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La valle della paura – Arthur Conan Doyle

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Sherlock Holmes ha una talpa all’interno dell’oscura macchina criminale guidata dal “Napoleone del crimine”, il dottor Moriarty. Costui non è solo un abile assassino, sempre capace di farla franca, ma è pure un uomo di scienza, un personaggio della Londra bene e un grande amante dell’arte. Holmes viene avvisato dalla sua talpa del pericolo che corre un certo Douglas. Ma il grande investigatore londinese non fa in tempo a mettersi sulle sue tracce che arriva il detective McDonald, il quale chiede numi a Sherlock per via dell’assassinio brutale proprio di Douglas!

Watson, Holmes e McDonald vengono portati sulla scena del delitto: una casa antica, originariamente un castello, circondata da un fossato colmo d’acqua dal quale non si vede via d’uscita per un eventuale criminale. Il ponte levatoio, ancora funzionante, era alzato: Douglas, un americano amato nel paese, era molto prudente e in quei giorni aveva dato segni di nervosismo. Così, Ames, il maggiordomo, segnala che il suo padrone sembrava presagire qualcosa, giacché, generalmente, era una persona affabile. La giovane, bruna, bella moglie non sembra aver subito troppo il colpo per la prematura e sanguinosa morte del marito e passa del tempo con il migliore amico del defunto, il signor Baker. Tra una risata e l’altra, i due passano il loro tempo nel giardino della casa. Ma la mente del più grande detective di sempre non rimane inoperosa e dopo qualche giorno riesce a venire a capo dell’incredibile mistero il quale, però, ne racchiude un altro.

La seconda parte del libro è la lunga storia di un uomo, profondamente coinvolto con l’omicidio Douglas. La vicenda narra gli inizi e i successi di un uomo che si affilia ad una società segreta, l’Unione degli Uomini Liberi, dal suo primo omicidio a Chicago fino alla cittadina mineraria di Vermissa, dove compierà le più terribili nefandezze.

La valle della paura è l’ultimo romanzo di Conan Doyle, che ha come protagonisti Sherlock Holmes e il dottor Watson. Si tratta, in tutto e per tutto, di un romanzo a due facce, l’una collegata all’altra ma molto diverse. In effetti, si tratta quasi di due racconti lunghi uniti insieme, una sensazione che ci ricorda da vicino quella già provata in Uno studio in rosso, congeniato in modo simile, sebbene il raccordo finale sia sensibilmente più lungo: l’Epilogo del romanzo è lungo due sole pagine. La prima parte è congeniata nella maniera “classica” della narrativa poliziesca di Conan Doyle: il preambolo, l’omicidio, la soluzione del mistero. Ma all’interno di questo schema, assai elastico, il romanziere riesce a inserire la presenza minacciosa di un’organizzazione criminale di dimensioni internazionali, una mafia ante litteram, il cui spettro è incarnato dall’anti-Holmes, il dottor Moriarty. In effetti, l’attenzione di Conan Doyle si sposta da singoli omicidi a intere organizzazioni, là dove nella seconda parte del romanzo viene narrata per intero la vicenda di McMurdo, un irlandese affiliato ad una specie di loggia massonica. Tutto ricorda l’operato delle mafie morderne: la violenza sistematica; il clientelismo; il controllo feroce dei capi sugli affiliati; la costituzione di un ordine parassitario e non rivoluzionario, parallelo a quello dello stato; il senso di appartenenza ad una società più viva e capace di far rispettare quei diritti e quella protezione, sociale ed economica, che lo stato non è, spesso, in grado di garantire. Le ragioni di esistenza di una simile organizzazione criminale, le sue dinamiche interne, svelate direttamente dalla presenza del personaggio principale all’interno di essa, sono tutti campi di indagine narrativa all’interno della quale Conan Doyle mostra come tali società siano sempre esistite in Europa. A riconferma di ciò è la stessa presenza del dottor Moriarty, criminale sfuggente ed inafferrabile, a capo di un’associazione a delinquere che si estende in tutto l’occidente. In effetti, l’esigenza di società ristrette, più vicine alle esigenze dei singoli sembra essere una costante storica della nostra società, specie quando il mondo sembra diventare sempre più grande, troppo per poter essere gestito dal singolo individuo. Un mondo dove lo stato è troppo lontano e incurante dei problemi dei suoi sudditi per garantirsi anche la loro totale lealtà. Le società segrete si diffondono e, in taluni casi, diventano foriere di nuove idee, di correnti riformiste o, più in là, rivoluzionarie. Altre volte, invece, si solidificano e si concretizzano proprio in quelle società criminali che sono uno dei cancri delle nostre democrazie occidentali dell’epoca della complessità, la nostra epoca.

