Le opere presentate in questa mia relazione appartengono a periodi diversi fra loro. Tuttavia, nelle loro diversità, presentano una volontà comune di appartenere ad un genere che, sotto molti punti di vista, è alquanto eterogeneo. Il genere gotico ha, nelle sue intenzioni primarie, interesse a rifarsi al Medioevo come fonte dalla quale trarre ispirazione nel raccontare storie esotiche, dal sapore retrò (utilizzando un termine che va tanto di moda oggi), ma anche cariche di una forza propria, forse unica rispetto ad altri generi.
Questa forza, permette agli autori di raccontare di personaggi, spesso bislacchi e un po’ rozzi, quando, in quanto signori in possesso di castelli (come Manfredi de Il castello di Otranto) ci aspetteremmo tutt’altro comportamento.
Questa forza, permette anche di creare entità soprannaturali. Wolpole ce le ha mostrate per la prima volta, la Radcliffe e Lewis ne continuarono a farne uso. Quest’ultimi cercarono, però, di dare nuovo slancio al genere con un po’ di nuovi stratagemmi. La Radcliffe prese il soprannaturale e lo portò ad un livello reale, innestando nella storia l’elemento psicologico.