le loro mosse.
Adrian de Groot ha fatto notare che questo approccio deve considerare che, mentre i giocatori umani possono selezionare le loro mosse sulla base della propria esperienza, questo il computer non lo sa fare. Il computer fonda le sue scelte tra due mosse candidate basandosi unicamente sul calcolo matematico (algoritmo), mentre il giocatore esperto è creativo e sceglie anche grazie all’intuizione, generata dal suo addestrato istinto scacchistico. Tuttavia, i notevoli progressi tecnologici hanno permesso all’approccio di forza bruta di essere molto più incisivo che nel passato e oggi questi computer tattici, dotati di adeguate funzioni di valutazione e regole di arresto e istruiti con alcuni principi posizionali di base, sono diventati competitivi con i migliori giocatori del mondo.
In definitiva, la forza di un moderno programma di scacchi si basa sulla bontà dei criteri di selezione delle varianti, che si basano in gran parte sulle comuni conoscenze tattico-strategiche dei giocatori umani, codificate e tradotte nel linguaggio binario dei computer. La grande forza di questi programmi di scacchi ha così reso attuale il confronto Uomo-Computer, destando un grande interesse in ogni parte del pianeta, anche per la speranza accesa nell’animo umano dai recenti progressi dell’IA di poter identificare il cervello umano con il computer.
Il confronto Uomo-Computer
Robert J. Fischer
Nel 1977 Bobby Fischer (New York 1943 – Reikjavik, 2008) aveva giocato tre partite col computer Greenblatt presso il centro di ricerca del Massachusetts Institute of Technology (MIT). L’obiettivo immediato di Fischer era quello di dare il matto al computer, piuttosto che cercare un vantaggio materiale e sosteneva che questo è ciò che ogni scacchista dovrebbe fare, se vuole migliorare. Greenblatt non era molto forte e Fischer aveva vinto senza problemi, ma è proprio grazie a pionieri come il Prof. Greenblatt, se oggi si hanno programmi della forza di Fritz e Shredder.
Fischer – Greenblatt, Match 1977
1.e4 e5 2. f4 exf4 3. Ac4 d5 – Le mosse 3…Dh5+ o 3…Cf6! sono più giocate, ma anche 3…d5 è possibile. Questa mossa è stata giocata per la prima volta nella partita Bilguer – Bledow del 1841.4. Axd5 Cf6 5. Cc3 Ab4 6. Cf3 O-O 7. O-O Cxd5 8. Cxd5 Ad6 9. d4 g5 10. Cxg5 Dxg5 11. e5 Ah3 12. Rf2 Axe5 13. dxe5 c6 14. Axf4 Dg7 15. Cf6+ Rh8 16. Dh5 Td8 17. Dxh3 Ca6 18 Tf3 Dg6 19. Tc1 Rg7 20. Tg3 Rh8 21. Dh6# (oppure Ah6 #) (1-0).
David Bronstein
David Bronstein (1924 – 2006) è stato un brillante maestro di tattica e uno dei più forti giocatori di blitz del mondo che ha affascinato generazioni di giocatori di scacchi assieme ai grandi giocatori Keres, Tal e Spassky. David Bronstein è diventato famoso poiché, come già Carl Schlechter contro Lasker nel 1910 e Vasily Smyslov contro Botvinnik nel 1954, aveva pareggiato il Campionato del mondo del 1951 contro Michail Botvinnik [18]. Seguiamo il suo intervento alla Conferenza “Scacchi al Computer tenutasi a Maastricht nel 1996. “I computer hanno ormai raggiunto un livello di intelligenza tale da procurare serie difficoltà ai grandi maestri. Si crede che il computer sia uno scacchista di grande forza, ma in realtà è molto di più: nelle prime mosse d’apertura e in molti finali si deve affrontare un super grande maestro. Nel confronto con un computer non tento nemmeno di calcolare le varianti, poiché sarei ben presto sopraffatto, ma cerco una mossa utile alla mia posizione. I grandi maestri non giocano per singole mosse, ma per singoli piani di gioco che coinvolgano il maggior numero di pezzi possibile, facendoli cooperare efficacemente. L’intuito e l’esperienza mi hanno insegnato che, per quanto il computer calcoli migliaia di varianti, non è sempre detto che scelga la variante migliore. Questo perché il risultato dei suoi calcoli non è mai l’equivalente di un piano accurato. Vorrei concludere sottolineando la mia convinzione che il cervello umano sia ancora uno strumento più efficace dei più potenti calcolatori moderni, poiché si affida all’intuizione.”
