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L’incoronazione della Vergine di Alessandro Bonvicini in una visione alchemica

File:Incoronazione della Vergine con i santi Michele Arcangelo, Giuseppe, Francesco e Nicola di Bari.jpg
Illustrazione 1: Alessandro Bonvicini detto il Moretto (1498-1554), l’Incoronazione della Vergine coi Santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele. Dipinto olio su tavola del 1534 esposto nella Chiesa dei Santi Nazaro e Celso di Brescia. Crediti: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Incoronazione_della_Vergine_con_i_santi_Michele_Arcangelo,_Giuseppe,_Francesco_e_Nicola_di_Bari.jpg

La Basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia

Entrando nella basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia e procedendo sul lato di sinistra della navata, a ridosso del secondo altare decorato in marmo, si ammira la pala del Moretto del 1534, L’Incoronazione della Vergine coi Santi  Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele (illustr. 3).

Quando la vidi per la prima volta ne fui fortemente impressionato.  L’Arcangelo Michele mi colpì particolarmente sembrandomi diverso dalle solite iconografie in cui compare con i paramenti da guerriero, con corazza, elmo, spada e munito della bilancia di giustizia. Perciò non mi aspettavo di vedere un San Michele vestito invece come se fosse una donna, tanto da mostrarsi tale persino nelle fattezze corporee in modo inequivocabile. Davvero surreale questa insolita rappresentazione!, la cui visione risale al 1969, allorché mi stabilii a Brescia proveniente da Caserta dopo il matrimonio.

Venni ad abitare a pochi passi dalla basilica dei SS. Nazaro e Celso e non passavano domeniche, in cui ero lì per la Messa senza che mi soffermassi sempre più ad ammirare quest’opera singolare, ma questo anche in altri giorni della settimana.

Intanto il mio pensiero ricorreva continuamente verso il San Michele nell’intento di fare degli studi. Quest’idea, destino volle che dovesse essere poi sviluppata, molti anni dopo, in modo particolare, e sia stato il Moretto stesso, chissà come, a indurmi a farla progredire, più di quanto avevo già posto in atto nel frattempo. Infatti nel 2004 con la famiglia ci siamo trasferiti in un’altra casa bresciana, non tanto distante da un’altra chiesa, e guarda caso qui c’è la tomba di Alessandro Bonvicini e molte sue opere. È la chiesa di San Clemente che si trova in fondo alla traversa omonima di via Cattaneo.

Qui sono esposte molte opere famose di Alessandro Bonvicini.

Un arcangelo Michele che disorienta

Illustrazione 2: Alessandro Bonvicini 1534. Partic. Incoronazione della Vergine coi Santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele. Crediti: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Incoronazione_della_Vergine_con_i_santi_Michele_Arcangelo,_Giuseppe,_Francesco_e_Nicola_di_Bari.jpg
Illustrazione 3: Guido Reni 1636. L’arcangelo Michele schiaccia Satana. Crediti: https://it.wikipedia.org/wiki/File:GuidoReni_MichaelDefeatsSatan.jpg

Osservando un particolare del dipinto di Alessandro Bonvicini detto il Moretto del 1534, dell’illustr. 1, la pala “Incoronazione della Vergine coi santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’arcangelo Michele”, si è disorientati, abituati a vederlo sempre come un fulgido guerriero che trafigge Satana, come si vede nell’illustr. 3, un’opera di Guido Reni del 1636.

Nel caso del Moretto si potrebbe intuire che nell’Arcangelo Michele, paragonato a Dio stesso, operi la Sua misericordia al punto di rivelarsi nelle vesti femminili e persino nelle membra. Notare il dettaglio della veste annodata sulla coscia, un vezzo perfettamente femminile fino ai giorni nostri.

Tuttavia rende comunque perplessi il rapporto che si stabilisce fra Michele e la bestia, questa non più come l’essere demoniaco in veste umana rappresentato da Guido Reni del dipinto di paragone.

