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La lingua italiana – Problemi linguistici e definizioni

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La lingua italiana fa parte della grande famiglia delle lingue indoeuropee. Nella fattispecie l’italiano deriva direttamente dal latino ed è per questo detta una lingua neolatina o romanza. Oltre ad essere parlata in Italia da circa 59 milioni di madrelingua, essa è anche usata nella Repubblica di San Marino, nella Città del Vaticano, in alcuni cantoni della Svizzera, in Slovenia e in Croazia, in Albania dove molte televisioni usano anche l’italiano, nei ceti colti presso Malta e infine, sempre più raramente nella regione di Nizza e Monaco, e nell’isola greca di Rodi, questa in quanto ex territorio posto sotto il protettorato fascista nei periodi del regime. Nel Corno d’Africa, laddove erano presenti delle colonie italiane durante la seconda guerra mondiale, si va ormai estinguendo la conoscenza della nostra lingua.

In Italia, oltre i dialetti, che vedremo a breve, sono presenti diverse minoranze linguistiche. Queste sono dette alloglotti, per l’appunto altralingua. Dal 1999 con la legge n.482 queste vengono tutelate, spesso in maniera poco chiara, e sono riconosciute come minoranza da porre sotto un ala protettiva. Ma spesso non è così e non è chiaro in che senso va intesa la presenza di una minoranza linguistica in un determinato territorio. Vediamo adesso quali sono i principali alloglotti.

Partendo dal nord Italia, rileviamo senz’altro la presenza della lingua francese nel territorio della Valle d’Aosta, laddove questa lingua (sempre di origine neolatina), è ben radicata nel territorio e spesso usata indistintamente, specialmente nei luoghi di confine con la regione francese e svizzera. In provincia di Bolzano e nel Sud-Tirolo il tedesco è usato al pari dell’italiano, se non in maggior misura. Ancora nelle provincie di Gorizia e Trieste, lo sloveno vive in stretto contatto con l’italiano (vedi cartelli stradali e altro). In Piemonte ci sono isole (isoglosse) dove si parla il provenzale o occitano, specificatamente nelle valli alpine occidentali e nell’alta val di Susa. Da tutt’altra parte, al sud in provincia di Cosenza a Guardia Piemontese, si parla una arcaica forma di provenzale. Anche in Puglia nei paesi di Faeto e Cello si parla un dialetto franco-provenzale.

Il ladino è parlato nelle valli alpine dolomitiche della cosiddetta area ladina: la particolarità di questa lingua è che dal 1948 è una lingua che viene insegnata nelle scuole all’interno delle zone citate, soprattutto nelle Valli Badia, Gardena e Fassa. Nell’alto Friuli il ladino è parlato con una varietà leggermente diversa dal ladino standard. In Svizzera il ladino è conosciuto col nome di romancio, dove in base alla Costituzione Elvetica (del 1938) il ladino viene considerata una lingua nazionale accanto al tedesco, francese e italiano.

Il sardo è considerata a tutti gli effetti una lingua, anche se non si è mai raggiunto l’importante sostrato di una koinè sarda, vale a dire una omogenea parlata regionale: infatti, come si può vedere nella mappa, si distinguono almeno quattro tipi di sardo (ma spesso variano di paese in paese!) che sono il gallurese, il sassarese, il logudorese (considerato il sardo più conservativo) e il campidanese, quest’ultimo con il centro nevralgico in Cagliari. Il sardo per i suoi elementi glottologici è considerata una lingua a tutti gli effetti. Ad Alghero si parla catalano e a Carloforte si parla il cosiddetto tabarchino: nel primo centro per via della conquista militare nel 1354 di Pietro IV d’Aragona, nel secondo per la colonizzazione di coloni genovesi tabarchini a partire dalla seconda metà del settecento circa.

