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Tag: Paolo Meneghetti

VENERE IN CORNICE – Il premio del Carnevale ha le nappe al silenziatore / The prize of the Carnival has the tassels with a silencer

Per Seamus Heaney, esteticamente reiventando una rima, questa nelle campane tubolari non riguarderà più il < tira o spingi >, bensì il < silenzia o culla >. Così la poesia passerà dalle direttive per la serialità del rappresentazionalismo (solo materialmente) alle tonificazioni per l’estemporaneità dell’ermetismo (anche percettivamente). Silvia ha posato al mezzobusto, per uno scatto al bianconero. Soprattutto, lei era stata eletta “Maria” del Carnevale 2024 a Venezia. L’outfit si percepisce sfarzoso. La corona a mezzaluna è orientaleggiante. Venezia ebbe storicamente un rapporto d’amore ed odio con Costantinopoli. Sul petto, il tessuto mostra gli arabeschi. Ma quanto gli orecchini a nappe dorate diventeranno tubolari, per essere suonate? In passato, gli storici ritenevano che la Mezzaluna Fertile rappresentasse la “culla” della civiltà umana. In un clima di festa, il decorativismo per il silenzio sarà inerente ad una solennità per la regalità. Ma possiamo immaginare che ogni Maria, nel Carnevale di Venezia, trasformi una ragazza comune. Gli arabeschi sono percepibili al ritmo cullante d’un tira e molla.

VENERE IN CORNICE – La città è un giradischi col lumino / The city is a turntable with a tea light

Fabrizio Caramagna c’invita a dimenticare la misurazione per l’altezza ed il peso, preferendovi quella per l’intensità luminosa (perfino a trasfigurare la tridimensionalità). Serve una percezione estetica che coinvolga emotivamente. Marine è stata inquadrata al mezzobusto, quantunque fra il profilo ed i ¾. All’ambientazione serale, lo scatto si vivacizza dai cerchi di luce: sia dai piccoli oggetti d’uso (in primo piano), sia rimpiazzando l’architettura urbana (sullo sfondo). Marine è seduta al tavolo. Ci piace percepire che lei con la mano sinistra allinei la testina d’un giradischi. Dunque lo scatto diventerà sinestetico, fra la visione e l’ascolto. Ma quanto il peso dei capelli sciolti avrà una sua testina? Un’eventuale terrazza non sarà panoramica, pure a prescindere dalla sera. Conta la concentrazione che Marine mette, sulla gestualità della mano. Questo infine tramuterà in coinvolgimento, per noi, essenzialmente da un ascolto. Ma quanto, lontano, s’ergeranno due torri a lumino?

La trasparenza della plastica che sublima la “macchia d’olio” sul potere

A Roma, presso l’Associazione Operatori Culturali “Flaminia 58”, dal 2 al 20 Dicembre era stata allestita la mostra Pretty power, con le opere dell’artista Ron Laboray. Esteticamente, a lui interessa che la trasparenza della plastica sublimi la “macchia d’olio” sul potere. A parità di serialità, la praticità del pop al materialismo avrebbe il contraltare all’influenza d’una costellazione, astrattamente. Christo alla land art soleva impacchettare gli edifici, affinché noi evitassimo di dare per scontato il nostro sguardo. Il potere metaforicamente si spiega attraverso la ciliegia, se una tira l’altra. Ron Laboray esporrebbe la figura della pietra preziosa. La plastica (derivata dagli idrocarburi) ci permette di confezionare un funzionamento di sistema, per un oggetto artificiale che eluda i limiti della Natura. Ron Laboray tamponerebbe l’istinto al potere (che è molto radicato nella storia umana). Quasi alla specularità installativa con Christo, si tratta di svelare per dilatare. Questo può accadere nella classica teca. Alla teoria, un confezionamento aumenta il suo potere mediante la celebrazione. Alla prassi, si rispetterà un paradigma (che la plastica sa emblematizzare). La stella si percepisce come un tampone per la luce, che scoppia blandamente (al paradosso) come una sorgente d’influenza. Le figure al surrealismo di Ron Laboray rivisiterebbero le carte da gioco: fra l’uomo con l’armatura, od i semi (sia cristallizzati a “fiocchi” di neve, sia “sgommanti” alla vegetazione d’un dado). Alla sociologia, la pop art “smonta” tranquillamente il potere invasivo della pubblicità. Nel telo di plastica, l’alchimia della vernice sul pennarello trasformerebbe la costellazione solo orientante in un accattivante intarsio da sbandierare. Lo riassumeremo dalla griglia di partenza per le ruote sgommanti. Infatti l’artista ha disegnato Shirley Muldowney: la prima donna a competere per le corse col dragster. La vernice del telo per lei sarà stata tramutata in carburante fucsia (alla gustosità della ciliegia), dalla combustione del rosa. Più genericamente, il pubblicitario dovrà celebrare un logo. Ma un artista sublima anche il consumismo. A Ron Laboray interessa la rivalsa per iniziativa personale, anziché l’intrattenimento da uno status quo. La carta da gioco servirebbe a “rimbalzare fuori” dal caleidoscopio ipnotizzante? Ron Laboray celebra sia chi ha vinto (come Shirley Muldowney, contro il maschilismo), sia chi ha provato a vincere (come Kurt Cobain, contro le majors). A Roma, la mostra era stata curata da Camilla Boemio.

