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Negli ultimi decenni dell’800 la Francia aveva compiuto progressi sostanziali sulla strada della democrazia. Tuttavia le istituzioni repubblicane continuavano ad essere oggetto di contestazioni che spesso prendevano la forma di un esasperato nazionalismo tendente al bonapartismo: Napoleone non verrà mai dimenticato da nessuno, i francesi gli tributeranno sempre un posto importante nella loro memoria storica. Un esempio di questo forte nazionalismo fu evidente qualche anno prima con il cosiddetto caso Boulanger, in cui un generale in fama di repubblicano, Georges Boulanger, si mise a capo di un vasto ed eterogeneo movimento che invocava una riforma delle istituzioni in senso autoritario e antiparlamentare. Isolati episodi come questo furono frequenti, ma tutti venivano comunque ridimensionati nell’importanza. Altre volte le contestazioni arrivavano dal movimento clericale contro il laicismo della classe dirigente: fu proprio in Francia che nacque l’idea dello stato laico. Altre volte ci furono rivolte antisemite.
Negli ultimi anni dell’ottocento tutte queste correnti di opposizione sfociarono in uno dei più clamorosi casi di antisemitismo francese, il caso Dreyfus. Questo mise a dura prova la vita della Terza repubblica francese. Albert Dreyfus era un ufficiale ebreo condannato ai lavori forzati nel 1894 sull’Isola del diavolo, la più piccola e inospitale isola dell’arcipelago delle Isole du Salut nella Guyana francese (questa è l’ambientazione del film Papillon per i cinefili interessanti), con l’accusa di aver rilasciato preziose informazioni riservate sull’esercito francese all’ambasciata tedesca. Non tutti erano però convinti della giustizia di questa sentenza, elaborata e sostenuta dalla destra antisemita, in quanto sarebbe stata fondata su indizi falsi e inesistenti. Il colonnello Georges Piquart provò che il documento incriminato era di calligrafia del maggiore di fanteria Walsin Esterhazy, ma questi venne assolto nel 1898 con grandissimo scandalo. Il caso giudiziario si allargò ulteriormente quando sempre nel 1898, il celebre scrittore francese Emile Zola pubblicò un feroce atto di accusa intitolato “J’accuse!” scritto contro i tentativi messi in atto dallo Stato maggiore per nascondere la verità: fu in seguito processato e condannato per offese all’esercito, per questo scappò in Inghilterra e tornò solo in seguito a un’amnistia. In ogni caso la Francia si divise ancora di più in dreyfusiani (socialisti, radicali e una parte dei repubblicani moderati) e in antidreyfusiani (clericali, monarchici, nazionalisti di destra e non pochi moderati): il caso Dreyfus era a tutti gli effetti un caso politico. Nel 1899 giunti alla revisione del processo, venne confermata la sentenza e condannato dalla corte marziale. Albert Dreyfus fu graziato dal presidente della Repubblica Emile Loubet nel 1906 e da quell’anno la figura dello sfortunato generale ebreo fu rivalutata da tutti quelli che erano stati i suoi oppositori più acerrimi. La pubblicazione, ventitré anni dopo, delle memorie dell’addetto militare tedesco Schwartzkoppen confermò formalmente che la spia era proprio l’Esterhazy.
Tutta questa situazione legata all’affare Dreyfus portò alla vittoria all’elezioni del 1899 delle forze progressiste, che consentì la formazione di un governo di coalizione repubblicana: la Francia laica e repubblicana in questi anni si prese le sue rivincite su clericali e nazionalisti. Si portò avanti una forte epurazioni di tutti quegli ufficiali dell’esercito corrotti e coinvolti in associazioni di estrema destra; ci fu lo scioglimento di centinaio di congregazioni religiose e le relazioni diplomatiche con la santa sede furono definitivamente chiuse con la completa separazione fra stato e chiesa. Così ebbe modo sempre più di rafforzarsi il partito dei radicali. Il radicalismo indica la tendenza politica contraria al moderatismo: è una corrente di pensiero politico che tende alle innovazione profonde e decisive con misure per l’appunto radicali. Radicalismo e progressismo vanno di pari passo così come il moderatismo va a braccetto con il conservatorismo. Nei radicali, in senso ancora più stretto, entravano a far parte le correnti di sinistra del filone dei movimenti liberali e democratici. La ripresa dei moderati si ebbe nuovamente negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale. Analizziamo per questo la figura di Raimond Poincarè, eminente esponente del moderatismo.
Raimond Poincarè è stato un importente uomo politico francese. Nato nel 1860 a Bar-le-Duc, capoluogo del dipartimento della Mosa nella Francia settentrionale, ricevette una buona educazione; di buona famiglia, il padre era un distinto metereologo e il fratello sarebbe diventato un eminente fisico (Lucien Poincarè). Ebbe così modo di studiare presso l’università di Parigi nella facoltà di giurisprudenza. Entrato nell’ordine degli avvocati nel 1882, nel 1887 divenne per la prima volta deputato nelle schiere dei repubblicani-moderati di destra, che all’epoca tenevano la maggioranza delle camere. Diventò sei anni più tardi nel 1893 il più giovane ministro della Terza repubblica, con l’importante ministero dell’istruzione. Nel 1894 e nel 1895 fu invece ministro delle finanze. La sua brillante carriera politica lo portò nel 1903 a lasciare la Camera dei deputati per entrare a far parte in quello stesso anno del Senato fino al 1912. È infatti in quest’ultimo anno che divenne per la prima volta Primo ministro fino al 1914, anno in cui divenne addirittura Presidente della repubblica. In questi anni il dibattito politico, accantonati i temi delle riforme, si sarebbe concentrato ovviamente sul problema delle spese militari e del rafforzamento dell’esercito. Negli anni della prima guerra mondiale appoggiò il governo di Georges Clemenceau ribattezzato successivamente “l’uomo della vittoria”.
Nel 1919 durante il trattato di Versailles, fatto per stabilire i termini della pace in Europa, sostenne fortemente la tesi di dover penalizzare l’economia tedesca e soprattutto di dover disarmare quest’ultima in modo che ci fosse una pace più duratura: la Francia riottenne l’Alsazia e la Lorena (regioni oggi dove l’influenza tedesca è ancora molto forte) e riottenne i bacini carboniferi della Saar che però per quindici anni furono amministrati dalla nascente Società delle nazioni, futura ONU. Il trattato di Versailles prevedeva anche che il Belgio “riottenesse i distretti occupati, la Danimarca lo Schleswig settentrionale; la Polonia la Posnania e l’Alta Slesia. Danzica divenne città libera. La Germania, inoltre, perse le sue colonie e i suoi protettorati a vantaggio della Francia, della Gran Bretagna,del Giappone e del Belgio. L’Italia non ebbe compensi coloniali. Nel trattato venne inserito anche il divieto dell’unificazione tra Austria e Germania”[i].
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
http://www.britannica.com/EBchecked/topic/466263/Raymond-Poincare
Sabbatucci G., Vidotti V., Il mondo contemporaneo – Dal 1848 ad oggi, Laterza, 2004, Bari
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