La bestia, forse nell’intento del Moretto, potrebbe rientrare nella visione del terzo segno dell’Apocalisse di Giovanni, la «bestia di terra»:

«Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.» (C.E.I. 2008. Ap 13,11).

Ma nella fase di transizione a questo quarto segno si passa di seguito al quinto segno, quello dell’Agnello e i vergini, come a metterli in relazione con un preciso intento che ora non si capisce:

« E vidi: ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. » (C.E.I.  2008 – Ap 14.1)

Già da qui Giovanni sembra voglia legare l’Agnello con la bestia, che non sembra aggressiva e che l’arcangelo Michele sfiora col piede quasi delicatamente, ed è sul punto di consegnare la sua forza, stranamente tutta concentrata in una sorta di grossa coda attorcigliata intorno alla punta quadristellare della sua lancia.

In quanto alle parvenze femminili di Michele arcangelo, andando oltre l’intuibile, potrebbe non essere solo una finzione, una messa in scena, ma un fatto reale nell’immaginare che il rapporto, fra Michele e la bestia, del quadro dell’illustr. 1, sia di natura sessuale, considerandoli a guisa di rebis filosofale[1]. Nella comprensione di questo rapporto si può pensare ai due stadi dell’essere, l’eterico e l’eros, e nella rappresentazione morettiana si può vedere lo stato erotico dei due.

Il compromesso di Michele

Illustrazione 4: Incoronazione delle Vergine del Moretto. Crediti: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Incoronazione_della_Vergine_con_i_santi_Michele_Arcangelo,_Giuseppe,_Francesco_e_Nicola_di_Bari.jpg

Resta ora il fatto saliente che riguarda da vicino l’Arcangelo Michele in sembianze femminili, col volto adornato con ghirlanda di fiori di campo. La domanda è ora, grazie a quale sortilegio la bestia è adagiata ai piedi di Michele, tutt’altro che incline a qualsiasi ostilità? Infatti sembra gradire lo sfiorare di quel piede di Michele sul suo petto, ma c’è ben di più con quel puntale dorato della presunta lancia che avrebbe dovuto trafiggerla. Invece è come se si fosse stabilito un singolare rapporto, tutt’altro che sgradevole, fra la strana punta quadristellare della lancia con una sorta di grossa coda eretta della bestia ad essa attorcigliata (illustr. 4).

Ma è una cosa che ha tutta l’aria di una concezione fallica, non c’è che dire.

Che cosa ha voluto suggerire, o esorcizzare, il Moretto con questa novità in fatto di disputa con le forze del cosiddetto male? La possibile spiegazione di questa versione del rapporto tra San Michele e la bestia rientra in una visione alchemica del rapporto fra il Re e la Regina di un ruolo importante della seconda opera del Magistero Alchemico che si conclude con il loro matrimonio, il coniunctio oppositorum.  Ma prima di portare avanti questa concezione alchemica è interessante intravedere, nel suddetto rapporto, fra la strana punta quadristellare con la grossa coda eretta della Bestia ad essa attorcigliata, un altro interessante concetto matematico trattato da me nel sito Altro Giornale, https://www.altrogiornale.org/la-matematica-ha-radici-che-toccano-infinito/. Poi nel successivo capitolo svilupperò la fase del matrimonio fra il Re e la Regina che ho interrotto e che rappresentano San Michele e la bestia, ne “Li tre libri dell’arte del vasaio” di Cipriano Piccolopasso.

