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Consigliamo – Gli scacchi come scacchiere geopolitico mondiale e L’Eterna Battaglia della Mente di Giangiuseppe Pili
Il signor Haklyut è il miglior esperto di viabilità stradale la cui reputazione si è fondata su lavori appaltati nelle più difficili situazioni del globo: dagli Stati Uniti all’India. Egli è uno di quei pochi professionisti che, oltre a possedere un’indiscutibile abilità, è anche dotato di uno stile individuale, una peculiarità di pochissimi. Egli è stato scelto per un lavoro molto delicato e difficile: la riprogettazione della viabilità di alcune zone della città di Vados, capitale dello Stato dell’Aguazul, uno Stato immaginario del sud America. Sebbene il lavoro di Haklyut sia, apparentemente, una faccenda d’ordinaria amministrazione, in realtà, verranno presto a galla questioni molto delicate: Vados è la città ideale per gli ingegneri, un agglomerato urbano quasi perfetto, se non fosse per la presenza di quartieri slum e baraccopoli, abitati dal popolo delle campagne giunto subitaneamente nella nuova grande città, voluta dal presidente Juan Sebastian Vados. Haklyut, un professionista che scinde la politica dalle questioni urbanistiche, è costretto, controvoglia, a prendere coscienza della drammatica vicenda che si staglia nei retroscena della capitale dell’Aguazul. Verrà a contatto con molti personaggi influenti che cercheranno, di volta in volta, di imporgli una visione dello stato di cose differente: Haklyut si renderà presto conto di come le forze politiche in campo operino una continua forma di controllo nei confronti dei cittadini, ma, dietro le forze dello stato di cose operano anche i dissidenti, ancora in campo in quanto lo stato dell’Aguazul non è ancora una dittatura e prevede, in una certa misura, la presenza dell’opposizione politica. Lo Stato sudamericano è, tuttavia, ancora un crogiuolo composito di interessi divergenti la cui stabilità non si è ancora accentrata del tutto in una forma di lotta politica paragonabile a quella dei paesi democratici. Così, gli scontri tra le forze dell’ordine e i dissidenti sono ancora forti. Gli scacchi, tuttavia, offrono una possibile valvola di sfogo per tutti i cittadini, poveri e meno poveri: essi sono lo sport nazionale e le partite del campionato nazionale vengono trasmesse in diretta televisiva e radiofonica. Ma gli scacchi, a Vados, costituiscono anche un passatempo, un sistema di relazioni sociali e un modo per fare amicizia: come capita tra Haklyut e la bella e affascinante señora Maria Posador. Haklyut sarà ben presto posto al centro di una serie di questioni politiche alle quali egli stesso dovrà prendere parte fino a che le forze in opposizione reciproca non arriveranno alla deflagrazione finale e alla demistificazione di tutte le apparenze.
La scacchiera è un romanzo di fantascienza, solo in un senso molto profondo. In effetti, il problema dell’appartenenza di un libro ad un genere letterario è, talvolta, un fatto comodo, talvolta, un fatto utile e, talvolta, il frutto di un pregiudizio. E’ sempre pericoloso inserire in modo univoco un libro in un genere perché, spesso, si finisce per condannarlo ad una ristretta cerchia di potenziali lettori piuttosto che lasciare che sia la curiosità a far emergere il pubblico. Pensiamo, ad esempio, a Il richiamo della foresta, a L’isola del tesoro, a Il signore delle mosche, a I ragazzi della via Paal: non si tratta semplicemente di “libri per ragazzi” ma sono delle eccellenti allegorie sulla condizione umana nel suo momento di passaggio dall’adolescenza alla maturità. Ma “adolescenza” e “maturità” sono due termini per delle durate assai vaghe (nessuno ha scritto nella carta di identità: “uomo maturo” o “adolescente” per dei motivi che a ciascuno risulteranno evidenti): si tratta, invece, di libri per tutti nel senso più alto del termine, delle letture universali per il tema implicito e per la maestria narrativa. La scacchiera, dunque, è un romanzo di fantascienza nel senso che l’autore situa le vicende in un immaginario Stato del Sud America (l’Aguazul) e ricama su di esso, estremizzando e accentuando alcune caratteristiche inquietanti della nostra società, della nostra politica, dei suoi problemi profondi e del suo conflitto sulla libertà degli individui. Inoltre, il fatto che John Brunner sia uno scrittore di libri visionari rafforzerebbe l’idea (che, però, non costituisce una ragione in più). In particolare, Brunner tratteggia l’idea di uno Stato dispotico ed invasivo ma, apparentemente, liberale: questo, questo tema dominante, costituisce, in realtà, l’unico motivo profondo per inserire il libro nella letteratura fantascientifica, molto apprezzata da tanti scacchisti.[1]