Grande interesse tra gli studiosi hanno sempre suscitato le due isole greche presenti nel territorio italiano: la prima è in Calabria, sulle pendici dell’Aspromonte, la seconda è in Salento. Queste isoglosse sono senz’altro una importantissima testimonianza di ciò che rimase della Magna Grecia dopo la dissoluzione del mondo greco antico e del Mondo Bizantino. Vi sono in Italia ancora numerose isole albanesi presenti nel Molise, nella Puglia, oltre che in Calabria e in Sicilia: la presenza di queste colonie non ha niente a che fare con l’emigrazione del XV secolo, piuttosto ha a che fare con l’emigrazione degli ultimi vent’anni del Novecento, in cui nel Mar Adriatico si riversarono centinaia di migliaia di profughi. Rientra infine in un flusso tradizionale e antico la presenza degli zingari che parlano la lingua dei rom.

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Esaustiva mappa sugli alloglotti e sui dialetti presenti in Italia tratta da www.wikipedia.it

È un fatto che l’Italia ha una varietà linguistica davvero importante: in Europa nessuno stato possiede un così variegato patrimonio linguistico, sia per ricchezze che per differenziazione linguistica. Per molti l’unità linguistica non si è mai avuta, o la si è raggiunta con tanti sforzi. Ma la realtà dei fatti è che (anche dal punto di vista linguistico) l’Italia presenta mille sfaccettature e mille differenza da regione a regione. I dialetti dunque cosa sono?

La differenza, prima di tutto, fra lingua e dialetto, è che la lingua è un antico dialetto che per motivi culturali e sociali ha raggiunto lo status di lingua (l’italiano era quindi un dialetto del latino, evidentemente, essendo una sua derivazione), mentre il dialetto è generalmente un idioma usato in un’area più ristretta con un prestigio sociale minore, non però per chi lo usa, in quanto rappresenta per i parlanti il simbolo dell’identità locale e spesso costituisce il punto di incontro di un’unità politica territoriale. Inoltre il dialetto non ha necessariamente una forma scritta, si basa piuttosto sull’oralità; al contrario, una lingua ha una forma scritta usata nei documenti ufficiali che ne sanciscono di fatto l’importanza. Il ladino e il sardo per esempio, ormai considerate a tutti gli effetti delle lingue, trovano anche nelle documentazioni ufficiali sempre più attestazioni.

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Esempio di bilinguismo sardo-italiano all’interno dell’Università degli studi di Cagliari.

In Italia si possono distinguere tre aree dialettali: la settentrionale, la centrale e la meridionale, accomunate per somiglianze glottologiche, più che per posizione geografica. Ci sono due grandi linee di confine, teorizzate da uno dei più eminenti linguisti italiani, Graziadio Isaia Ascoli, che sono la linea La Spezia-Rimini e la linea Roma-Ancona. La prima divide il nord dal centro, la seconda il centro dal sud.

I dialetti della isoglossa settentrionale, la cui fascia di confine è la stessa che qualche millennio prima fu la frontiera etnica tra i popoli gallici e il mondo etrusco-romano (e non sarà un semplice dettaglio!), sono caratterizzati da:

– la sonorizzazione delle occlusive sorde -t- e –k- tra vocali. Es. formica > formiga;

– -p- intervocalica, diventa –v-. Es. capelli > cavei;

– le consonanti geminate sono caratterizzate dallo scempiamento. Es spalla > spala, bella > bela;

– le vocali finali, fatta eccezione che per la –a, cadono. Es. sale > sale, male > mal;

– contrazione delle sillabe atone. Es. sellaio >slar, telaio >tlar;

– infine, la presenza delle vocali ö / ü, dette “alla francese”.

I dialetti della isoglossa centrale, compresa come detto fra le due fasce idealizzate dall’Ascoli, sono caratterizzati da:

–  la sostituzione della prima persona plurale con il costrutto noi si mangia… (esempio);

– la spirantizzazione delle occlusive sorde intervocaliche, con il fenomeno della gorgia, tipica dell’area fiorentina, per cui amico >amiho;

– nella zona di confine con l’isoglossa meridionale, troviamo l’assimilazione progressiva di nd>nn, mb > mm. Es. quando >quanno, mondo >monno, ecc.