Bronstein – Deep Thought II, Palo Alto 1992
1.e4 c5 2. b4 cxb4 – Il Gambetto d’ala siciliano.
3. a3 d5 4. exd5 Dxd5 5. Cf3 Ag4 6. Axb4 De4+ 7. Ae2 Axf3 8. gxf3 Dxb4 9. Ca3 Da5 10. Ab2 Cc6 11. c4 Dg5 12. Db3 0-0-0 13. d4 Dg2 14. 0-0-0 Dxf2 15. d5 Ca5 16. Db5 De3+ 17. Rb1 Dxe2 18. Dxa5 a6 19. The1 Df2 20. c5 Cf6 21. Ae5 Cxd5 22. Cc4 Dxe1 23. Txe1 f6 24. Cb6+ Cxb6 25. Dxb6. (1-0)
Garry Kasparov
Garry Kasparov (Baku, 1963), è stato considerato il più grande giocatore di scacchi di tutti i tempi. E’ stato il numero uno del mondo quasi continuamente dal 1986 fino al suo ritiro nel 2005 con il più alto rating (2851) del suo tempo e il maggior numero di Chess Oscars. Kasparov è diventato Campione del mondo nel 1985, a 22 anni, dopo aver sconfitto Karpov e ha mantenuto il titolo ufficiale nell’ambito della FIDE fino al 1993, quando ha fondato un’organizzazione rivale, The Professional Chess Association. All’interno di questa associazione di giocatori professionisti, è stato Campione del mondo fino alla sua sconfitta ad opera del suo allievo Vladimir Kramnik nel 2000.
Kasparov è stato il primo Campione del mondo a perdere un match con un computer – Deep Blue – nell’anno 1997.
Nel 1996 la casa IBM aveva proposto a Kasparov un match di 6 partite contro il computer Deep Blue. Kasparov era riuscito a battere il computer (4 a 2), ma aveva perso la partita d’esordio in modo clamoroso.
Deep Blue – Kasparov, Philadelphia 1996
Nel diagramma è presentata la posizione finale dopo la mossa 37. Txh7+ di Deep Blue nella prima partita del match.
Dopo 37…Rg6 sarebbe seguito 38. Dg8+ Rf5 39. Cxf3 e il Nero non avrebbe avuto difesa contro le minacce simultanee 40. CxT e 40. Dd5+. (1-0)
Così il 10 febbraio 1996 Deep Blue era entrato nella storia degli scacchi come il primo computer ad aver battuto un Campione del mondo in una partita giocata con tempi regolamentari. La nuova sfida di Deep Blue nel 1997 era cominciata con una bella vittoria di Kasparov [18].
Kasparov – Deep Blue, New York, 1997
1.Cf3 d5 2. g3 Ag4 3. b3 Cd7 4. Ab2 e6 5. Ag2 Cgf6 6. 0-0 c6 7. d3 Ad6 8. Cbd2 0-0 9. h3 Ah5 10. e3 h6 11. De1 Da5 12. a3 Ac7 13. Ch4 g5 14. Chf3 e5 15. e4 Tfe8 16. Ch2 Db6 17. Dc1 a5 18. Te1 Ad6 19. Cdf1 dxe4 20. dxe4 Ac5 21. Ce3 Tad8 22. Chf1 g4 23. hxg4 Cxg4 24. f3 Cxe3 25. Cxe3 Ae7 26. Rh1 Ag5 27. Te2 a4 28. b4 f5 29. exf5 e4 30. f4 Axe2 31. fxg5 Ce5 32. g6 Af3 33. Ac3 Db5 34. Df1 DxD+ 35. TxD h5 36. Rg1 Rf8 37. Ah3 b5 38. Rf2 Rg7 39. g4 Rh6 40. Tg1 hxg4 41 Axg4 Axg4 42. Cxg4+ Cxg4 43.Txg4 Td5 44. f6 Td1 45. g7 (1-0)
Tuttavia, nel maggio del 1997, Deep Blue si aggiudicava il match per 3 ½ a 2 ½ , entrando così definitivamente nella storia dell’informatica scacchistica.