Eppure, la struttura del libro è molto più vicina a quella del giallo che non a quella del romanzo di fantascienza in senso “classico”: quali modelli adoperiamo per giudicare a questo modo una struttura astratta, quella che sta a sfondo delle parole, dietro di esse, in esse? Innanzi tutto, prendiamo i lavori del genio di Wells, in particolare, L’isola del dottor Moreau, un vero capolavoro, e L’uomo invisibile, la cui celebrità è nota a tutti grazie al successo che ebbe nei rifacimenti cinematografici. Ma, per la verità, si dovrebbe risalire anche più in dietro, con lo stesso Stevenson (Lo strano caso del dottor Jeckil e Mr. Hide) e, forse, con Swift (I viaggi di Gulliver). Più recentemente, si possono assumere come “canonici” i romanzi di Asimov, sia i suoi libri sulla fondazione (ad esempio La trilogia della fondazione) sia sui libri sui Robot (ad esempio Abissi d’acciaio). La tradizione di John Brunner è, però, lontana da Asimov in quanto egli è, in fondo, un polemista e si situa più da vicino alla cultura dei romanzi di fantascienza distopica (cioè di negazione di ogni utopia, di ogni realtà positiva, come quella, ad esempio, di Asimov, così impregnata di ottimismo positivistico). E qui gli autori di riferimento diventano Huxley (Il nuovo mondo (1934)), Orwell (La fattoria degli animali, ma, soprattutto, 1984) e Vonnegut (Distruggete le macchine). Stabilire quali di costoro abbia letto John Brunner è, nel nostro caso, tirare a indovinare. Però rimane il fatto che Asimov, ammesso che Brunner non l’abbia frequentato nelle sue letture, è il primo ad aver tematizzato all’interno della fantascienza l’idea che costituisce il centro narrativo del romanzo di Brunner. Fra l’altro, Brunner non è neppure il primo che parla degli scacchi all’interno della letteratura visionaria: già Vonneghut in Distruggete le macchine parla di una macchina pensante e semovente (un Robot), capace di giocare. Tuttavia, il romanzo di Brunner si stacca da tutta questa tradizione, di cui, comunque, è grandemente debitore, per ritagliarsi un piccolo posto ai margini dei grandi capolavori già citati.
Brunner radicalizza l’idea che Asimov utilizza per fondare l’intero ciclo della fondazione:
Psicostoriografia… Gaal Dornick, servendosi di concetti non matematici, ha definito la psicostoriografia come quella branca della matematica che studia le reazioni d’un agglomerato umano a determinati stimoli sociali ed economici… E’ implicito in tutte queste definizioni che l’agglomerato umano in questione deve essere sufficientemente grande da consentire valide elaborazioni statistiche. Le dimensioni minime che l’agglomerato possono essere calcolato con il primo Teorema di Seldon che dice… Un ulteriore assunto è che la comunità esaminata deve essere, essa stessa, all’oscuro dell’analisi psicostorica affinché le sue reazioni siano assolutamente istintive…
La base di ogni scienza psicostoriografica valida è nello sviluppo delle Funzioni Seldon che conferiscono proprietà analoghe a quelle forze sia economiche sia sociali che…[2]
Sebbene Asimov rivendichi l’idea che la Scienza umana sia la stessa luce della Ragione che si incarna di volta in volta nel mondo, di fatto, egli assume l’idea, per niente scontata, che il progresso dell’umanità sia una conseguenza dello sviluppo stesso della scienza. Scienza è progresso e la scienza somma diventa la Psicostoria, una disciplina su basi matematiche, adibita al compito di predire il futuro per indirizzare l’umanità verso il migliore dei mondi possibili. In realtà, si può essere dei sostenitori della Scienza senza essere così ingenuamente progressisti sciovinisti. Comunque sia, Brunner riprende quest’idea di Asimov, consapevolmente o meno, in via critica:
– Ma…, se c’è da credere a quello che lei dice, se, dati il tempo e le informazioni necessarie, uno può manovrare gli individui con la stessa facilità con cui lei prevede il comportamento di una folla che si affretta a prendere un treno, be’, non resta più speranza per nessuno. Salvo quella di essere una delle persone che raccolgono e sfruttano i dati, piuttosto che… che una delle vittime.
