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Consigliamo Geopolitica e Geografia antica
Karl Ritter (Quendlinburg 1779 – Berlino 1859) è il primo dei geografi moderni il cui pensiero è inquadrabile in un’ottica di stampo determinista. Nelle sue opere (ricordiamo l’Erdekunde) cerca di analizzare spazi anche lontani rilevandone le caratteristiche fisiche presenti e quelle dei popoli che li abitano, cercando principi di causalità (A avviene perché B) e di estensione dei fenomeni osservati. Ma cosa fa di Ritter un geografo determinista?
Egli ritiene che i popoli sono condizionati dalla conformazione degli spazi che abitano, che poi sarebbero le regioni, i cui caratteri distintivi e peculiari sono quindi frutto di un’influenza ambientale. Il determinismo di Ritter, però, non ha i caratteri di un determinismo meccanicista, in quanto esso è espressione di una teleologia, che vorrebbe gli ambienti capaci di determinare gli aspetti dell’uomo che li abita; guidata da un intento divino e volta al perfezionamento dell’uomo. Inoltre, secondo il tedesco, questa fase di “formazione”, volta alla forgiatura dell’uomo perfetto, sia attestabile solo nelle popolazioni il cui sviluppo sia ancora a uno stadio primitivo, non permettendo quindi, a contrario di quanto avviene nelle società dell’Europa moderna, di liberarsi dal gioco costrittivo della Natura.
Se Ritter è, tutto considerato, un geografo determinista, lo è in misura minore di Friedrich Ratzel (Karlsruhe 1844- Starnberger 1904), al quale è riconosciuto d’essere uno dei fondatori della geografia umana (scrisse un’opera chiamata Antropogeographie), branca della geografia che tratta proprio del ruolo che l’ambiente/territorio svolge nella vita e formazione dei popoli, ruolo svolto, secondo Ratzel, con modalità affini a quelle che possiamo trovare nella teoria dell’evoluzione in cui l’ambiente svolge il ruolo di selettore.
Dovendo riassumere il concetto con un motto, in opposizione a quello possibilista di cui più avanti, si potrebbe dire che l’ambiente impone, l’uomo si adatta.
Eppure così come in Ritter, anche per Ratzel il determinismo non è da intendersi nell’accezione meccanicista del termine, come se dato un fattore ambientale A derivi necessariamente un fattore antropico B. Secondo Ratzel un popolo migrante si sposterà finché non troverà condizioni favorevoli allo sviluppo della propria società e cultura, e potrà quindi abitare l’area e stabilirvisi. Da qui poi i popoli potranno muoversi ancora, andando anche in aree lontane. L’analisi della storia diventa quindi fondamentale nell’analisi geografica, permettendo di seguire le migrazioni dei popoli e l’incontro tra società diverse. Come per Ritter, anche per Ratzel lo studio dei rapporti di causalità tra ambienti e popoli deve esser svolto nelle popolazioni ai primi stadi di sviluppo, ove essi saranno più sensibili alle manipolazioni degli influssi ambientali.
L’interesse per le migrazioni sarà inoltre collegato agli studi di Ratzel in geografia politica (Politische Geographie 1897), studi nei quali lo stato viene analizzato usando gli stessi criteri di stampo evoluzionistico già visti nell’antropogeografia. Affermerà che le migrazioni tendono storicamente ad avvenire da un clima freddo verso uno caldo, e che maggiore sarà l’area occupata da un popolo, maggiore sarà la sua potenza, in quanto l’espansione è espressione della forza dello stesso. Entrambe teorie sono confutabili analizzando l’esperienza dell’impero romano, che dapprima si espande tanto a nord quanto a sud, est ed ovest, e la cui caduta è imputabile tra l’altro alla difficoltà di sostenere un territorio vasto. Confutabili o meno, saranno queste le basi (al di fuori delle intenzioni di Ratzel) su cui si sostanzierà la teoria dello “spazio vitale” usata dalla propaganda nazista per giustificare le sue pretese sui territori europei.