L’ultima partita di Kasparov era stata un vero disastro e un coro di critiche si era levato per come Kasparov aveva condotto l’apertura [18].
Deep Blue – Kasparov, match 1997
1.e4 c6 2. d4 d5 3. Cc3 dxe4 4. Cxe4 Cd7 5. Cg5 Cgf6 6. Ad3 e6 7. N1f3 h6? – Anche se questa mossa è giocabile, è una scelta estremamente rischiosa nella partita decisiva del match.
8. Cxe6 – Adesso il Bianco ha un forte attacco.
8…De7 9. 0-0 fxe6 10. Ag6+ Rd8 11. Af4 b5 12. a4 Ab7 – L’ultima chance del Nero era 12…b5 per chiudere le linee sull’ala di Donna.
13. Te1 Cd5 14. Ag3 Rc8 – Il Re del Nero cerca invano di fuggire dalla zona pericolosa, poiché l’Alfiere del Bianco in g3 chiude ogni via di fuga.
15. Axb5 cxb5 16. Dd3 Ac6 17. Af5 exf5 18. Txe7 Axe7 19. c4 – Deep Blue va oltre il normale amore dei computer per il materiale, evitando 19. Dxf5 che avrebbe potuto permettere al Nero di consolidare la sua difesa. (1-0).
In realtà Deep Blue, nella versione del 1997, non era un normale calcolatore elettronico, bensì un supercomputer costato alla IBM 5 miliardi di lire, in grado di calcolare un miliardo di mosse al secondo (!) ed era inoltre dotato di un immenso archivio di partite giocate nei più importanti tornei di ogni epoca e luogo.
Computer Cognitivi
L’ultima frontiera è rappresentata dal progetto di un computer cognitivo, una macchina in grado di ragionare come il cervello dell’uomo, grazie a reti neurali che possono imparare dall’esperienza. Questo computer potrebbe rappresentare una grande sfida per la soluzione di problemi tuttora insoluti, trovando un ordine, per ora invisibile, nella complessità del realtà. Questi computer rappresentano una nuova generazione di macchine che ben poco ha a che fare col computer tradizionale. Se quest’ultimo cercava di simulare i processi della mente, ora il computer cognitivo vuole andare oltre, simulando il funzionamento del cervello umano. Poiché i computer tradizionali hanno già raggiunto un livello di “intelligenza” tale da procurare serie difficoltà ai Grandi Maestri – come ha sottolineato Bronstein – ci possiamo chiedere quale livello di abilità questi supercomputer potranno raggiungere in futuro, dato che saranno in grado di imparare dall’esperienza. E non solo il mondo degli scacchi potrebbe essere rivoluzionato, ma anche la ricerca nella scienza, nei processi economici o nei fenomeni atmosferici.
La realizzazione di questi computer fa parte del progetto SyNapse elaborato dall’IBM e finanziato dal governo americano. Tale programma ha già fatto un primo passo concreto nella direzione della realizzazione di questa macchina – il computer cognitivo – in grado di ragionare come il cervello umano, grazie a reti neurali di sinapsi, che possono imparare dall’esperienza e dall’ambiente. Sappiamo che nel sistema nervoso una sinapsi è una giunzione che permette ai neuroni di trasmettere un segnale elettrico o chimico ad un’altra cellula (neurale o di altro tipo) e anche se il computer cognitivo è una macchina, che non contiene elementi biologici tipici del cervello umano, ha tuttavia un motore rivoluzionario. I suoi chips di calcolo neuro-sinaptico ricreano i fenomeni tra i neuroni basati su potenziali d’azione, che simulano gli impulsi nervosi, e le sinapsi dei sistemi biologici con algoritmi e circuiti digitali di silicio. Questi prototipi hanno, per così dire, un “nucleo pensante”, con cui si tenta di emulare il cervello umano nelle sue funzioni specifiche, cioè la capacità di apprendere e sviluppare nuova intelligenza.
