Di Sergio Pampanini
Bisogno. In realtà quando parlo di bisogno non parlo di uno stato psicologico quanto di uno stato esistenziale. Detto brutalmente, Abbagnano mi perdonerà, io penso che l’uomo si definisce per la sua libertà. La libertà è mancanza di essere che aspira ad essere. In ogni attività dell’uomo c’è l’aspirazione a raggiungere una meta di essere, di senso che dà per l’appunto il senso della nostra presenza. L’arte è una di queste strade. Insieme a tante altre strade quali per esempio il diritto, o l’economia ecc. In ognuna di queste branche del sapere, per intendersi, c’è il bisogno esistenziale dell’individuo di riconoscere il suo operato singolo all’interno di un contesto di significato generale. Un contesto che la sua opera contribuisce a sostenere da un lato e insieme un contesto che giustifica l’operato stesso. Detto questo, l’arte a differenza delle altre possibilità, ha la peculiarità di interessarsi del bello. Il bello quindi diviene la dimensione generale in cui l’artista da un lato e il fruitore dall’altro si riconoscono, l’uno contribuendo a creare opere belle (belle per gli altri in primis), il fruitore invece interessato a scoprirle e a fruirne. Entrambi accomunati dall’esigenza ripeto esistenziale (nella misura in cui il bello, declinato ovviamente in tutti i prodotti artistici correlati – ad es. letteratura, cinema, scultura, musica, balletto…. – diventa ragione di vita cioè motivo per cui vale la pena vivere). .