L’ambientazione è sempre molto suggestiva e impregna ogni descrizione di un’aria misteriosa e magica dove il lettore riesce a ricavare il massimo piacere nonostante la grande rapidità di lettura: infatti, assai spesso, i libri che si lasciano leggere con troppa velocità perdono la capacità di attrarre la concentrazione nella contemplazione artistica più elevata. Non è il caso di questo libro proprio per l’impareggiabile capacità di Conan Doyle di riuscire là dove troppi scrittori contemporanei falliscono: avvinghiare il lettore alla trama senza che questi abbia la possibilità di perdersi qualche sensazione.

L’analisi psicologica è, quasi sempre, schematica e superficiale ma, non per questo, meno densa giacché in pochi tratti Conan Doyle riesce a descrivere un intero “tipo” di persone. Egli, come Stevenson, ha la capacità di sfruttare le associazioni di idee che sorgono naturalmente nell’animo del lettore e usarle per i suoi fini. Lo scrittore non si lascia mai andare in fini disquisizioni psicologiche, proprie di certi romanzi dell’epoca, ma preferisce concentrarsi sull’evoluzione della trama.

La valla della paura è, per alcuni aspetti, il peggiore dei quattro romanzi in cui Holmes è il protagonista. Le due sezioni sono troppo diverse e troppo distaccate per poter essere unite insieme. In questo, come detto, ci ricorda molto la struttura de Uno studio in rosso, un’organizzazione che si impernia sulla risoluzione di un problema che ne apre un altro ben più profondo, come una scatola cinese. In tutti i romanzi è il mistero a dominare la concatenazione degli eventi e, come nel caso di Uno studio in rosso, Il segno dei quattro c’è un esplicito richiamo ad un’organizzazione segreta, sia essa una setta o una società criminale. Sempre come negli altri due romanzi La valle della paura contiene espliciti elementi di esoterismi e esotismi: gli ambienti finiscono per essere sempre “estremi” ed “estremizzati”, come nel caso della vicenda di McMurdo, ché vede il giovane irlandese barcamenarsi in mondo ostile, un ambiente violento caratterizzato dall’oppressione, lontano dalla civiltà inglese, trasposto in una realtà di detriti di carbone e di ferro: l’America era, allora, un mondo abbastanza lontano da consentire un immaginario orrorifico senza bisogno di spostarsi nel remoto passato o nel lontano futuro.

La differenza con gli altri romanzi consiste, forse, nel fatto che il delitto in sé, narrato nella prima parte, attrae molto meno che non la vicenda di McMurdo della seconda: l’attenzione è molto più rivolta alla costruzione di un humus favorevole alla seconda sezione del romanzo, piuttosto che alla parte dominata da Holmes, stranamente poco ostile ai poliziotti.

Due parole vanno spese per l’editore Rusconi, che ha messo in giro una traduzione buona con un pessimo editing, nel quale gli errori di stampa sono copiosi (nell’ordine di uno per pagina) e, addirittura, si possono trovare degli sbagli nell’impaginazione. Sebbene il costo materiale del libro sia contenuto, non si può certo elogiare una linea editoriale che avvicina la lettura di un tomo alla lettura dei mediocri articoli reperibili in internet.

In definitiva, non è forse la migliore opera di Conan Doyle senza per questo essere un lavoro inferiore di stile o di qualità. In particolare la seconda parte sembra essere una triste premonizione del futuro, oggi presente, nella quale Conan Doyle mostra di avere straordinarie qualità analitiche e narrative insieme: un raro caso di realismo trasfigurato, in una cornice di storia gialla. Dal punto di vista storico si tratta di un romanzo interessante e dal punto di vista narrativo, si tratta pur sempre di un ottimo lavoro.


Arthur CONAN DOYLE

LA VALLE DELLA PAURA

RUSCONI

PAGINE: 190

EURO: 5,90


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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