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Consigliamo – L’interrogatorio di Vladimir Volkof
Leames è “bruciato”. Un uomo finito. Egli è un ex agente segreto dell’Inghilterra nella Germania ovest. Deve tornare a casa, Controllo, il capo imperscrutabile, gli offre l’ultima possibilità. Cerca la soluzione nell’alcol, non si calma. Cerca lavoro e così entra in una biblioteca scientifica. Conosce due donne, una lesbica intollerante come capo e Liz, una ragazza alta e sgraziata dal cuore d’oro. Peccato che sia comunista, iscritta al partito per sentirsi parte di qualcosa, di un progetto più grande. Questo Leames lo sa e glielo dice. Ma la loro relazione non può durare a lungo. Leames è ormai troppo compromesso dal passato per vivere serenamente. Quando ci prova ottiene solo rabbia e picchia un commerciante, finisce dritto dritto al fresco. Tre mesi in gabbia a pensare a Liz. Esce e viene agganciato da degli agenti del servizio segreto della Germania Est. Si reca in Olanda per raccontare la sua storia. Ci riesce nonostante il suo orgoglio. Viene costretto ad andare a Est, nel cuore del suo vecchio nemico. Difficile dire come finirà. Un classico della narrativa di spionaggio, ma senza l’ironia, la linearità di un James Bond. Le Carré mette in campo una vita, quella di Leames, immolata nel nome del buio, dell’obbedienza alla “question di stato”. Non c’è né chiaro né scuro, è un mondo d’ombre, solo di ombre, dove è la fiducia nel sistema a dover regnare. Ma il sistema non pensa ai singoli, si limita a sacrificarli per la causa. Essi non sono che pedine e queste non possono ribellarsi al grande padrone. I pezzi degli scacchi non sanno nulla del grande progetto che li governa e, proprio per questo, devono fare la loro parte obbedendo.
L’atmosfera oscura ma lucida, non macabra ma profondamente realistica sorge dalle righe dell’analisi psicologica che Le Carré fa. Per essere un romanzo di Spionaggio il pensiero e i sentimenti dei personaggi centrali, Leames e Liz, sono tutt’altro che trascurati. Le ultime pagine sono un monumento all’analisi di un periodo storico, di una vicenda di uomini sacrificati in nome di ideali vuoti, dove la guerra è si combatte nei sotterranei per la presunta pace dei molti. Il fine è già nel mezzo e qualunque decisione che non importa cosa implichi sul piano umano, ma solo se è efficace o no.
Lo scrittore ha una mano sicura e molto misurata. Come ci si aspetta, il lessico non è aulico, ma non basso né colloquiale. Siamo di fronte ad un formalismo dal il contenuto sorge dalle parole e non le parole dal contenuto. Lo stile è strumento semplice, come il bisturi nelle mani salde del chirurgo. Non troveremo bellezza armonica ma misura e semplicità. Caratteristiche che conducono il lettore ad accelerare i tempi, immerso in un’atmosfera di dubbio e sospetto fino al gran finale.
Un bel libro, scorrevole, piacevole e bello. Da leggere anche se non si è amanti del genere e che lascerà stupiti tutti coloro che disprezzano i romanzi di spionaggio etichettandoli come piatti, ricchi di eventi e senza contenuti.
JOHN LE CARRE’
LA SPIA CHE VENIVA DAL FREDDO,
MONDADORI,
PAGINE 233.
EURO 9,00
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