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Leggi la scheda Percorso di letteratura italiana
Introduzione
La storia della lingua italiana nasce a partire dalla sua evoluzione dalla lingua latina. Quest’ultima era andata via, via estinguendosi dopo le varie invasioni barbariche e lo sviluppo della chiesa ortodossa, e c’è da sottolineare che in ogni caso la lingua latina non era mai stata del tutto unitiva come lingua imperiale: in ogni regione conquistata dai romani il latino spesso prendeva il posto delle lingue native, ma quest’ultime non venivano mai del tutto soppiantate, dando di fatti vita in Italia, per esempio, ai dialetti gallici, posti nel nord Italia (segnatamente in Lombardia e Piemonte) con delle determinate caratteristiche.
Ma per arrivare all’italiano che tutti noi oggi utilizziamo nel nostro scrivere e parlare, ci sono state delle tappe evolutive e dei processi che ne hanno caratterizzato la crescita. Si è partiti dai primi testi letterari come il Placito Capuano e l’Indovinello Veronese, fino ad arrivare alla Commedia di Dante Alighieri e ai I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Un evoluzione degna di essere osservata secolo per secolo.
Le origini e i primi documenti dell’italiano
L’italiano, come detto, si evolve direttamente dal latino volgare, da non confondersi col latino classico (tipico di Cicerone per esempio), ed infatti la maggioranza delle parole deriva proprio dalla lingua dei romani. L’area in cui si sono sviluppate le lingue figlie del latino viene chiamata Romània, da non confondersi con lo stato rumeno.
Tutto ciò è importante perché alla base della scoperta delle origini di una lingua, è d’obbligo la comparazione fra i vari sviluppi che il latino volgare ha succeduto. Per cui se in una fase primaria l’italiano più era reso magis sia in Iberia, Gallia, Italia e in Dacia, le trasformazioni porteranno in ordine a mas, plus, più e mai. Uno dei documenti più importanti che ci attesta le neoformazioni dal latino volgare verso una nuova lingua è la cosiddetta Appendix Probi redatta molto probabilmente da un grammatico tardo antico chiamato Valerio Probo: in questa Appendix Probi viene stilata una lista di 227 parole o grafie non corrispondenti alla forma reale e cosiddetta di buona norma e dunque è fondamentale osservare come fra il IV d.C. e il VI secolo d.C. (è attribuita sì a Valerio Probo, ma con scarse certezze) già si effettuassero studi di cambiamenti linguistici importanti. Vedi tabella.
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L’errore divenne quindi lentamente nei secoli la norma per tutti i parlanti, e questo, è un pericolo per tutte le lingue vive nel mondo. L’Appendix Probi in ultima analisi è un buon monito a mantenere sempre un uso corretto di una lingua, per non diventare dei parlanti di una lingua standard in via d’estinzione.
La genesi di una nuova lingua è tuttavia cosa lunga e complessa: l’italiano per esempio, va ricondotto a diversi passaggi storici. Nel 489 d.C. entrarono nella penisola gli Ostrogoti guidati da Teodorico ed è in questi anni che ci fu l’introduzione della lingua gotica tramite la traduzione della Bibbia da parte del vescovo Ulfila: ancora oggi nel nostro vocabolario, sono presenti diverse parole di origine gotica come astio, bega, melma, stronzo, strappare, ecc.
L’invasione dei longobardi nel 568 d.C. fu segnata da fatti d’arme e di integrazione difficile e anche da parte di questi ci fu una trasmissione di lemmi molto importanti: panca, scranna, scaffale, federa, gruccia, palla, ecc. sono tutti termini di origine longobarda.
L’insediamento dei franchi ebbe un carattere diverso da quello di goti e Longobardi, in quanto ci fu l’insediamento di una certa élite di nobili al potere militare e civile. In questo caso una delle difficoltà più grandi nel trovare le parole di origine franca è quella di non cadere nell’errore di intravedere nei prestiti più avanti nei secoli della lingua d’oc quelli franchi. Sono probabilmente da considerare franchismi termini come biondo, dardo, guanto, usbergo, ecc.
La via di transizione fra il latino classico/volgare e la nuova lingua romanza era il latino medioevale usato frequentemente nei documenti notarili e ufficiale, ma anche in testi letterari scritti per esempio da Isidoro di Siviglia e dallo stesso Dante. Quando il latino volgare riuscì a permeare nel latino medioevale questa fusione diede vita alla lingua romanza arcaica. Prima di analizzare i primi documenti considerati in italiano volgare è doveroso dire che questi testi furono, molto probabilmente, totalmente il frutto della casualità e dell’improvvisazione testuale. Infatti, chi ha redatto il documento a breve in questione, voleva realmente scrivere in italiano o in latino? Per quanto riguarda la nascita del primo testo francese, che fu il Giuramento di Strasburgo dell’842, non abbiamo dubbi che esso fu scritto intenzionalmente per via della sua ufficialità che non lascia spazio a fraintendimenti.
Analizziamo da questo momento, l’atto di nascita dell’italiano, a partire dal Placito Capuano.