VENERE IN CORNICE – Il velo non indugia con l’ombra, ma la commuta con lo sguardo / The veil does not hesitate with the shadow, if this one is commuted to the gaze

Per Fabrizio Caramagna, le donne appaiono incantevoli dal loro cappello, poiché lì massimamente la bellezza “gioca a nascondino” con l’eleganza, mentre il velo non “indugia” con l’ombra, ma addirittura la “commuta” con lo sguardo, per la sua “rivendicazione”. Madeleine ha posato alla “distorsione” del mezzobusto. Ma è ciò che accade per la sedia, rispetto al tavolo. Dunque, “classicamente” in sostituzione della lampada noi immagineremmo un basco? Le braccia sono trapezoidali. Dallo scatto solo al bianconero, per l’espressionismo emergeranno le “rotelle” degli occhi (rispetto al “palcoscenico” del tavolo con la sedia). Noi immagineremo anche la “carpenteria” d’un cappello per “cassaforma”, dal segno ombroso in alto, sulla parete. Una croce avrà permesso “d’esorcizzare” il “crollo” in una… bara (!), rispetto al tavolo.

VENERE IN CORNICE – La sedia fatale per il ginocchio a ritroso / The chair fatale for the knee backward

Possiamo chiederci, forse, come sarebbe una sedia se le nostre ginocchia si piegassero al contrario. Questo sembra interessante, in merito alla posa di Aleksandra. Da un lato noi diamo per scontata una parte della nostra esistenza, quando impariamo ad abituarci. Dall’altro lato, l’artificialità insiste molto sullo sviluppo dalla naturalezza all’ergonomia. Aleksandra ha posato per uno scatto dalle tonalità chiaroscurali. Lei utilizza la sedia in maniera “disordinata”: allungando all’infuori la gamba destra e ritraendo la gamba sinistra verso la pancia. Intorno, il fondale è occupato da un sipario che connette la parete al pavimento. Il glamour resta: dalla coscia che “si erge”, dalle calze corte, dalle scarpe coi tacchi, dalla pettinatura e dalla minigonna attillate, ecc… Il design della sedia non spicca per originalità. Se Aleksandra cercasse d’aggiustarsi la posa, lo farebbe in quanto abituata a sedurre. Domina il nero, concedendo in parte uno stile da femme fatale negli anni ’30. Almeno Marlene Dietrich avrebbe potuto posare a cavalcioni sulla sedia.

VENERE IN CORNICE – Una “Belle Epoque” per i loghi che “s’inchinano” alla sinfonia / A “Belle Epoque” for the logos which “bow down” a symphony

Chesterton ci ricorda all’esistenzialismo che una corona di rose è anche una corona di spine. Vale l’estetica della Belle Epoque a Parigi, se la spensieratezza matura perché un bel gioco dura poco. Questo scatto rimane al bianconero. Così aumenta il lieve spleen della posa, con gli occhi chiusi ad un “inchino” del volto. In particolare, l’ambientazione inerisce al salotto d’un party, presso un albergo. Dunque Alice indossa un cerchietto di rose in testa, con la piuma bianca che virtualmente permetterà un cocktail frizzante per l’aghifoglia. Sullo sfondo, si scorgono appena due persone. E’ uno scatto esistenzialista, in cui la riflessione interiore rilassa anche tramite la “tisana” per la “bustina” della canotta. Il divertimento interessa a molti, ma è sempre labile.