I dialetti della isoglossa meridionale sono caratterizzati da:

– sonorizzazione delle consonanti sorde in posizione postnasale. Es. ancora > angora, montone >mondone;

– metafonesi delle vocali toniche e ed o per influsso di i ed u finali. Es. aceto >acitu;

– l’uso nel corrente parlare di tenere al posto dell’ausiliare avere;

– l’uso del possessivo in posizione enclitica. Es. figlio mio >figliomo (quest’ultima forma era presente anche nel toscano antico e infatti presente in più testi del Decamerone di Giovanni Boccaccio).

Per concludere il discorso sulla lingua italiana e sulle minoranza di questa all’interno della penisola italiana, dobbiamo parlare dei vari tipi di italiano che si sono formati nei decenni della vita della nostra glossa. Come detto, l’italiano non è una lingua parlata in modo uniforme nell’intero territorio nazionale. Vi sono proprio nette distinzioni sia a livello morfologico, che fonologico e spesso anche sintattico fra regione e regione. Ed è per questo che è stata data una definizione di vari “italiani” all’interno della nostra penisola.

Le varietà diatopiche (vale a dire differenti per luogo) prendono anche il nome di italiani regionali, come teorizzò a suo tempo Tullio De Mauro, importante linguista e redattore di vocabolari di lingua italiana. Le principali varietà di italiano regionale sono la settentrionale, la toscana, il romano (perché Roma oltre essere una capitale e metropoli, ha una lingua che ha parecchi influssi sul parlare di tutti noi), la meridionale e la sarda. Questa varietà è il frutto dello studio dei linguisti che sono riusciti a raggruppare la grandissima diversità che ricorrono in queste parlate regionali. Vi siete mai chiesti in quanti modi si possono dire delle stesse parole fra regione a regione? Provate a scrivere in un foglio, quanti modi per dire la parola “cocomero” conoscete. Sono molti e tutti diversi fra loro, portando spesso confusione fra i parlanti e una disunità linguistica che come detto è caratteristica dell’Italia.

Nella tradizione italiana della lingua, un’altra varietà da tenere importante è la varietà diastratica, vale a dire quella che fa conto dello strato sociale che usa una lingua. L’italiano popolare ha dunque ripreso una certa importanza e negli ultimi anni è stato frutto di studi. L’importanza di questa lingua è che essa è quella parlata dalla maggioranza degli italiani, che in un modo o nell’altro si arrangiano nell’uso delle forme grammaticali e sintattiche, ricorrendo spesso ad usi impropri del cosiddetto italiano standard che analizziamo di sotto.

L’italiano standard, per completare il nostro discorso, è il toscano di parlata regionale che più si avvicina alla lingua letteraria. Firenze è senz’altro la capitale della lingua letteraria italiana. Molti linguisti hanno cercato di dare una definizione di “standard linguistico”. Per Gaetano Berruto lo standard è una lingua che possiamo dire di tipo neutro, ovvero che non ha influenze né regionale né quantomeno popolari, essendo quindi un italiano riconosciuto dalla maggior parte delle comunità. Inoltre, questo tipo di lingua, è quella che insegnano (dovrebbero insegnare) sin dalla prima elementare per arrivare a completare un discorso linguistico nella quinta superiore, laddove lo studente dovrebbe uscire con una certa padronanza della lingua standard, che se realmente esistesse darebbe maggiore unità al nostro sistema linguistico. Francesco Sabatini ha elaborato la categoria dell’italiano di uso medio, sulla base di fenomeni grammaticali e morfologici usati mediamente da tutti.


Bibliografia essenziale

Pili W., 2014, “Appunti di glottologia: la linguistica storica“, www.scuolafilosofica.com

Pili W., 2013, “Storia del fascismo italiano dal 1919 al 1932“, www.scuolafilosofica.com

Pili W., 2013, “Appunti di glottologia linguistica storica: il mutamento, tipologia e proprietà etimologica popolare e il tabù linguistico“, www.scuolafilosofica.com


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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