La matematica ha radici che toccano l’Infinito

Genesi di una curva geometrica

La particolare forma pittorica del dettaglio della grossa coda eretta della bestia, tutta attorcigliata attorno alla punta dorata quadristellare della lancia di San Michele, deve aver indotto il Moretto a rappresentare un concetto matematico. L’Eros doveva certamente avervi a che fare. L’oratura della punta quadristellare deve aver risvegliato in lui alcune cose della matematica, come la sezione aurea e, più ancora, la quadratura del cerchio, nelle due forme, le quattro punte e la curva a spirale, chiaramente un risveglio erotico. Ma oggi la matematica ha fatto un grande passo avanti e lo stesso concetto può essere espresso in modo esemplare da una mia elaborazione matematica non espressa in modo accademico. Ne parlo in un mio scritto “La matematica ha radici che toccano l’infinito“, pubblicato come già detto, nel sito Altro Giornale. Di seguito esprimo la parte interessata sorvolando su alcune premesse.

La curva ideata da Barbella

La curva ideata da me, di cui si parlerà in questo capitolo, segue le regole di tutte le curve geometriche con un propria variabile che per questo caso è:

r = 1 / cos (θ / 3)

ed è da questa curva che hanno origine i poligoni stellati regolari.

Di seguito espongo alcuni esempi di questa curva, con grafici relativi alle figure di poligoni stellati più semplici e comuni: un quadrato, un esagramma e un pentagramma.

Il quadrato si lega alla forma quadristellare del puntale di San Michele arcangelo, mentre la curva si lega alla curva descritta dal membro della bestia.

Con l’illustr. 5 figura il caso della curva del quadrato, che si ricava così:

Si tracci il cerchio di raggio OE e si costruisca il quadrato ABCD.

Il punto E è l’inizio della curva in questione e il punto A individua ulteriormente la stessa curva.

L’asintodo della curva, passante per il punto F, idealmente si congiunge all’infinito con la curva, dista dal centro O tre volte il raggio OE.

La tangente della curva passante per il punto A incontra nel punto F l’asintoto.

Ed ecco infine l’abaco di calcolo della curva che vale per tutti i casi di poligoni stellati regolari, in relazione ai simboli segnati sull’illustr. 5.

llustr. 5: Curva che genera un quadrato.

Equazione polare della curva:

ρ = ρ0 / cos (θ / 3)…………………….vettore della curva ;

n = (numero delle divisioni del poligono stellato) = 360° / arccos ρ0 / ρ;

δ = arctan 3 cotan (θ / 3)………… angolo di tangenza generico della curva.

a = 3 ρ0 …………………………………….distanza dell’asintoto da dal centro O.

Fa seguito  il caso dell’esagramma con l’illustr. 6, i cui punti A, C e D rintracciano la curva che inizia da A.

Illustrazione 6: Curva che genera un esagramma.

Il successivo caso, con l’illustr. 7, riguarda la curva del pentagramma che si ricava dal caso precedente dell’esagramma.

Non è difficile questa operazione grafica. Basta puntare col compasso in E, con raggio EF e tracciare un cerchio per rintracciare il punto G.

Successivamente si centra il compasso in O e si traccia il cerchio di raggio OD entro il quale si delinea il punto I sulla curva, di una delle punte del pentagramma ricercato. Di qui si comincia a tracciare la prima direttrice IP del pentagramma cui fanno seguito le successive, tutte tangenti al cerchio di raggio OE dell’esagramma.

Riesaminando la geometria della curva in trattazione, in termini di geometria differenziale la spirale può essere definita come una curva  avente il seguente angolo δ variabile  fra il raggio (o vettore traiettoria) e il vettore tangenziale:

δ = arctan 3 cotan (θ / 3), dove θ è l’angolo del vettore traiettoria e il vettore iniziale della curva.

“Li tre libri dell’arte del vasaio” di Cipriano Piccolopasso

llustrazione 8. Immagine tratta da Li tre libri dell’arte del vasaio, opera di un alchimista del 1500, Cipriano Piccolpasso.

L’illustrazione accanto, in cui si vede una colomba che cerca di sollevare una pietra cui è saldamente legata, fa parte di Li tre libri dell’arte del vasaio, opera di un alchimista del 1500, Cipriano Piccolpasso[2]. Egli è stato anche architetto, storico, ceramista, e pittore di maioliche, italiano.

