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Consigliamo – Storia Romana Parte II – a cura di Francesco W. Pili
1.1 Breve contestualizzazione storica: Costantino (306 – 337 d.C.)[i]
Costantino fu senz’altro uno dei personaggi più importanti della storia romana e della storia dell’Occidente. Il periodo che inizia con Costantino e finisce con Giustiniano fu un particolarmente travagliato ma anche fonte di uno spiccato e forte rinnovamento. Anche se il senato non ha più alcun tipo di potere reale e le magistrature non hanno più alcuna capacità decisionale, nascono nuove figure e istituzioni che le sostituiranno.
Costantino condusse per alcuni anni una politica molto prudente proseguendo l’opera del suo predecessore, cercando però di snellire l’apparato burocratico. Il momento più importante di questo momento storico fu nel 312 d.C.: Costantino sconfisse nella battaglia di Ponte Milvio sul Tevere, Massenzio e la vittoria venne rivendicata nel segno di Cristo, una rivendicazione tutta politica (come attesta Peter Brown). Pur tuttavia ciò segnò un momento fondamentale della storia dell’Occidente che, da questo momento in poi, verrà dominato dalla religione cristiana.
Costantino fu il primo Imperatore che dichiarava di aver abbandonato il paganesimo per il cristianesimo e questo fu un evento di portata rivoluzionaria perché significò il riconoscimento delle strutture della Chiesa con quelle dello Stato: Costantino, come dice il Brown, è un Imperatore Romano in senso forte, il cui culto dello Stato e della sua preminenza impose questa decisione di estrema realpolitik, che testimoniava l’ormai centrale importanza istituzionale e politica del cristianesimo all’interno dell’Impero.
Nel 313 d.C., con l’editto di Milano, veniva proclamata la neutralità dell’Impero, rispetto a qualsiasi fede. Così si ebbe un unificazione dei culti presenti all’interno dell’Impero: con Costantino era presente un forte sincretismo religioso.
Tra le azioni di maggior rilievo della politica di Costantino ci fu la rifondazione nel 324 d.C. di Bisanzio che venne inaugurata ufficialmente nel 330 d.C. e Bisanzio, che prese il nome di Costantinopoli, si dotò di tutte le strutture che nel tempo aveva avuto Roma: attuò una nuova riforma monetaria con la creazione del solidus aureo e della siliqua d’argento. Nel 324 d.C. ci fu il concilio di Nicea che condannava tutte le ramificazioni del cristianesimo, che prendevano spunto dalle idee di Ario. La morte arrivò per Costantino nel 337 d.C., presso la sua abitazione di Nicomedia.
Anche dal punto di vista letterario questo fu un periodo di grande rinascita culturale: dapprima le riforme di Diocleziano, poi le scelte economiche e politiche di Costantino, con grandi vittorie sul campo militare, sono tutti elementi che favorirono una sorprendere ripresa culturale ed una produzione letteraria fra le più imponenti della storia del mondo romano. La Chiesa cristiana, oramai legittimata e sostenuta dal potere statale, aveva assunto la rappresentanza di ampi settori popolari e di fatto diede allo stato figure come quella del vescovo che ascendeva nel prestigio e autorità e si situava nei territori urbani già configurati dall’impero.
1.2 Eresie e scuole di pensiero
Se abbiamo visto come fossero numerose le persecuzioni contro i cristiani, in questo articolo analizzeremo invece le numerose persecuzioni che i cristiani attuarono contro chi non si convertiva, ovvero i pagani, e contro chi professasse il cristianesimo in maniera ereticale: è questo infatti il periodo delle cosiddette “grandi eresie“.
L’eresia di Ario: Ario era un prete di Alessandria che aveva vissuto nella prima metà del secolo. Secondo Ario, Cristo non si poteva considerare il “Dio Padre” senza non introdurre nella religione cristiana simbologie politeiste: la religione cristiana della Chiesa invece professava l’uguaglianza fra Dio padre e Cristo. Ario fu seguito nell’Oriente.
L’eresia manichea è di origini più antiche e il nome di questa deriva da Mani, il capo dei cosiddetti Manichei, che credevano nell’esistenza di due principi contrapposti: il bene e il male in eterna lotta fra loro erano i principi ultimi della realtà. Il dualismo delle due forze ordinatrici del mondo interpretava l’esistenza di Dio come forza mediatrice.
L’eresia di Priscilliano fu di breve durata ed estesa nella provincia spagnola: la fonte che ci tramanda informazioni a riguardo è il Chronicorum libri di Sulpicio Severo. Questa setta affine alla mistica manichea, non trovò molti seguaci all’interno della stessa Spagna.