“Sao kokelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”
tradotto
“So che quelle terre, entro quei confini di cui si parla, li ha posseduti per trent’anni l’abbazia di San Benedetto”
Questo è il primo documento attestato in italiano e, a differenza del Giuramento di Strasburgo, pur trattandosi di una specie di giuramento, è da sottolineare come quasi analizzi una controversia di carattere locale. L’atto di nascita della lingua italiana è da attestare al 960 d.C. ed è dunque un atto notarile, scritto su pergamena, laddove possiamo vedere un processo per quella che oggi viene chiamata ‘usucapione’: l’abate di Montecassino affermava che quelle terre erano utilizzate dal monastero da più di trent’anni e quindi erano entrate nei loro domini; Rodelgrimo di Aquino rivendicava le sue terre, abusivamente occupate dai monaci. La formula del Placito Capuano non è isolata e si ricolloca nella serie dei Placiti Campani con chiaro riferimento alla regione laddove vennero stilati e dibattuti.
La Postilla Amiatina è un documento successivo ai placiti. Le postille erano le annotazioni notarili che venivano apportate negli atti ufficiali (ancora oggi è così). La Postilla Amiatina risale al 1087 quando due coniugi donarono i loro beni all’abbazia di San Salvatore posta sul Monte Amiata.
Ista cartula est de caput coctu
illeadiuvet de illurebottu
qui mal consiliu li mise in corpu
(testo originale in volgare)
Questa carta è di Capocotto
lo aiuti da quel ribaldo
che gli mise in corpo un cattivo consiglio
(traduzione in italiano)
Questa postilla è molto “oscura” dal punto di vista del significato, in quanto non conosciamo perfettamente quale fosse il “cattivo consiglio”, ma è importante dal punto di vista linguistico: infatti si può notare l’uso delle –u finali al posto delle –o, caratteristica questa, ancora presente nelle zone del territorio del Monte Amiata (posto fra la provincia di Grosseto e quella di Siena). Altri atti notarili di questo tipo e di questo periodo sono stati ritrovati nella zona marchigiana e sono la cosiddetta Carta osimana del 1151, la Carta fabrianese del 1186 e la Carta picena del 1193.
Abbiamo anche altre attestazioni scritte precedenti a quelle già citate che rientrano nel campo delle iscrizioni. L’iscrizione della catacomba romana di Commodilla (databile all’incirca alla metà dell’800) è un anonimo graffito tracciato su un muro, la cui importanza è data, da una caratteristica tipica dei dialetti centro meridionali italiani, ovvero il raddoppiamento fonosintattico nell’espressione a bboce per ‘a voce’. Un’altra iscrizione, decisamente di epoca più tarda, fu l’affresco della basilica di San Clemente sempre sita nella capitale. Si tratta di un fumetto ante litteram: il pittore alle immagini aveva aggiunto delle brevissime didascalie che indicavano i discorsi dei personaggi dell’affresco; se il latino viene usato ancora dai personaggi più nobili dell’affresco, il volgare è usato al contrario dai plebei e dai ceti più bassi, ed è proprio così che doveva accadere anche nella realtà quotidiana.
I primi testi letterari in italiano sono attestati a partire dal XIII secolo con la scuola poetica fiorita nel periodo di Federico II di Svevia, ma qualche attestazione arcaica precedente non ci manca. È il caso del cosiddetto Indovinello Veronese: questo codice fu scritto in Spagna nel VIII secolo d.C. e approdò a Verona dopo varie peregrinazioni. Alla maggioranza degli studiosi appare come un testo scritto in un latino molto scorretto (ed è ciò che da più rilevanza al Placito Capuano) o ancora di un testo in latino dove affiorano gli elementi della lingua parlata volgare.
Se parebaboues
alba pratalia araba
& albo uersorioteneba
& negro semenseminaba.
traduzione
Spingeva avanti i buoi (le dita)
solcava arando un campo bianco (la carta)
teneva un bianco aratro (la penna d’oca)
e seminava nero seme (l’inchiostro)
Bibliografia essenziale
Marazzini C., La lingua italiana, Il Mulino, Bologna, 2010.
Pili G., “I promessi sposi“, www.scuolafilosofica.com, 2011.
Pili G., “Dante Alighieri“, www.scuolafilosofica.com, 2012.
Pili W., “Marco Tullio Cicerone”, www.scuolafilosofica.com, 2014.
Pili W., “Appunti di glottologia: linguistica storica”, www.scuolafilosofica.com, 2014.
http://ospitiweb.indire.it/~mipm0001/probi.htm
http://www.dubidoo.it/imparare/61-le-parole-e-le-cose/254-placito-capuano-cosi-nasce-litaliano.html
http://paridevallarelli.blogspot.it/2013/06/il-volgare-italiano-la-postilla-amiatina.html
http://www.basilicasanclemente.com/italiano/
http://www.hs-augsburg.de/~harsch/italica/Cronologia/secolo09/Indovinello/ind_vero.html
Da sempre la ricerca delle origini sul linguaggio ed in particolare quella sull’etimo è custode di tesori importanti, che disvelano verità nascoste che arricchiscono enormemente il nostro essere “nel” linguaggio.
Ritengo che l’articolo sia fatto male, approssimativo e tendnzioso. Meglio questo
Chiediamo gentilmente un link più preciso di quello previsto per rimandare i lettori interessati ad un articolo specifico. La ringraziamo preventivamente.