L’immagine rappresenta il simbolo dell’unità della materia, la cui difficoltà del processo alchemico per ottenerla trapela dal filatterio in cui vi è iscritta la parola IMPORTUNUM.

La colomba, segno di sublimazione alchemica, rappresenta l’azione dello spirito sulla materia, un ruolo importante della seconda opera del Magistero Alchemico. In modo traslato all’Apocalisse di Giovanni, lo Spirito è l’Agnello, e la materia e la « bestia di terra ». Tuttavia il solido legame che unisce lo spirito alla pietra, lascia intendere che questa, nel trattenerla, incide nel processo con la sua azione specifica, la forza di gravità, propria della materia.  È ben chiaro così che venendo meno questa forza, il prodotto della sublimazione s’invola, vanificando così il lavoro dell’alchimista, e questo non ha senso che avvenga. Ecco lo scopo del legame che unisce i due per la cosiddetta  coniunctio oppositorum.

La croce in alto indica l’atanor, ossia il crogiuolo (sinonimo di croce appunto), strumento dell’Arte del Fuoco, ovvero la Via Secca.

Più da vicino la pietra e la colomba rappresentano lo solfo e mercurio alchemico (la salamandra e la remora) che si azzuffavano dilaniandosi.

Questi due principi “abitano” il vaso alchemico e la lebbra che affligge la Materia Prima, più che identificarsi con il fisso o con il volatile, col corpo o con lo Spirito, risiede nella loro mancata integrazione, nella loro separazione. L’alchimista, quindi, non potendo rinunciare né all’uno né all’altro, deve riuscire ad amalgamare e fondere insieme Spirito e Corpo, realizzando la coniunctio oppositorum. Gli opposti devono prima lottare divorarsi ed uccidersi a vicenda perché la loro unione possa realizzarsi. Questa operazione ha due aspetti, quello del costringere la terra corporea e pesante ad elevarsi verso le regioni dello Spirito e quello consistente nell’obbligare lo Spirito ad abbandonare iCieli filosofici”, ove può spaziare liberamente, costringendolo a discendere nelle regioni più pesanti e condizionate dai vincoli terrestri perché possa vivificare rivitalizzare e “rendere consapevole” il corpo.

È una sorta di primavera che ad un certo punto attende l’esperto e paziente vasaio in trepido “ascolto“, come Leo, uno dei tanti alchimisti, in “Avviamento all’Esperienza del Corpo Sottile”:

«Noi dobbiamo cercare di avvertire accanto ad ogni impressione sensoria una impressione che la accompagna sempre, che è di genere del tutto diverso risonanza in noi della natura intima, sovrasensibile delle cose e che ci penetra dentro silenziosamente.»[3]

E cosicché lo Spirito Universale sovrasensibile si rispecchia nella sensorialità umana ed è così che, accanto a quella abituale, verrà a crearsi un nuovo tipo di sensazione. Fino a quel momento, vi sarà il fervore occulto del prepararsi alla rinascita: ci si troverà in una situazione analoga a quella dei  primi incerti giorni  successivi  all’equinozio,  nei  quali  la  natura  sembra,  pur  operosamente,  ancora  in  “Attesa  di Primavera”.

L’impresa salvifica dell’Elohim Jahvè si intravede nel San Michele sacrificale del Moretto

L’ottava sfera secondo Rudolf Steiner

La concezione dell’“ottava sfera”, secondo il filosofo Rudolf Steiner, fondatore della Società di Antroposofia[4] non soddisfa certamente gli accademici della scienza moderna, tuttavia è proprio grazie ad essa che si pone l’argomento poiché, come si vedrà in seguito, avrò modo di mostrare le prove che la questione posta da Steiner, di cui ora si parlerà, può risultare sostenibile.