– No, no. Esiste un modo talmente semplice d’interferire nel processo, che questo non potrebbe mai diventare una realtà.
– E come? Lei ha detto proprio l’opposto!
– Be’, l’esempio me l’ha fornito lei stessa. Quando mi ha mostrato come veniva usata la televisione per immettere idee nella testa dei vadeani, io ho smesso semplicemente di guardarla. Crede che uno scacco, se fosse dotato di cervello pensante e conoscesse le regole del gioco, se ne starebbe passivamente nel suo riquadro, ad aspettare di essere mangiato? Non credo, sa. Scivolerebbe quatto quatto verso un’altra casella più sicura, approfittando di ogni attimo di distrazione dei giocatori. No, il genere di sistema assoluto di cui parlavo non potrebbe mai funzionare, a meno di non essere tutti all’oscuro di quello che sta avvenendo. Esternamente, non ci sarebbe nessun cambiamento nella vita quotidiana. Lei, io o quel cameriere laggiù continueremmo tranquillamente a mangiare, bere, dormire, innamorarci o fare indigestione come sempre. Perciò, dove starebbe la differenza? Forse, un sistema così è già in atto.. ma come possiamo saperlo? Siamo come pedine su una scacchiera: pedine che conoscono le regole e la situazione del gioco, ma preferiscono fingere di non saperle perché non hanno le gambe, e quindi non possono spostarsi dai loro quadratini, a meno che non vengano mosse.”[3]
Se anche la nostra supposizione non fosse corretta, rimarrebbe il fatto che la congiunzione ideale delle due opere rimane innegabile. Inoltre, Brunner scrive l’opera (1965) oltre un decennio dopo di Asimov (1951).
Il tema dominante, dunque, è il Dominio dell’uomo sull’uomo, l’immagine stessa delle nostre peggiori inquietudini quando pensiamo allo Stato burocratico ed invasivo che la Storia ha edificato tra il 1800 e il 1900, passando per l’uniformazione delle coscienze attraverso i sistemi ospedalieri, i sistemi carcerari, i sistemi d’educazione e correzione. Lo Stato, così come viene concepito da Brunner, è un’estremizzazione del totalitarismo novecentesco che, grazie anche all’utilizzo distorto delle tecnologie, mira al controllo delle persone attraverso la gestione delle loro menti nonché delle loro possibilità: Haklyut è, infatti, un funzionario del governo dell’Aguazul ed è chiamato al riordinamento del traffico e, non a caso, egli, in un passo, parla enuncia il parallelismo tra traffico-molecole di un fluido (tante ne entrano e tante ne escono; se le strade sono organizzate male allora il flusso stradale tenderà ad addensarsi, creare ingorghi esattamente come quando si tappa una pompa). Brunner ripensa all’idea di Asimov ma all’incontrario: se Asimov è chiaramente dell’idea che il singolo possa essere sacrificato per il bene della società (cosa che lo rende particolarmente odioso ai miei occhi),[4] Brunner non è certo di questo avviso e, anzi, attraverso questo romanzo, egli vuole mettere sotto gli occhi del lettore quella che è una delle scomode verità dei nostri tempi: fino a che punto un uomo può dirsi libero in una società nella quale i mezzi di comunicazione di massa non sono altro che l’altra faccia del potere costituito? Fino a che punto un pedone può dirsi libero nelle mani di un Re dispotico? Ed ecco che la metafora tra gli Scacchi e lo Stato diventa evidente.