L’eresia di Pelagio è un po’ più complessa rispetto alle altre e merita qualche parola in più: si sviluppò nella prima del V secolo d.C.. Al pensiero di Pelagio si oppose e confrontò il pensiero di uno dei padri della chiesa, Sant’Agostino. Pelagio era un monaco di origine britannica, attivo a Roma all’inizio del V secolo: qui ebbe modo di avere influssi e riflessioni teologiche grazie anche a Paolino da Nola. Egli stesso scrisse diverse opere, di cui ci sono pervenute una epistola, un libello e dei commenti alle Lettere di San Paolo. Il De libero arbitrio, la sua opera principale, è andata perduta. Pelagio affermava che le opere buone e l’onestà possono da sole condurre alla salvezza dell’anima e quindi l’uomo può così ottenere la vita eterna in Paradiso per merito delle sue sole forze. La grazia divina nell’eresia di Pelagio assume un ruolo relativo, mentre ascende il peso dell’azione umana rivalutando il ruolo del Cristo come mediatore di salvezza tra Dio e l’uomo. Pelagio ebbe tuttavia un grande seguito: la sua interpretazione, definita eretica, fu una delle correnti che si mantenne in vita più a lungo e la sua memoria fu conservata nell’arco dei successivi secoli.
1.3 Storia e letteratura del periodo romano del tardo impero
Nel frattempo sempre più forte si faceva la spinta nel limes romano da parte dei barbari: vere e proprie orde di popolazioni semi-nomadi di combattenti facevano sempre più pressione verso le legioni di Roma, a loro volta sempre più abbandonante dal sistema centrale, che andava sempre più disgregandosi. Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Alani, Suebi e altri popoli passarono le frontiere, dapprima integrati con la civiltà e la cultura romana, poi considerati come nemici invasori. Ci fu infatti presto un inserimento dei barbari nella gerarchia del potere politico e militare. I cosiddetti “sacchi di Roma” furono numerosi, rimase scolpito nella memoria quello del 410 d.C. per mano dei Visigoti, che segnò le coscienze dei romani: era infatti questa considerata dai più come la fine di un mondo su cui si erano fondati solidi principi e valori su cui avevano fondato un esistenza. Molti, cristiani evidentemente, ne furono talmente colpiti che si chiesero se fosse raggiunta la fine del mondo, con le distruzioni profetizzate nell’Apocalisse: i cristiani non si capacitavano di come Dio avesse potuto creare un mondo così perfetto per poi farlo disgregare sotto la furia delle orde barbare.
In campo letterario, la scuola sopravvive alle incursioni: per la scuola passavano i figli dei senatori e i futuri burocrati. L’ideologia cristiana si introdusse in essa in modo capillare. Un imperatore chiamato Giuliano l’Apostata (361-363 d.C.) tentò invano di restaurare la religione tradizionale, proibendo ai maestri cristiani l’insegnamento nelle scuole, imponendo la sola lettura di testi di autori pagani. Tuttavia, si trattò di un fallimento a lungo termine.
Tra le opere più significative di questo periodo ricordiamo quelle di Flavio Sosipatro Carisio grammatico, scrittore di un Ars Grammatica, e ancora altri due grammatici, sempre autori di un Ars Grammatica, chiamati Diomede e Dositeo.
Nonio Marcello fu autore della più grande opera enciclopedica mai scritta fino ad allora: era un africano di epoca costantiniana probabilmente. Scrisse il De compendiosa doctrina in venti libri, differenti l’uno dall’altro per la grandezza (l’ultimo libro è composto di una solo pagina). In quest’opera sono sottolineati gli interessi linguistici dell’autore, nonché una propensione verso l’antiquaria. Ancora, ad esempio, la prima parte del De compendiosa è organizzata secondo una successione di lemmi e di citazioni di autori antichi, di cui ne spiega il significato o l’uso in particolari situazioni dialettiche. Nonio è stato quindi molto importante per gli studiosi della letteratura latina, in quanto è stato grazie a lui, che ci sono giunte varie attestazioni e fonti degli autori antichi. Per citare il Conte, ogni studioso di frammenti di età latina arcaica deve essere anche, nello stesso tempo, uno studioso di Nonio Marcello.
Sulla scia dell’opera di Nonio Marcello, un grammatico, ci sono i cosiddetti commentatori, che non si limitavano a scrivere opere di grammatica, ma stendevano anche commenti dei classici. Elio Donato fu il maggior grammatico del IV secolo d.C. e scrisse un Ars minor elementare per descrivere le otto parti del discorso, e un Ars maior più complessa per gli studi di stilistica e metrica. Questi due testi furono i principali che fino al medioevo servirono ai giovani a imparare la lingua latina. Donato scrisse, inoltre, un commento alla vita di Virgilio e un commento (giuntoci in forma frammentaria) sulla vita di Terenzio.