Dunque, « E’ noto, come per Steiner, che l’“ottava sfera” altro non sia che il “nuovo” regno evolutivo che Lucifero ed Ahrimane tentano di edificare strappando “pezzi” dal regno umano allo scopo di deviare del tutto la normale evoluzione delle “sette sfere” o “stati planetari” o “incarnazioni” succedentisi nel tempo. L’abuso di onde e frequenze elettromagnetiche va a costruire una specie di ponte per il continuo passaggio delle forze elementari ahrimanico-luciferiche fra un “mondo” e l’altro.

Riguardo alla natura dei cosiddetti “alieni” si potrà comprendere meglio che le esperienze in questione hanno una natura ed un’origine molto più interiori ed occulte di quanto la apparente “materialità”  dei racconti possa far pensare.  Si assisterebbe a evoluzioni di esseri demoniaci che si presentano però con la struttura di esseri di metallo, ma si tratta del mondo non materiale  e quindi illusorio. Si tratterebbe di esseri spirituali, privi di materia che appaiono con parvenze tecnologiche.[5]  Parlando dell’ottava sfera si parla di qualcosa di molto poco conosciuto nella letteratura: sono pochi gli occultisti e anche gli antroposofi che ne possono sapere qualcosa.

L’ottava sfera era un mistero sino a quando il teosofo Alfred Percy Sinnet[6], nel suo “Buddismo esoterico”, la nominò. Venne però (intenzionalmente?) comunicato un errore, in quel contesto, ossia che l’ottava sfera aveva a che fare con l’attuale luna fisica. Essa invece, non ha nulla a che fare con qualcosa che esiste nel mondo fisico: ha semmai qualcosa a che fare con quel che rimane, come residuo,  dell’antica evoluzione lunare (secondo la Scienza Occulta). Viene chiamata “ottava sfera” in riferimento alle “sette” altre sfere o stadi planetari (mavantara), che altro non sono che le 4 passate incarnazioni planetarie: saturno, sole, luna e l’attuale terra, più le 3 future: giove, venere, vulcano. La differenza dell’ottava sfera è che essa non è da collocare né alla fine né all’inizio dell’evoluzione, ma bensì parallelamente alla attuale terra. E’ qualcosa che, come una dimensione parallela, vive a fianco alla nostra era terrestre. Si potrebbe dire che tale dimensione può essere circoscritta, come spazio, pressapoco dall’orbita dell’attuale luna attorno alla terra. Si può dire che la terra è un punto al centro di una sfera, la quale è l’ottava sfera. E ciò è qualcosa di molto grave e poco rassicurante.

Se vogliamo comprendere meglio dobbiamo pensare che quando si compì l’evoluzione della luna, alla fine vi furono alcuni spiriti luciferici e ahrimanici che sottrassero, trattennero per sé stessi, qualcosa alla sostanzialità della luna di allora. Strapparono della sostanza lunare agli Spiriti della forma edificando un piano, una dimensione, parallelamente a ciò che sarebbe dovuto venire dopo: a fianco della terra. In questo modo Ahrimane e Lucifero poterono così dispiegare il loro piano: sottrarre l’uomo all’evoluzione terrestre e attirarlo entro la loro evoluzione. Questa “loro” evoluzione non ha nulla in comune con i piani Divini. Lucifero ed Ahrimane vorrebbero far sparire l’attuale evoluzione, per fargli prendere tutt’altro corso. Come contrappeso di tale pericolo, all’inizio dell’evoluzione terrestre gli Spiriti della forma ordinarono l’espulsione delle forze lunari dalla terra, e su questa massa fisico-spirituale venne a dimorare Javhè, uno degli Spiriti solari (gli Elohim) della forma. Anche attualmente Egli vi soggiorna. Sarà anzi lo stesso spirito che in futuro provvederà a far si che la luna rientri nella terra. Da quella prospettiva Javhè poté così contrastare l’azione di Lucifero ed Ahrimane. Ma tale azione non esclude che vi possa essere una vittoria da parte degli spiriti ostacolatori.