Questa è la nuova frontiera hi-tech che unisce le grandi industrie e università americane più prestigiose, dal MIT ad Harvard, una sfida fondamentale che vuole risolvere i vari problemi dell’umanità e trovare un ordine, adesso invisibile, nella complessità del reale. I computer cognitivi presentano una differenza fondamentale rispetto al funzionamento dei computer tradizionali, che elaborano le informazioni in modo meccanico e sequenziale, un bit dopo l’altro, in base ad un programma predefinito (algoritmo). Il “chip neurale” va oltre l’algoritmo del computer tradizionale, essendo in grado di elaborare le informazioni in parallelo e di adattarsi all’ambiente, in modo simile a quanto fa il cervello degli uomini e degli animali. In fondo, l’apprendimento umano equivale a creare e rafforzare i collegamenti sinaptici tra le cellule del cervello. Le reti neurali dell’IA vengono considerate come modelli semplificati dei processi neurali del cervello, anche se la relazione tra questo modello e l’architettura del cervello biologica è molto dibattuta nella scienza, poiché non si sa ancora molto su come il cervello lavora. Non possiamo infatti ignorare lo scetticismo di filosofi e psicologi, che in più occasioni hanno segnalato come l’attività cerebrale non sia identificabile col pensiero, con la coscienza e la creatività umana.
Ad ogni modo, anche se la strada da percorrere è ancora lunga, resta il fatto che la posta in gioco è molto alta, potendo i futuri computer cognitivi forse rivoluzionare la scienza e la società. Questo supercomputer, che grazie agli algoritmi del proprio software può adattarsi all’ambiente circostante, imparando nuove funzioni, potrebbe forse trovare le leggi che governano i fenomeni atmosferici o economici. Le prossime crisi economiche e finanziarie potrebbero essere previste per tempo e contrastate. Ma sorge anche il sospetto che un tale sistema, veloce come un computer e intelligente come un uomo, se sfuggisse al controllo dei Governi, potrebbe anche essere utilizzato per future guerre planetarie. Questo spiega perché l’agenzia governativa di ricerca scientifica della Difesa americana Darpa (Defence Advanced Project Research Agency) continua a finanziare il programma SyNapse per vari milioni di dollari.
Il Gioco per corrispondenza
“Chess is the art of analysis”
Michail Botvinnik
Gli scacchi per corrispondenza sono una variante del gioco degli scacchi in cui si fa uso di un server. I giocatori con un tempo di riflessione di uno o più giorni per mossa possono fare analisi precise ed essere meno soggetti a sviste.
Alexander Alekhine
Il russo Alexandre Alekhine (Mosca, 1892 – Lisbona, 1946) quarto Campione del mondo è stato uno dei più grandi giocatori di scacchi di tutti i tempi. Alekhine era famoso per il suo stile d’attacco robusto ed immaginativo, unito a un grande talento posizionale e una notevole abilità nei finali. Noto scrittore e teorico, aveva introdotto nella teoria delle aperture la Difesa Alekhine. A partire dal 1902 si era dedicato al gioco per corrispondenza e nel 1906 aveva vinto un torneo sponsorizzato da Shakhmatnoe Obozrenie la sola rivista di scacchi del tempo.
Alekhine – Manko, 1905
Partita per corrispondenza
1.e4 e5 2. Cc3 Cc6 3. f4 exf4 4. Cf3 Cg-e7 5. Ae4 Cg6 6. d4 Ab4 – Last book move – 7. O-O Axc3 8. bxc3 O-O – Il Bianco ottiene la coppia degli Alfieri.