Gli scacchi diventano lo specchio ideale dello Stato, laddove è il Re ad impartire i comandi e il resto dell’esercito è costretto ad obbedire senza esitazione. In particolare, se un alfiere non sa di essere completamente sotto controllo, attraverso l’indirizzamento dei suoi bisogni e delle sue possibilità, come potrà mai discostarsi dal volere del suo sovrano? E il suo Re farà di tutto per mantenerlo in uno stato di ignoranza, così da dominarlo al massimo grado: nessuna incertezza, nessun’imprevedibilità. Se vogliamo, si può anche trovare qualche constatazione empirica di questa tesi: in un articolo di giornale sulla scelta dei corsi universitari mi intrattenevo nella discussione dei dati dell’ISTAT dai quali emergeva che i “giovani” rispondono a quelle che sono le “esigenze” della società e di quelle che sono le strade ingenuamente credute più rapide per perseguire il proprio guadagno.[5] Da quella breve analisi si poteva immediatamente constatare che le persone tendono a seguire quelli che sono i pregiudizi condivisi sull’utilità e sulla facilità di soddisfazione dell’interesse, pregiudizi derivati, in genere, dall’accesso alle fonti di comunicazione condivise e credute senza un retroterra critico verso di esse, a scapito di una formazione di studio più esaustiva e completa. Se questo vale per i giovani, perché non dovrebbe valere per gli adulti, individui ben più calati in quella “maturità” che ricorda a loro costantemente le loro responsabilità di fronte alla famiglia e a se stessi, cioè la loro responsabilità di fronte ai loro personali interessi? Ed ecco che l’immagine della grande scacchiera, un mondo diviso in due schieramenti che si danno battaglia per la conquista di un’unica realtà troppo piccola e troppo instabile per consentire una convivenza di più partiti, viene su da sola. Ma anche la grandiosa analisi della storia della modernità nascente, offerta dal grande storico Bayly, può tornarci utile a situare l’idea e il tema del libro di Brunner: “Gli stati precedenti talvolta erano stati intrusivi ed esigenti, ma solo in specifici settori della vita e solo in certi luoghi e in certi tempi. Invece, lo Stato moderno accampava una pretesa monopolistica sulla fedeltà dei propri sudditi.”[6]
Eppure, nonostante l’indiscutibile fascino che il libro reclama, ci pare che esso non sia affatto un capolavoro del suo genere. Innanzi tutto, sebbene Brunner voglia mostrare i problemi delle conseguenze della visione asimoviana della Scienza e della Storia, egli stesso non riesce a far coagulare il tema all’interno di un punto di vista individuale: manca quell’introspezionismo cupo che domina i grandi capolavori di Philip Dick che, non per nulla, rifiuta pienamente l’immagine di Asimov e mostra quali sono le conseguenze dell’ordine implicitamente fascista e imperialista sul singolo della nostra società. Brunner non riesce a calare l’inquietudine del lettore nel personaggio ma solo sopra di esso consegnandoci così un’allegoria (nel senso tecnico del termine) che, d’altra parte, risulterà totalmente svelata nelle ultime pagine del libro che, a parer nostro, potevano anche essere soppresse, lasciando il disorientamento nel lettore che, a quel punto, avrebbe dovuto utilizzare la sua ragione per dipanare i dubbi e giungere alla conclusione necessaria: “io sono un pedone che non può diventare donna, se non lo vuole qualcun altro e, certamente, non sarò mai Re di me stesso!”
Il romanzo viene definito un “colpo di genio machiavellico” là dove la conclusione del libro lega indissolubilmente gli Scacchi e lo Stato dell’Aguazul. Eppure, il “congegno” può essere concesso solo a patto di non conoscere abbastanza gli scacchi: per cadere nella “trappola” di Brunner bisogna essere degli scacchisti ingenui ma non dei giocatori. Infatti, Brunner, purtroppo, rimane ad un livello di conoscenza scacchistica talmente rarefatta e superficiale che, per lui, parlare di scacchi vuol dire “attacchi e difese”, senza arrivare a una formulazione più compiuta. Questo lo si concede volentieri ma, a parer nostro, può diventare un problema là dove ci sia un lettore un po’ più smaliziato nel gioco da non volersi accontentare della semplice immagine perché, per lui, tale immagine diventerebbe ben presto inverosimile.