Per ulteriori indicazioni consiglio di leggere il libro di R. Steiner: “Il movimento occulto nel secolo diciannovesimo e il mondo della cultura” (Editrice antroposofica-Milano).

Brescia, 11 ottobre 2024

[1] Il re-bis o rebis alchemico (dal latino res bis, o res bina, «cosa doppia») è un termine usato in alchimia per indicare il risultato di un matrimonio chimico, designando anche la pietra filosofale, intesa come unione degli opposti, o compositum de compositis. https://it.wikipedia.org/wiki/Rebis

[2] http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/alchimia/piccolpasso.htm

[3]Introduzione alla Magia, a cura del Gruppo di UR, vol. I, cap. III, pag. 72, Edizioni Mediterranee

[4]Il mistero dell’ottava sfera” di Claudio Gregorat. Fonte: http://www.rudolfsteiner.it/articolo/188/il-mistero-dellottava-sfera/claudio-gregorat

[5]   Non mancano, in questa direzione, prove delle mistica cristiana che confermerebbero la suddetta parvenza metallica di apparizioni mariane, come quella Medjugorje che ebbero inizio a partire dal 24 giugno 1981. Si tratta di testimonianze tratte dal fascicolo “Le apparizioni della Madonna di Medjugorje” a cura di Gianfranco Fagiuli edito da Peruzzi. Gianfranco Fagiuli, intervistando Ivanka, una dei tre veggenti ai quali apparve la Madonna, pose alcune domande e fra queste chiese: « Che sensazione provi quando tocchi la Madonna? ». E Ivanka senza difficoltà rispose così: « La tocco con il palmo della mano, la punta delle dita. Tocco il suo abito e il suo mantello ed è come se toccassi un metallo. ».

Si aggiungono alle suddette esperienze mariane di Medjugorje certe visioni di santi del cristianesimo, per esempio quelle di Anna Katharina Emmerick (Coesfeld, 8 settembre 1774 – .Dülmen, 9 febbraio 1824). Tra le visioni della monaca tedesca hanno spazio anche alcune profezie apocalittiche sul destino della chiesa. Una di queste inquadra una misteriosa “donna in armi” in stretta aderenza alla visione della Madre di Dio: « “Vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande… ». Successivamente c’è, infatti, la visione che la lega, secondo me, all’ipotesi di una sua natura immateriale “metallica”: «  “Verranno tempi molto cattivi, nei quali i non cattolici svieranno molte persone. Vidi anche la battaglia. I nemici erano molto più numerosi, ma il piccolo esercito di fedeli ne abbatté file intere (di soldati nemici). Durante la battaglia, la Madonna si trovava in piedi su una collina, e indossava un’armatura. Era una guerra terribile. Alla fine, solo pochi combattimenti per la giusta causa erano sopravvissuti, ma la vittoria era la loro” (22 ottobre 1822) ». [Fonte (20 Giugno 2013): http://www.ilfoglio.it/articoli/v/96238/rubriche/le-profezie-della-mistica-emmerick-e-la-rovina-della-chiesa-con-due-papi.htm ]

[6]Alfred Percy Sinnett è stato un saggista, giornalista e teosofo inglese. https://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Percy_Sinnett


Gaetano Barbella

Diploma tecnico, innata predisposizione per il disegno, capacità e inventiva nel campo della meccanica delle macchine, interessi culturali a tutto campo: su queste premesse Gaetano Barbella coltiva da autodidatta il suo interesse per la matematica, con lo spirito, la genialità, la curiosità di un dilettante di talento. Dedicatosi in particolare allo studio di problemi di geometria, di esoterismo, di egittologia e di arte, è uno scrittore esperto di geometria occulta, ricercatore del mistero e dell'insolito. Vive a Brescia con la famiglia sin dal 1969.

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