Alla geografia determinista di scuola tedesca è consuetudine contrapporre quella possibilista di scuola francese, che ha il suo maggior esponente in Paul Vidal de la Blanche (Pézenas 1843- Tamaris 1918), capostipite di un indirizzo di studi che otterrà abbastanza seguito da aggiudicarsi il titolo di “classica”, estendo la sua influenza anche oltre la prima metà del ventesimo secolo. L’indirizzo possibilista nasce in una cornice, la Francia di fine diciannovesimo secolo, in cui si sviluppa la sociologia, campo nel quale è enorme il peso del successo dell’opera di Emile Durkheim (1858 – 1917). Il sociologo sosterrà che i fattori irrazionali, tanto quanto quelli razionali, contribuiscono allo svilupparsi di una società. L’ambiente forgiatore di Ratzel viene sostituito dai fatti socioculturali.
Per De la Blanche quindi, l’uomo sviluppa un dato genere di vita sì in rapporto all’ambiente, ma non a causa dell’ambiente in cui vive. L’equazione determinista si sfalda dinnanzi alla possibilità di scelta (da cui deriva il termine possibilismo individuato da Lucian Febvre nel 1949, nella sua opera La Terre et l’evolution humaine), scelta che rimanda a quello slancio vitale che Bergson predicava come antidoto alle necessità imposte dalla Natura. Quindi, all’uomo succube o comunque dipendente dall’ambiente, si oppone un uomo libero da catene e capace di scelta. Eppure, se in Ratzel sembra che l’uomo migrante “trovi” l’ambiente più adatto, e quindi lo cerchi e quindi in qualche modo lo scelga, perché, si potrebbe dire, “eppur egli viaggia!”, nel francese restano tracce di determinismo, in quanto nel tentativo di spiegare lo svilupparsi di un certo genre de vie in una regione, inevitabilmente si ricade nell’individuare i fattori ambientali che ne hanno permesso lo sviluppo. Permesso, tutta qui sta la differenza: d’altronde è solo frutto di una mistificatoria opinione del possibilismo come “reazione opposta” al determinismo il senso di delusa aspettativa nel trovare aspetti in comune tra i due indirizzi. La differenza, fondamentale, sta nella scelta: nel possibilismo l’uomo deve comunque agire all’interno dell’ambiente, nello spazio, ma dove nel determinismo egli è rilegato a una posizione passiva, nel possibilismo la natura propone, l’uomo dispone.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Costantino Caldo, Geografia umana, Palumbo, Palermo, 1996.
Fabrizio Bartaletti, Geografia generale, Bollati Boringhieri, Torino, 2006.
Pili W., La nascita della geografia moderna, www.scuolafilosofica.com, 2013, http://www.scuolafilosofica.com/2891/la-nascita-della-geografia-moderna-attraverso-il-pensiero-di-alexander-von-humboldt-e-carl-ritter
Pili W., Friederich Ratzel e la fondazione della geografia umana, www.scuolafilosofica.com, 2013 http://www.scuolafilosofica.com/2904/friederich-ratzel-e-la-fondazione-della-geografia-umana
http://it.wikipedia.org/wiki/Friedrich_Ratzel
http://it.wikipedia.org/wiki/Possibilismo_geografico
Ringraziamo il gentilissimo Andrea Corona per questo interessante articolo. Aggiungiamo che il controesempio dell’impero romano è senz’altro calzante e se ne possono aggiungere anche altri, come gli imperi cinesi e i regni alessandrini.
Una domanda che vuole essere una possibile curiosità da parte dei lettori. Il determinismo geografico è inteso solo di natura causale o si considera anche la possibilità di un determinismo culturale/sociale di tipo darwinista? Ad esempio, la migrazione dei popoli può essere il risultato di un processo adattivo di tipo culturale laddove le migrazioni si determinano per l’insuccesso da parte di una popolazione di aver mantenuto una certa regione contesa con un’altra (ad esempio le migrazioni degli ebrei che non sono riusciti ad integrarsi con le comunità locali)?
A proposito di sfiducia nella scuola credo che possa interessare la pagina dedicata a Victor Hugo sul sito personale di Gabriella Giudici di Perugia.
http://gabriellagiudici.it/tag/victor-hugo/
Cordiali saluti.
Francesco Introzzi
7, Lungo Stura XXIV Maggio
12100 Cuneo CN