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Consigliamo Cicerone e Percorso di letteratura latina
L’inizio della prima età imperiale è prende avvio dalla morte di Mecenate e dalla fine del cosiddetto “mecenatismo”. Gaio Cilnio Mecenate aveva istituito una sorta di circolo, simile a quello degli Scipioni, con la differenza che, di fatto, loro disponevano dei pieni poteri durante tutto il principato di Augusto, instaurando una forma di egemonia culturale nel cuore di Roma. Per citare il Conte, si crea un “Ministero della propaganda” che gestiva tutte le produzioni artistiche, le passava al vaglio e le autocensurava, ridimensionando decisamente il principio di autodeterminazione dell’arte e della singola libertas.
Si ebbero particolari problemi già a partire dai principati di Tiberio e Claudio: il primo non si preoccupò affatto di sviluppare un programma culturale come quello di Augusto, tanto che vedrà svilupparsi una storiografia antitiberina specialmente da esponenti storici come Cremuzio Cordo che, messo alle strette dal regime, dovette suicidarsi nel 25 d.C.. Durante il principato di Claudio la situazione fu di maggiore favore per gli artisti: Claudio stesso si fregiava di essere un erudito e ci viene tramandato che fu autore di diverse opere storiche.
È durante il principato di Nerone che abbiamo una ripresa delle politiche culturali e del mecenatismo: sicuramente forte fu l’influenza del suo maestro, Seneca. Di questa nuova fioritura letteraria ci sono giunti modesti frammenti fra cui la cosiddetta Iliade Latina o la poesia bucolica di Calpurnio Sicurlo, dai quali si captano certamente degli influssi virgiliani. Nerone sappiamo che promosse in vario modo le attività artistiche: istituì delle tenzoni di poesia (i Neronia), che erano una gara quinquennale di canto, musica, poesia e oratoria, sullo stile dei giochi letterari già avuti nell’ambito della storia letteraria greca.
Questa “moda” delle gare di poesia verrà mantenuta e ampliata durante il principato dei Flavi: questo periodo imperiale è segnato dalla restaurazione morale e civile dell’ordine pubblico. Dal punto di vista letterario spiccano senz’altro la ripresa della poesia epica e l’innalzare la figura di Cicerone come esempio prosaico massimo. Vespasiano arrivò ad istituire persino delle cattedre di retorica, disciplina che sarebbe stata oggetto di studio da parte della nascente classe dirigente, cioè dai funzionari imperiali.
Durante l’età imperiale si ebbero importanti innovazioni anche nel campo teatrale: la pantomima fu un genere che acquisì sempre maggior successo; era una rappresentazione teatrale spesso drammatica in cui vedeva un attore cantare accompagnato dalla musica e accompagnato da un mimo mascherato che mimava le vicende narrate dal protagonista.
Un altro importante fenomeno pubblico culturale che si diffondeva nel periodo che stiamo analizzando erano senz’altro le declamazioni pubbliche. La declamatio era una pratica che la si affinava nelle scuole di retorica e abbiamo delle belle testimonianze da un’opera di Seneca il vecchio intitolata Oratorum et rhetorum sententiae divisiones colores. Quest’opera, frutto dei suoi ricordi di scuola, testimonia quel mutamento che si era contraddistinto dagli anni del principato augusteo fino al nuovo periodo imperiale che aveva portato alla progressiva scomparsa della libertà politica sull’attività retorica romana. Le declamationes allora cosa erano? Vista la mancanza di libertà oratoria, erano delle futili esercitazioni, che vertevano su temi e argomenti fittizi, che non andassero a intaccare dunque l’immagine della classe politica. Seneca il Vecchio ci spiega nella sua opera quali sono le declamazioni più in voga in quel periodo vale a dire le controversiae e le suasoriae. Le prime rientravano nel genere giudiziale ed erano dei dibattiti di cause fittizie, mentre le seconde erano dei dibattiti politici dove l’oratore narrava le gesta di un particolare personaggio storico e di come si prospettava di fronte a un intricato caso storico difficile. Queste declamazioni avevano uno scopo di intrattenere le persone e i colpi di scena e la spettacolarità di queste erano date dalla bravura dell’oratore e del suo esporre i fatti.
Un’altra forma di letteratura che si affianca alle declamationes, sono le recitationes. Esse consistevano nel teatralizzare un particolare brano letterario. Leggere per esempio le Bucoliche in una piazza e dare a tutti la possibilità di poterle ascoltare: ricordiamoci che la maggioranza delle persone non sapeva leggere e scrivere. Asinio Pollione fu senz’altro l’ideatore di questa attività culturale. Non tutti erano contenti di questa “invenzione”, infatti letterati come Giovenale, Persio e Petronio non mancarono di lanciare strali polemici contro le recitationes che per forza di cose portarono anche a una modifica delle nuove produzione letterarie, create ad hoc per una lettura in piazza. Il nuovo metro di valutazione non è più un’elite circoscritta come quella di un circolo di letterati, ma diventa l’applauso in piazza del popolo che ascoltava le storie. Fu proprio l’abbattimento del livello culturale a inasprire gli animi dei letterati contrari alle recitationes, come spesso accade in questi casi.
Bibliografia
Conte G.B., Profilo storico della letteratura latina, Le Monnier, Firenze, 2004.
Pili W., Caratteri letterari del periodo augusteo, www.scuolafilosofica.com, 2013,
Pili W., Storia romana III: da Augusto a Costantino, www.scuolafilosofica.com, 2013,
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