9. Ce1 [9. h4 Cxh4 10. Cxh4 Dxh4 11. Txf4 Dg3 (+=)]De7 10. De2 d6 11. Axf4 Cxf4 12. Txf4 Dg5 13. Dd2 Dh5 [13…Ca5 14. Ab3 (+=)]14. Tb1 [+-] 14…a6 15. Cf3 h6 [15…Ce7 16. Tf1 b5 17. Th4 (+=)]
16. Ch4 [16. Tf1 Ca5 17. Ad3 Ce6 (+-)]
16…Cd8 17. Cf5 Axef5 18. exf5 b5 19. Ab3 c6 20. h4 d5 21. Te1 f6 22. Te7 Cf7 ?? [22…Tf7 è la mossa di difesa corretta, 23. Te2 Td7 (+=)]
23. De1 (+-) Cg5 24. g4 , col seguito 24…Ch3+ 25. Rh2 De8 26. Txe8 Ta-e8 27. Te4 TxT 28. DxT Cf2 29. Df3 (+-). (1-0)
Paul Keres
Paul Keres (Narva, 1916 – Helsinki, 1975) è stato un grande maestro estone e un noto scrittore di scacchi. Negli anni 1930-1960 è sempre stato tra i primi giocatori del mondo e ha mancato la sua “chance” per un match mondiale in cinque occasioni. Nel 1938 era arrivato primo assieme a Fine nel torneo di AVRO, uno dei più forti tornei nella storia degli scacchi, se non addirittura il più forte. Paul Keres aveva iniziato la sua brillante carriera col gioco per corrispondenza, vincendo nel 1935 il Torneo Internazionale “Fernschachbund”.
Karu – Keres,1 931
Partita per corrispondenza
1.d4 d5 2. c4 e5 3. Cc3 exd4 – Il Controgambetto Albin.
4. Dxd4 Cc6 5. Dxd5 Ae6 6. Db5 a6 7. Da4 Ab4 8. Ad2 Axc4 9 a3 b5 10.Dc2 Cd4 11. De4+ Ae7 – Il Nero ha una posizione attiva. [Se 11…Ce7 12. Cf3 Cb3 =].
12. Cf3 c5 13. Tc1 Cf6 [-+]14. Db1 Dd6 15.Cxd4 Cxd4 16. Ce4 Cxe4 17. Dxe4 O-O 18. Af4 Dd8 19. Td1 Af6 20. Df3 Te8 21. b3 d3 22. e4 ? – [Terribile: se 22. bxc4 bxc4 23. e4 Da5+ 24. Ad2 Dxa3 25. Axb3 Dxb3 26. Dxd3 cxd3 27. f3 (-+)]
22.. Ac3+ 23. Ad2 Dd4 24. Axc3 Dxc3+ 25. Td2 Txe4+ !! 26. Dxe4 Dc1+ 27. Td1 d2 #
Per quanto mi riguarda, ho intrapreso quasi per caso il gioco per corrispondenza nel 2011, per il piacere di trovare sempre nuovi avversari distribuiti in tutto il mondo, con differenti stili di gioco e diversa forza. E’ tipico di questo gioco che, a causa dei diversi fusi orari, si hanno sempre mosse a cui rispondere, giorno e notte (!). Pur giocando a scacchi da diversi anni, il gioco per corrispondenza, oltre darmi nuove emozioni, mi ha anche fatto fare alcune “scoperte”. La prima è che si possono fare sviste (disattenzione, allucinazioni, cecità scacchistica) anche con molto tempo di riflessione a disposizione, oltre ad errori strategici e tattici. Ho inoltre notato che una profonda analisi della posizione è necessaria, specialmente nella prima fase della partita (prime 8-12 mosse), poiché gli avversari possono consultare monografie di aperture e scegliere varianti molto taglienti a cui diventa difficile rispondere adeguatamente. A partita conclusa, richiedo un’analisi della partita al forte computer di Chess.com e al programma Fritz 13 in modo da verificare la correttezza delle mosse, gli errori e le frequenti inesattezze. L’analisi delle mie partite mi ha rivelato che raramente esco dall’apertura in vantaggio e che spesso esco con un svantaggio che ammonta a circa un pedone (0.80-1.20), il che mi obbliga a recuperare nel centro partita e finale, dove sembro cavarmela meglio.
Nel seguito ho riportato un paio di mie partite per corrispondenza giocate nel 2012, con i commenti di Fritz 13 in parentesi quadre.