Servio fu anch’esso un importante autore di un commento alla vita di Virgilio: possediamo due edizioni di questo commentario, una più ampia rinvenuta nel 1600 da Pierre Daniel, un umanista francese. In entrambe le edizioni è comunque presente un grande spazio riservato all’esegesi virgiliana.
Accanto alla scuola di grammatica, era anche fiorente la scuola di retorica, che corrispondeva all’insegnamento secondario e superiore. Anche per questa materia furono scritti naturalmente numerosi manuali. Macrobio fu probabilmente un retore africano che la cui vita fu al centro delle cerchie della vita romana, all’interno della quale ebbe una importante carriera politica. La sua opera principale intitolata Saturnalia, fu composta tra il 384 e il 395 d.C.: la datazione della sua biografia è ancora dibattuta dagli studiosi. Macrobio non era un cristiano e fu, anzi, una delle ultime voci del paganesimo che ritroviamo forte nella sua opera sopracitata, i Saturnalia: quest’opera è trattata sotto forma di dialogo all’inizio fra Decio e Postumiano. Essi narrano, all’interno di una cornice conviviale composta da banchetti e festeggiamenti, la società pagana all’interno di Roma. Nel sereno ambiente di dotti che ci viene presentato dominano le questioni sulla presenza e sull’eredità della cultura classica, intesa non solo come tradizione poetica, ma soprattutto come tradizione religiosa.
Collegata con il mondo della scuola e della cultura retorica è anche l’oratoria: si tratta di un preciso genere letterario non nuovo, che prende il nome di Panegirica. I panegirici erano delle collezioni di discorsi utilizzati come strumento di propaganda di qualsiasi possibile oggetto di interesse: fra i panegiristi più importante ricordiamo Eumenio che scrisse il Pro instaurandis scholis, discorso nel quale Eumenio descrive al governatore della Gallia Lugdunense le devastazione che avevano afflitto l’Impero nel III secolo. Ma il panegirista più importante è senz’altro Simmaco.
Quinto Aurelio Simmaco nacque da una famiglia nobile fra il 340 e il 345 d.C. e grazie all’influenza del padre (senatore) ebbe una carriera politica rapida e fortunata: fu proconsole in Africa e soprattutto prefetto di Roma dal 383 al 385 d.C.. Dei molti discorsi che compose e che lo resero famoso ci sono pervenute soltanto otto orazioni, non senza diverse lacune. Meglio conservate sono state invece le Lettere dove sono contenute oltre 900 epistole. Le Relazioni sono lettere ufficiali inviate agli imperatori durante il periodo della sua prefettura. Simmaco veniva considerato da parte dei filologi antichi il più grande oratore di tutti i tempi, tuttavia i moderni l’hanno dovuto rivalutare per via della lacunosità delle fonti che ci sono giunte. Lo stile dell’opera di Simmaco è per lo più gradevole, tendente ad una certa brevitas che Simmaco traccia come principale segnale di qualità di una lettera. Il linguaggio ricercato e ricco di arcaismi è improntato sullo stile di Frontone.
Affianco alle scuole di retorica, grammatica e oratoria sopra analizzate, abbiamo anche delle scuole minori: per esempio quelle delle discipline scientifiche. Dalla medicina alla veterinaria, dall’agraria alla geografia, numerosi trattati vengono redatti in questo periodo. La Medicina Plinii, tomo redatto da tre volumi che rielaborano materiale tratto dalla Naturalis historia, è un’opera dove sono contenuti tanti trattatelli autonomi che senz’altro aiutavano i medici del tempo nello svolgere la loro professione. Per la veterinaria Pelagonio (IV-V secolo d.C.) scrisse un trattato sulle malattie dei cavalli, mentre Vegezio scrisse la Mulomedicina, un trattato che mischiava le nozioni veterinarie con quelle di arte bellica: i cavalli erano infatti fondamentali per gli eserciti tardo antichi. All’agraria appartengono i quattordici libri dell’Opus agriculturae di Palladio Rutilio Tauro Emiliano, mentre per ciò che concerne la geografia ricordiamo Vibio Sequestre, autore del De fluminibus fonti bus lacubus nemoribus paludi bus monitubus genti bus per litteras: questo era un elenco alfabetico di informazioni tratte dai poeti, soprattutto da Virgilio e Lucano. In quello stesso periodo (dal IV al VI secolo) vengono redatte anche le prime cartine geografiche di un qualche rilievo, che va oltre il folklore.
[i] Tratto da www.scuolafilosofica.com/1461/storia-romana-iii-la-fase-imperiale-da-augusto-a-costantino
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