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Tag: Perché i laureati sono scontenti dei loro lavori

L’università italiana, un mondo ai confini con la realtà. Analisi critica della “Peculiare Istituzione”.

Che cosa si debba ottenere dal proprio corso di studi è una questione dibattuta. I più considerano lo studio post-diploma come un investimento sul tempo e sulla qualifica, piuttosto che esperienza formativa. In linea di massima, chi si iscrive all’università lo fa con l’idea di ottenere un “futuro”, indipendentemente dalla propria capacità e conoscenze. E’ una scommessa.

Le nuove matricole, secondo dati ISTAT (2008), sono 308.000. C’è un leggero calo. Ciò è dovuto anche alla diminuzione dei ragazzi dell’età di 19 anni. Che i giovani siano alla ricerca di lavoro e siano indirizzati verso corsi di Laurea di “formazione professionale” è un dato ricavabile dalla loro scelta: nella hit parade vediamo al primo posto le lauree del gruppo economico con una quota di iscritti pari a 41.000 nel 2007. Al secondo posto abbiamo il gruppo giuridico con 36.000 iscritti e al terzo la facoltà di Ingegneria con 31.000 persone. Al quarto posto c’è il polo letterario con iscritti pari a 24.000. Va tenuto presente che in “Lettere” sono inseriti molti corsi di studio che far rientrare nella categoria letteraria è almeno discutibile. Dopo il polo letterario abbiamo Medicina con 19.000 iscritti. Si tenga conto che quasi tutti i corsi per lauree attinenti ad attività mediche sono a numero chiuso. Per esempio, esiste un corso di studi per insegnare ad usare i macchinari di cardiologia presente in tre università (di cui una è privata) e ha un totale massimo di iscritti che non supera i quaranta per regola. Se ci fosse libertà di iscrizione è probabile che i medici supererebbero tutte le altre facoltà.