Daddy (2012 ) – IEP (1956)
Agosto 2012
Il Bianco, un giocatore statunitense, può catturare un Alfiere con un attacco dei pedoni d’arrocco, che però lasciano il suo Re piuttosto scoperto. Nonostante la perdita di materiale, che avevo previsto, ritenevo che la posizione del Re bianco non protetto dallo schermo dei pedoni d’arrocco (il Castello) dovesse darmi qualche compenso e l’iniziativa.
1.e4 d5 2. exf5 Dxd5 3. Cc3 Da5 – 4. Cf3 Cf6 5. d4 c6 – La Difesa Scandinava.
6. Ac4 Af5 7. O-O e6 8. Ad2 – Il Bianco ha una posizione attiva.
8…Db6 9. Ca4 Dc7 10. Ch4 Ag4 11. f3 Ah5 12. g4 Ag6 13. Ae2 Cbd7 14. f4 0-0-0 – Con la prossima mossa l’Alfiere dell’ala di Donna del Nero verrà catturato.
15. f5 Ad6 16. Tf2 [=] – Se il Bianco cattura l’Alfiere va in svantaggio, per esempio con 18. Ae3 Axh2+ 19. Rf1 Cdf6.
16… Ce4 17. Tg2 Cdf6 [=] 18. fxAg6 ? hxg6 19. Ae1 Cd5 20. Ad3 Ce3 [- +]
21. De2 Cxg2 – In questa posizione l’equilibrio materiale consiste di due pezzi del Bianco contro una Torre e Pedone (A+C vs. T+P) del Nero. Il Bianco ha un vantaggio di materiale, mentre il Nero ha il vantaggio di posizione, una maggiore mobilità dei suoi pezzi. Fritz 13 dà un lieve vantaggio al Nero.
22. Dxg2 Cg5 23. Cc5 Th7 24.Ce4 Cxe4 25. Axe4 Tdh8 26. Cf3 f5 27. Ad3 Axh2+ 28. Rf2? [28. Rf1 Th3 29. Af2 (-+)]
28… Af4 29. gxf5 gxf5 30. Ac4 De7 – Il Nero ora attacca del Nero con energia.
31. Df1 – Se 31. Rf1 “it’s curtains”, dopo 31…Th1+ 32. Rf2 T8h2 33. Dxh2 Txh2 34. Cxh2 Axh2 (-+)]
31…Th2+ 32 Cxh2 Txh2+ 33. Rf3 Dg5 34. Axe6+ Rd8 35. Axf5 DxA 36. Dg1 Ad2+ Rg3 Df4#.
Questa è stata una delle mie migliori partite nel quarto torneo, in cui ho avuto la soddisfazione di vincere contro un avversario “esperto”.
IEP (2003) – Mazura (1993)
Settembre 2012
1.d4 Cf6 2. Cf3 g6 3. Cbd2 d5 4. e3 Cc6 5. c3 Ah6 6. Ad3 0-0 – Il Sistema Colle.
7. 0-0 Dd6 [ 7…Te8 !? =] 8. e4 e5 9. exd5 Dxd5 10. Ac4 Dd7
11. Cxe5 Cxe5 12. dxe5 Cg4?? Come salvare la partita? [Se 12…Ch5 13.e6 !]
13…fxe6 [13…fxe6 14. Dxg4, adescamento e interferenza]
14. Dxg4 Axd2 15. Td1 – [15…Tf4 16. De2 De7 17. Axd2 Tf7 (+-)] (1-0)
Dopo aver subito nei precedenti tornei alcune sconfitte, in quest’ultimo torneo ho avuto la fortuna di battere rapidamente un altro avversario degli Stati Uniti.
Attualmente gioco di preferenza partite informali all’Accademia Scacchi di Milano, il club di scacchi che è ospitato nell’elegante Circolo Navigli nel centro della città.
L’immagine mostra uno scorcio del club con due giocatori in primo piano, intenti ad analizzare il centro partita. Nella foto sono stato ripreso durante una partita, in cui ero Bianco, giocata in uno di quei tiepidi pomeriggi di primavera che ogni tanto arrivano a Milano.
