Dopo anni di lettura forte, capita di passare in rassegna i numerosi libri che mi hanno intrattenuto e che oggi mostrano la loro costa, uno di fianco all’altro, sui ripiani della libreria di casa. Non c’è nessun dubbio sul fatto che la mia preferenza per la lettura di romanzi superi senza difficoltà quella relativa a libri di ogni altro genere.
Faccio questa considerazione in virtù della curiosità, che oggi più di ieri riaffiora regolarmente in me, verso la saggistica. Niente da dire sul lascito che mi danno questi testi – chiaramente occupano uno spazio identitario specifico nella mia libreria -, tuttavia ogni volta che concludo la lettura di un saggio, sento la necessità di ritornare al romanzo.
Così lo scrivente diviene suo malgrado un ring sul quale la passione e il senso morale verso la cultura si colpiscono e si schivano vicendevolmente.
Per fortuna esistono testi, e ancor di più autori, capaci di avvicinare queste due parti in conflitto, facendole sfociare in armonia, come fossero due estuari nello stesso delta.
Una di queste opere è Il ponte sulla Drina, del Premio Nobel alla letteratura del 1961 Ivo Andrić.
Si tratta del primo romanzo dell’autore, edito nel 1945. Un romanzo capace di riportare come un saggio tutti gli avvenimenti storici, avvenuti tra il XVI secolo e la Grande Guerra, nella cittadina di Višegrad, in Bosnia.
Come protagonista del suo libro Andrić non sceglie un eroe ma un ponte, sul quale, nell’ampio lasso di tempo sopraddetto, si incrociano, confliggono e convivono culture, popolazioni e tradizioni ben diverse tra loro.
Nello svolgimento della storia, la retorica cede il passo al realismo e alla cronaca storica, in quanto il ponte protagonista non per metafora risulta il punto di unione tra il mondo occidentale e quello orientale dell’Impero ottomano, tra la religione cristiana e quella mussulmana, tra i folklori e le leggende, delle molteplici genie che sul ponte convergono.
Il ritmo del romanzo è lento, ma questa caratteristica, spesso poco apprezzata dai lettori, in verità dimostra la grande perizia letteraria dell’autore che con la scrittura simula il lento scorrere del tempo e i sempre lunghi cambi generazionali.
Incastonanti sapientemente nella cronologia degli eventi ritroviamo aneddoti e racconti tipici di quel fazzoletto di terra: uomini impalati, bambini murati nei pilastri del ponte, ragazze suicide sulle acque della Drina, ludopatici che sfidano il diavolo.
Eventi trucidi che si fanno ben leggere, alternati ad altri di spirito.
I Balcani sono così vicini a noi che dalle sponde italiane dell’Adriatico si possono scorgere quelle oltre il mare, eppure si ha sempre la sensazione di conoscere ben poco dei costumi e delle storie di quelle terre.
La conoscenza popolare per lo più si limita alla guerra combattuta in quei territori negli anni novanta. Ebbene, ben venga dunque un testo come Il Ponte sulla Drina, così da capire di più la grande ricchezza e complessità storica dei nostri vicini di casa.
E si lancia una piccola provocazione, ben consci del fatto che ogni cambiamento in contesto istituzionale necessità di lunghissimi tempi, nonché di cambi di mentalità: perché non si usano i libri storici in modo più strutturato per trasmettere conoscenza ai nostri studenti?
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