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Consigliamo Storia della Geografia Antica e Friederich Ratzel
La prima descrizione del mondo conosciuto fu scritta nel VI-V secolo a.C. da Ecateo di Mileto, il quale suddivise la sua opera in due parti: Europa e Asia. Questa opera andava integrandosi ad una precedente rappresentazione della Terra vista da Anassimandro, oggi andata perduta. Molto probabilmente l’opera di Ecateo fu fonte di ispirazione letteraria e storica per l’opera più nota di Erodoto, vale a dire le Storie. Un grande merito di Ecateo fu quello di aver sfrondato del mito molte delle conoscenze del mondo antico: ad esempio nelle opere di Omero troviamo più volte citato un certo fiume Oceano, pieno frutto della fantasia dell’aedo greco; Ecateo si dilungherà a spiegare la sua inesistenza. Il geografo di Mileto fu il primo ad utilizzare il termine “delta” per indicare la fine di un fiume, citando quello del Nilo, dove era stanziata la popolazione egiziana.
Un’altra opera arcaica importantissima fu il Geografia di Eratostene di Cirene, vissuto probabilmente nel III-II secolo a.C.: esso viveva nell’ambiente culturale fertile e denso di storia proprio di Alessandria d’Egitto. Eratostene era infatti un celebre bibliotecario e in questa opera, composta in tre libri, descriveva le parti dell’ecumene e commenta un suo planisfero, suddiviso persino in paralleli e meridiani, rispettivamente otto e dieci; quest’ultima nozione si ispirava molto probabilmente alla carta del filosofo e del geografo Dicearco da Messina (IV secolo a.C.) sulla quale erano stati segnati per la prima volta un parallelo e un meridiano di riferimento che si incrociavano nell’isola di Rodi. Eratostene si impegnò persino di tracciare una stima approssimativa di quale potesse essere la misura circonferenziale della terra. Egli, sapendo che a Siene, l’attuale Assuan, nel solstizio d’estate gli oggetti non davano ombra in quanto il sole era in verticale, misurò l’angolo che i raggi solari facevano nello stesso giorno ad Alessandria, situata 5000 stadi a nord di Siene. Uno stadio egiziano valeva circa 157,5 metri. Questa differenza angolare risultò pari a 7° e 12’, cioè 1/50 dell’angolo giro e dell’intera circonferenza; dunque moltiplicò per 50 la distanza tra le due cittadine e valutò quindi in 252.000 la circonferenza terrestre, cioè 39.690 km, a fronte dei 40.009 km della lunghezza effettiva del circolo meridiano. Questo ci fa capire come l’epoca di fioritura della cultura alessandrina, sia l’epoca che più ci tramanda nozioni scientifiche importanti e veritiere, spazzate via in seguito dai tempi bui dell’alto medioevo, che renderà vane molte di quelle scoperte.
L’opera geografica più corposa dell’antichità è senza dubbio la Geografia scritta dal greco Strabone, studioso nato in Grecia ma vissuto a Roma, nato nel 58 a.C. e morto tra il 21 e il 25 d.C.. La sua opera suddivisa in 17 libri scritti in greco, tutti pervenutici ad eccezione del settimo libro, aveva lo scopo, non di misurare il globo e di studiare i fenomeni naturali, ma piuttosto di descrivere gli spazi della terra e del mare in cui si svolgevano le attività dell’uomo, cercando di stabilire un rapporto tra acqua portatrice di vita e uomo bisognoso di terre fertili e ricche di cibo, atte all’agricoltura, all’allevamento e alla caccia. L’opera di Strabone veniva letta da tutti gli strateghi militari che potevano attingere notizie sui popoli e sulle conformazioni territoriali che dovevano sottomettere al proprio dominio. Descriverà infatti minuziosamente nell’ordine l’Europa, l’Asia e l’Africa. Strabone, descrive se stesso come un uomo che ha molto viaggiato, come mai alcun altro cultore della materia:
« […] dall’Armenia verso occidente, fino alla Tirrenia di fronte alla Sardegna, e dal Ponto Eusino verso sud fino ai confini dell’Etiopia. Né può trovarsi altra persona, tra chi abbia scritto di geografia, che abbia viaggiato per distanze più lunghe di quanto io stesso non abbia fatto. […] » |
(Strabone. Geografia. ii. 5,11) |
È doveroso citare anche altre opere arcaiche, frutto dello studio di importanti geografi come ad esempio Pomponio Mela. Egli era originario di Algeciras, piccola cittadina della provincia iberica, e visse nel I secolo d.C.; è autore dell’opera geografica della letteratura latina più antica, il De chorographia, suddivisa in tre libri. Si tratta però di un’opera di divulgazione elementare che si sofferma nel descrivere le coste del Mediterraneo. Un altro importante geografo fu Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nativo di Como, che nella Naturalis historia, presenta un quadro generale di tutte le scienze naturali, la geologia moderna. I libri di mera geografia vanno dal terzo al sesto (dei totali 37), caratterizzati da sporadiche e aride descrizioni di tutte le coste mediterranee, tanto da ridursi quasi a un elenco di nomi. L’opera dell’ultimo grande geografo dell’antichità, Claudio Tolomeo (100-178 d.C.), studioso alessandrino, risale alla metà del II secolo d.C. ed è da identificare nell’Almagesto, ovvero una serie di leggi del sistema planetario geocentrico (visione del mondo questa che verrà sostenuta fino alle “eretiche” intuizioni di Galileo), e nell’Introduzione alla Geografia, opera scritta in otto libri, che per noi studiosi di geografia è molto più importante. Sono presenti in questi libri le caratteristiche geografiche del mondo conosciuto e le coordinate di circa 8000 località: un’opera di una certa importanza e mole. Inoltre in allegato all’opera erano presenti 27 carte, di cui la prima era un planisfero che rappresentava l’ecumene, ponendo all’estremità occidentale le Isole Fortunate (le attuali Canarie) e al limite settentrionale il parallelo di Thule (63° Nord). Per la lunghezza della circonferenza terrestre si basò sulle misurazioni, sbagliate del 30%, di Posidonio di Apamea. Tolomeo fu il “mentore” di Colombo e Magellano, i quali si ispirarono alle sue carte e ai suoi studi nei loro viaggi attorno al mondo e per le Americhe: fu proprio per il fatto che Tolomeo si basò su una grandezza del globo sbagliata, che i due navigatori credessero le Indie molto più vicine di quello che lo erano realmente. Tolomeo fu anche l’inventore delle proiezioni coniche coi paralleli rappresentati da circonferenze e i meridiani da rette convergenti al vertice. Le prime proiezioni cilindriche si devono invece a Marino di Tiro, mentre il concetto e il calcolo della longitudine sono da attribuire a Ipparco di Nicea, geografo fiorito nel II secolo a.C.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Bartaletti F., Geografia Teoria e prassi, Bollati Beringhieri, Torino, 2006
http://www.strabo.ca/texts.html
[…] http://www.scuolafilosofica.com/2282/storia-della-geografia-antica […]