Considerazioni finali
In questo lavoro ho presentato i risultati di alcune ricerche dedicate all’attività mentale di giocatori impegnati in complesse attività come partite alla cieca e soluzioni di problemi e studi di scacchi. Queste ricerche sono efficaci e prolifiche poiché gli psicologi hanno concettualizzato gli scacchi come un modello ideale per stabilire come le informazioni vengano ricevute, trasformate e memorizzate nella nostra mente. Abbiamo così appreso che la realizzazione di elaboratori elettronici ha di fatto promosso studi e ricerche sul cervello di un computer fatto di atomi di silicio e sul cervello dell’uomo composto di neuroni biologici. Inoltre, recenti ricerche sui computer cognitivi, la cui realizzazione sembra possibile, ci ha introdotto nel dominio delle neuroscienze.
Un problema in relazione all’attività mentale e cerebrale dell’essere umano, e che affligge i giocatori di scacchi, è quello degli errori che continuamente si commettono nelle partite. Perché si sbaglia a scacchi? Gli errori che commettiamo sono principalmente di origine tecnica e psicologica. [2, 3, 7] Per esempio, per limitare gli errori e le sviste è consigliato di guardare sempre l’intera scacchiera e di avere una costante attenzione alla difesa della propria posizione e del Re
I grandi maestri Tarrasch, Lasker, Capablanca, Nimzowitsch e Euwe hanno indicato l’origine degli errori che sono dovuti a un’inadeguata preparazione tecnica e tattica e a un’insufficiente applicazione dei principi fondamentali degli scacchi. Questi problemi sono anche stati trattati nel libro del grande maestro Larry Evans.
Qui sono elencati e discussi i principali errori (sviluppo difettoso, ignoranza delle inchiodature, insufficiente sicurezza del Re, sottovalutazione delle minacce , attacchi prematuri, creazione di debolezze, errori di calcolo e disattenzione) che giocatori di qualunque forza più frequentemente commettono. Lo sforzo va fatto, ma è inutile illudersi più di tanto poiché “errare umanum est” e il tentativo di creare una partita perfetta, senza imprecisioni o errori è al di sopra delle capacità umane. E’ inutile persistere nell’illusione della perfezione sul campo di battaglia degli scacchi. Negli scacchi, come nella vita, è molto meglio guardare i propri errori in modo critico, tracciarne le caratteristiche, catalogarli e tentare di limitarne il numero. Questo destino non ha risparmiato neppure i più grandi. Non esiste giocatore che non abbia sperimentato l’amaro sapore della sconfitta. Anche l’invincibile Capablanca, soggetto per alcuni anni all’incantesimo di non poter perdere neppure una partita, è stato brutalmente riportato dalla sua dreamland nel mondo reale e ha dovuto smettere di illudersi sulla sua realtà di giocatore invincibile. Lasker ha scritto: “La vita di un chess master è la vita di un lottatore, un vita piena di alti e bassi”… anche quella di un giocatore di club.
Note al testo
1.La mente che si applica nel gioco degli scacchi è perfino più importante dello stesso giocatore. Questa mente non è solo di interesse per il giocatore, ma anche per ogni filosofo o psicologo che sia interessato al background intellettuale della presente epoca.
2. Gerald Abrahams (1907 – 1980) è stato un forte giocatore britannico arrivato terzo al torneo di Hastings 1933, dopo Mir Sultan Khan e T. H. Tylor.. Era anche un forte giocatore alla cieca e autore di importanti trattati: Teach yourself Chess (1948), The Chess Mind (1951) e Technique in Chess (1961).
3. Nel 1950, la scrittrice americana Frances Parkinson Keyes (1885 – 1970) aveva acquistato nel quartiere francese di New Orleans la storica Beauregard House, dove Paul Morphy aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Il suo interesse per la vita del famoso maestro è diventato in seguito il soggetto del suo romanzo The Chess Players.
