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Consigliamo Biblioteconomia – Le cinque leggi di Ranganathan
La storia delle biblioteche in Italia rimane un argomento abbastanza complesso per via delle enormi diversità e tipologie che sussistono fra esse e che si sono susseguite nei decenni: per affrontare al meglio il percorso storico di queste è necessario prima fissare una catalogazione di tutte le varie tipologie presenti oggi in Italia, per poi arrivare ad analizzare come erano precedentemente strutturati i sistemi bibliotecari nazionali.
Oggi in Italia sono presenti sul territorio sei tipi di biblioteche, diverse per genere, suddivise a loro volta in biblioteche nazionali e in biblioteche di ente locale.
Le biblioteche nazionali sono istituti volti alla salvaguardia memoriale di tutta la editoria italiana amministrati da enti statali: esse fanno uso di uno specifico strumento normativo, detto deposito legale, che impone agli editori e/o tipografi l’obbligo di consegnare loro una copia di ogni pubblicazione uscita nel paese. Per esempio, è obbligo da parte del tipografo spedire ad almeno una biblioteca nazionale la tesi di un dottore di ricerca. Questa tipologia di biblioteca è molto importante, come detto, per la salvaguarda memoriale ed ha un ruolo specifico nella valorizzazione della cultura nazionale: questo istituto inoltre, è quello che ha maggiori contatti con l’esterno: nel secondo dopoguerra l’UNESCO diede vita al progetto denominato o UBC (Universal Bibliographic Control) o UAP (Universal Availability of Publications). Questo progetto appunto aveva/ha l’ideale (forse utopico) di poter tramandare tutto il sapere nazionale in ogni sua traccia scritta.
Le biblioteche pubbliche sono istituti di democrazia popolare amministrati da enti locali. Questa biblioteca è in netta antitesi con la tipologia precedentemente descritta: infatti, le biblioteche pubbliche sono caratterizzate sia dal profondo legame di servizio con le comunità locali che da un impegno preciso in merito alla diffusione del sapere attraverso la massima circolazione delle pubblicazioni ed il più libero accesso ad esse, come risposta ai bisogni di informazione e di cultura di livello generale. Questo tipo di biblioteca è l’evoluzione della public library di stampo inglese che analizzeremo nei successivi paragrafi.
Le biblioteche universitarie sono istituti mirati a docenti e studenti e amministrati direttamente dalle università stesse: esse sono le biblioteche di stampo più antico come quelle del 1600 e ancora prima del periodo alessandrino. Dal 1961 ci fu il riconoscimento del ruolo del bibliotecario dell’università come ruolo autonomo e di fatto questo riconoscimento segna un profondo cambiamento. Il fatto che ci fosse una persona addetta alla catalogazione di tutto il sistema librario dell’università è simbolo di sviluppo perché sottraeva la gestione del patrimonio bibliografico al personale docente o amministrativo. Dal 1989 la realizzazione dell’autonomia universitaria offriva il contesto normativo per un riconoscimento formale delle strutture bibliotecarie.
Le biblioteche scolastiche sono istituti mirati a docenti e studenti tesi al sussidio alla didattica e a una partecipazione più diretta, come ad esempio allo stimolare i giovani alla lettura e all’uso stesso delle biblioteche. Per questo motivo forse, fra tutte le biblioteche è la tipologia più importante. Esse sono amministrate direttamente dagli enti locali, ma a volte anche dagli enti statali.
Le biblioteche speciali sono istituti per particolari tipologie di utenti come ad esempio lo sono le biblioteche carcerarie o le biblioteche aziendali o industriali. Possono essere amministrate sia dagli enti locali che da quelli statali.
Le biblioteche importanti non specializzate sono istituti pubblici con patrimoni bibliografici di grande rilievo e di complessa stratificazione, frequentati da una ristretta cerchia di studiosi.