I temi filosofici della libertà e delle possibilità di vivere una vita libera (supponendo che tale dovrebbe essere quella di un Uomo che voglia discostarsi dall’accadimento naturale) vengono da me tratteggiati in modo un poco più approfondito in: Un pomeriggio con John Brunner: riflessioni sul libro La scacchiera. Pensieri intorno alla libertà. In http://www.accademiascacchimilano.it/index.php/scacchi-e-letteratura/219.
In conclusione, non si tratta del grande capolavoro del genere, tuttavia è indiscutibilmente interessante il tema dominante e, d’altronde, sia per uno scacchista che per un lettore qualunque l’idea che siamo tutti un pezzo degli scacchi che lotta per un Re, senza saperlo, mantiene, comunque, il suo fascino.
Bibliografia
Asimov I., (1951), Trilogia della fondazione, Mondadori, Milano, 2004.
Bayly C. (2004), Nascita del mondo moderno 1780-1914, Mondadori, Milano, 2011, p. 294.
Brunner J. (1965), La scacchiera, Mondadori, Milano, 1969.
Cassano R., Rivista di scacchi!, N. 32. Aprile, 2009.
Dennett D. (1991), La coscienza, che cosa è, Laterza, Roma-Bari, 2009.
Golding W., Il signore delle Mosche, Mondadori, Milano, 1990.
Huxley A., (1932) Il mondo nuovo, Ritorno al mondo nuovo, Mondadori, Milano, 2002.
London J. (1903), Il richiamo della foresta, Einaudi, Torino, 2005.
Molnàr F., I ragazzi della via Paal, De Agostini, Novara, 1994.
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Orwell G., La fattoria degli animali, Mondadori, Milano, 1984.
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Pili G. (2010), Recensione a: L’isola del dottor Moreau, www.scuolafilosofica.com, 2010.
Pili G. (2010) , Recensione a: Chi ha ucciso il campione del mondo?, www.scuolafilosofica.com, 2010.
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Pili G. (2010), Forse l’abbiamo fatta troppo semplice, Rivista di scacchi, n. 26.
Pili G. (2011), Il giocatore di scacchi di Maelzel, Rivista di scacchi, n. 33.
Pili G. (2011), Maestro, perché gli scacchi sono così complessi?, http://soloscacchi.altervista.org/, 29 gennaio 2011.
Pili G. (2011), Neuroeconomia scacchistica, Rivista di scacchi, n. 28.
Pili G. (2011), Sentimenti che ruotano attorno ai software che giocano a scacchi, Rivista di scacchi, n. 28.
Pili G. (2010), Siamo tutti una stessa gente, Rivista di scacchi, n. 29.
Pili G. (2010), Tutto semplice, Rivista di scacchi, n. 25.
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Sericano C., Storia degli automi scacchistici: il Turco, http://soloscacchi.altervista.org/.
Standage T., Il Turco, La vita e l’epoca del famoso automa giocatore di scacchi del Diciottesimo Secolo, http://www.federscacchi.it/.
Stevenson R. L., L’isola del tesoro, Mondadori, Milano, 2006.
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Vonnegut K. (1952), Distruggete le macchine, Editrice Nord, Milano, 1979.
Wells H. G., L’isola del dottor Moreau, Gherardo Casini Editore, Roma, 1963.
Wells H. G., L’uomo invisibile, Mursia, Milano, 1998.
[1] Come attesta Mario Leoncini in un suo libro (vedi bibliografia).
[2] Asimov I. (1951), Trilogia della fondazione, Mondadori, Milano, 2004, p. 16. Corsivo mio.
[3] Brunner J. (1965), La scacchiera, Mondadori, Milano, 1969, pp. 212-213.
[4] Chiedo scusa per quest’intrusione che, credo, sia assai rara nei miei scritti ma mi risulta irresistibile.
[5] Pili G., L’università, un mondo ai confine della realtà, Solidarietà COME, 15/10/2010.
[6] Bayly C. (2004), Nascita del mondo moderno 1780-1914, Mondadori, Milano, 2011, p. 294.
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