Bibliografia
[1] Alfred Binet: «Psychologie des grands Calculateurs et Joueurs d’Echecs», Hachette, Paris 1894, 1 vol. VIII-364 p. 205-361
[2] Adrian de Groot, “Thought and Choice in Chess”, Mouton, The Hague 1965
[3] W. R. Hartston and P. C. Watson, “The Psychology of Chess”, Facts on File, New York 1983
[4] P. Nichelli, J. Grafman, P. Pietrini, D. Alway, J. C. Carton, R. Miletich: “Brain activity during chess playing”, Nature, vol. 369, 1994
[5] Garry Kasparov, “How Life imitates Chess” Arrow Books, London, 2007
[6] David Shenk, “Il gioco immortale”, Mondadori, Milano 2008
[7] Ivano E. Pollini, “Il Ruolo della Psicologia negli Scacchi”, Accademia Scacchi Milano e SoloScacchi 2010
[8] Gerald Abrahams, “The Chess Mind”, Penguin Book, London 1951
[9] Jan Kalendovsky, “Reti, poesia del paradosso”, Prisma Editori, Roma 2003
[10] Juraj Nikolac, “L’héritage de Philidor”, Olibris, Montpellier 2006
[11] Philip W. Sergeant: “Morphy’s Chess of Games”, Dover Publications, New York 1957
[12] Frances Parkinson Keyes: “The Chess Players”, London 1961
[13] P. W. Sergeant and W. H. Watts: “Pillsbury’s Chess Career”, Dover, New York 1966.
[14] G. Barcza, L. Alfoldy e J. Kapu : “Les Champions du Monde du Jeu d’Echecs”, Bernard Grasset, Paris 1984
[15] Jose’ R. Capablanca: “Il Primo Libro degli Scacchi”, Mursia, Milano 1998
[16] Roger Penrose : “La mente nuova dell’ Imperatore”, BUR Scienza 2000
[17] David Bronstein e Tom Furstenberg, “L’Apprendista Stregone”, Caissa Editore, Roma 2003
[18] Raymond Keene: “Chess Terminators: The rise of the machines from Deep Blue to Hydra”, Hardinge Simpole Publishing, Devon England 2005
Ivano Pollini, eminente studioso di varie discipline che oltrepassano la pura ricerca accademica, scacchista intelligente e curioso, ci ha omaggiato in questi anni di suoi scrupolosi lavori che in molti hanno avuto il piacere di leggere e apprezzare. Me per primo, laddove posso dire che alla consueta lettura degli articoli che ci vengono proposti e ai commenti che propongo, nel caso dei lavori di Ivano Pollini si aggiunge il gusto della lettura erudita e non scontata.
In questo saggio articolato, Ivano Pollini restituisce una panoramica piuttosto dettagliata sul gioco degli scacchi nelle sue molteplici sfaccettature e connessioni. E questa capacità multiforme e proteiforme del lavoro consente a ciascuno di trarre il proprio giudizio su argomenti e tematiche anche di grande interesse, per quanto anche di una certa difficoltà. Ma il pregio principale del lavoro è proprio quello di riuscire a non lasciar mai che il lettore possa perdersi nella mole di diramazioni che potrebbero prendersi. E in questo rigore, dunque, oltre che nell’estrema capacità di selezione degli argomenti, ritroviamo tutta la profondità di un testo non banale. E, quindi, raro.
A most illuminating article. Congratulations both to the author and to Scuola Filosofica for publishing it
Credo che sia interessante spiegare la genesi dell’articolo.
Inizialmente ero stato interessato solo al tema “Uomo contro Computer” in relazione alle sfide a Kasparov.
Poi mi aveva colpito il progetto sul “Computer Cognitivo” che mi aveva avvicinato al tema “Mente-Cervello” e reti neurali.
Infine il “Gioco per corrispondenza” mi aveva dato una visuale un po’ diversa rispetto alla precedente, per esempio nel “Fascino degli scacchi”, per cui mi sono deciso di scrivere un articolo che riuniva questi miei tre interessi nella nuova ottica.
Spero che possa piacere ai potenziali lettori di Scuola filosofica, e soprattutto che la trattazione sia chiara.
Un grazie Scuola filosofica.
Per curiosita Ivano, dove hai trovato le informazioni sugli scacchi arabi,
che se ben ricordo non erano trattati ne “Il fascino degli scacchi”?
Noto con grande piacere che aumenti gradualmente le tue conoscenze,
quello che in Giappone chiamano “kaizen” 🙂
Come si suol dire: “L’opinione è la verita in formazione”. Caro Armando…mi arrabatto…Ciao