Come tanti problemi italiani, anche quello dell’amministrazione bibliotecaria è un problema che deriva dall’unità di Italia. Nel 1861 le biblioteche che furono oggetto di attenzione dal nuovo stato unitario sono quelle ancora oggi gestite centralmente dal MiBAC (Ministero per i Beni e le Attività culturali) proprio in quanto sono alimentate da finanziamenti governativi e formalmente destinate all’uso pubblico: sono queste le biblioteche nazionali o statali. Le biblioteche di enti locali nascono in Gran Bretagna con le public library (tipi di biblioteche che nacquero concretamente e concettualmente proprio in questo stato per poi imporsi come modello dominante negli stati europei e poi negli Stati Uniti); le biblioteche “dei comuni” furono quelle che ebbero una maggiore importanza su tutte perché passarono da essere una biblioteca aperta al pubblico a essere una biblioteca del pubblico. Dopo l’unificazione in Italia invece le biblioteche comunali furono pressoché abbandonate al loro destino e non finanziate. Nel 1908 nacque la Federazione italiana per le biblioteche popolari. In epoca fascista ci fu lo sviluppo del concetto della biblioteca per tutti (chiaramente all’epoca vista come biblioteca propagandistica). Nel secondo dopoguerra venne emanato il decreto di legge 393/1941: esso assicurava che ci fosse un servizio bibliotecario almeno in ogni capoluogo di provincia, laddove non fosse già presente una biblioteca governativa: è in questi anni dunque che nacque più chiaramente il concetto di public library già caro al Regno Unito e agli Stati uniti. Dal 1970 (quanto ritardo rispetto agli altri stati europei!) questo concetto si è sempre più radicato grazie al passaggio in mano di questi enti locali alle amministrazioni regionali ordinarie e speciali che hanno fatto in modo di attuare norme costituzionali in materia: molte biblioteche dunque nascono in questo periodo, soprattutto nei paesi. La biblioteca del mio paese natio, Sestu, è nata proprio nel 1971 grazie a delle leggi ad hoc. Le biblioteche scolastiche sono state a lungo confuse con le biblioteche popolari e tutt’oggi sono delle istituzioni sì esistenti, ma non ben identificate ad esempio dal fatto del ruolo del “bibliotecario scolastico” oggi giorno inesistente e sostituito dagli stessi docenti, che spesso non hanno le capacità adatte per farlo, facendo decadere di fatto il ruolo di quello che sarebbe un istituto di divulgazione culturale per i giovani studenti.
In ultima analisi il sistema bibliotecario nazionale italiano è cresciuto a piccoli blocchi stagni in un periodo di centocinquanta anni circa e tutt’oggi è ancora in movimento, creando non pochi disagi e regressi a livello strutturale a volte, soprattutto per la grande quantità di tipi di biblioteca che a loro volta si suddividono in diversi sottotipi: un esempio chiaro è quello delle biblioteche universitarie che spesso al loro interno sono divise in altre tre, quattro o più sottotipi di biblioteca. L’unico modo per uscire da questo stato di insufficienza e da questa incapacità del MiCAB (Ministero per i Beni e le Attività culturali) è creare un quadro che detti i principi generali per uno sviluppo coordinato e veramente integrato a livello nazionale. Oggi è in atto un progetto denominato SBN “servizio bibliotecario nazionale” nato con l’intento di individuare in termini di politica bibliotecaria le modalità di raccordo tra le diverse realtà bibliotecarie, con il fine di creare un catalogo unico attraverso il quale superare la frammentazione del patrimonio bibliografico italiano. Questi sono i principali punti del progetto di cui si fece promotrice Angela Vinay (Pavia, 9 giugno 1922 – Montichiari, 1990), celebre bibliotecaria:
- poter conoscere le risorse di tutte le biblioteche immediatamente ed in ogni momento;
- richiedere i documenti da una biblioteca all’altra immediatamente ed in ogni momento. Per esempio, devo avere la possibilità di chiedere alla mia bibliotecaria di Sestu, se nella biblioteca di Rovereto è presente una copia del raro volume delle Navigazioni di San Brendano e se non è disponibile neanche lì, dove poterlo trovare;
- catalogare una unità bibliografica una sola volta evitando duplicazioni di lavoro e garantendo la coerenza dell’intero catalogo;
- garantire lo strumento per avviare una politica di coordinamento degli acquisti e della conservazione;
- creare un archivio bibliografico nazionale.
“La costituzione dei primi poli e la realizzazione dell’Indice si è concretizzata nel corso degli anni ’80 dando vita ad una grande rete bibliotecaria, oggi rappresentata da 67 poli per 3637 biblioteche, in cui ogni realtà partecipante mette a disposizione delle altre i propri dati catalografici, i modo che essi possano essere semplicemente catturati, senza dovere essere ogni volta creati ex novo”[i] e inoltre si rende possibile il prestito interbibliotecario.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
http://anagrafe.iccu.sbn.it/opencms/opencms/-
http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/index.html/
http://www.librari.beniculturali.it/opencms/opencms/it/
http://culturaincifre.istat.it/classificazione_biblioteche.htm
Per ciò che concerne il progetto SBN, l’università di Pavia nell’insieme di tutte le sue facoltà di studi, ha aderito a questo progetto. Ecco il link di riferimento: http://siba.unipv.it/biblioteche/Prog_SBN_Car_Tec.php
http://it.wikipedia.org/wiki/Servizio_bibliotecario_nazionale
[i] Cap.1 paragrafo 4.5 “Il Servizio bibliotecario nazionale” da Granata G., Introduzione alla biblioteconomia, Il Mulino Itinerari, Bologna, 2009
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