La “Via della Seta” per cui Venere nasce da un sole di stracci

Alla Biennale di Venezia 2024, presso la sezione dell’Arsenale è visitabile il Padiglione Nazionale dell’Uzbekistan, avente gli allestimenti dell’artista Aziza Kadyri. Esteticamente, a lei preme una dialettica fra l’appartenenza ad un segnale (secondo la teoria) ed il condizionamento da una guida (secondo la prassi). Ad esempio: quanto una cultura nazionale potrà essere interpretata liberamente? A livello sociale la mitologia sviluppa l’appartenenza, mentre a livello individuale l’identità sviluppa il condizionamento. Va ricordato che nei Paesi dell’Asia Centrale (come l’Uzbekistan) c’è la tradizione della migrazione, dal nomadismo della tenda (chiamata yurta). Nell’allestimento di Aziza Kadyri accade che l’abitabilità ha una teatralità. Le donne subirebbero il pregiudizio culturale d’un confino al < tutta casa e chiesa >. Loro, lavorando sul tessuto (chiamato suzani) porterebbero virtualmente in dote un sipario dei capelli. Questo condizionerebbe anche il visitatore della mostra, quantunque preservandogli il diritto all’indipendenza fra l’entrata e l’uscita. C’è un allestimento a gioco di specchi. Il visitatore ha anche una guida nascosta, giacché ripreso da una telecamera. Il suo volto è sovrapposto ad una rielaborazione del suzani, da parte dell’intelligenza artificiale. I pregiudizi culturali diventano teatrali al condizionamento delle aspirazioni private. Ad esempio s’imporrà alla donna di lavorare a casa per allontanarla dall’emancipazione politica: se lei la ottenesse, i suoi diritti si rinnoverebbero per “corredo” esponenziale. Il visitatore è libero, ma anche circuito dai segnali a causa del turismo, tramite cui la pubblicità migra. Dormendo nella yurta, si percepirà un esproprio al < tutto casa e museo >. Pertanto gli allestimenti di Aziza Kadyri coordinano il ricamo affinché questo condizioni dallo specchio. I pregiudizi culturali circuiscono anche negativamente, instillando il dubbio che una loro critica non possa mai attecchire. In filosofia politica, il radicalismo decostruisce l’appartenenza alla nazionalità. Se il nomade gira, rispetto a lui l’antropologo girerebbe… a vuoto, identificandosi come un giudice imparziale. Ma nell’allestimento di Aziza Kadyri la novità dell’intelligenza artificiale non sarà soltanto da consultare. Essa ricombina parecchio: ad esempio perché il volto umano ha i “ricami” dell’indole, fra la schiettezza e l’ipocrisia.

La ferrovia d’un altoparlante per trivellare le stelle (i Nativi Americani alla “Biennale di Venezia 2024”)

A Venezia, dal 20 Aprile al 24 Novembre, si segnala una coppia d’artiste, le quali espongono, separatamente, rappresentando la cultura dei nativi americani: Erin Genia (per il popolo dei Sisseton Wahpeton Oyate, dal Dakota del Sud) e Kay Walkingstick (per il popolo dei Cherokee, dall’Oklahoma). Bisogna ricordare che l’evento “collettore” della Biennale è stato ufficialmente denominato Stranieri ovunque. Erin Genia espone un’installazione; Kay Walkingstick invece lo fa con la pittura. I nativi americani si tramandano una variegata mitologia, che la storiografia occidentale rischia di confinare al paradosso laicistico della libertà, con la caratteristica riserva. A Venezia, Erin Genia espone per la collettiva d’artisti Personal Structures, che è allestita presso il Palazzo Mora. La sua installazione s’intitola Cultural emergency response vest, e concerne la tessitura per le tribù diffuse dei Dakota. Kay Walkingstick partecipa direttamente alla Biennale di Venezia, presso la sezione dei Giardini. Lei dipinge ad olio su pannello, raffigurando paesaggi del Far West (sebbene senza la traccia dell’uomo): dal Montana, dall’Arizona, dall’Idaho ecc…

VENERE IN CORNICE – La cascata della panchina ed il boomerang della scalinata / The waterfall of the bench and the boomerang of the staircase

Per Neruda, le onde nei campi solari di grano “discorrono” col treno fugace, parendo questo come all’ombra d’una cascata. Il viaggio ci permette di scoprire nuovi mondi. Ma noi saremo anche socievoli, raccontando qualcosa riguardo la nostra provenienza. Liza ha posato per uno scatto al bianconero. Lei è alla stazione ferroviaria, seduta sulla panchina in uno “scambio” virtuale fra le gambe e le doghe. Infatti il corpo appare scomposto, ma per favorire il glamour. La “propagazione ondulatoria” delle doghe si percepirebbe perfino ipnotizzante. C’è la “cascata” dei capelli biondi, oltre la “rapida” della spalla destra. Lo sguardo ha una “seriosa” intensità… che “si racconterà”. La mano destra, in apparenza “cedevole” per amichevolezza, potrebbe “sbandierare” un ˂ alt! ˃, quantomeno rispetto al dare la precedenza per la triangolazione delle gambe. Un viaggio dall’anello distorto (considerando le doghe) presuppone simbolicamente una dialettica: dalle pre-comprensioni personali alle terze vie.

VENERE IN CORNICE – L’elasticità dei sogni al suprematismo d’una spallina che fa sudare una tuta della bocca / The elasticity of the dreams at a suprematism of a shoulder pad that allows a tracksuit of the mouth to sweat

Dal lirismo di Max Walker, i sogni sarebbero stati sudaticci, in una sorta di cruda muscolatura per il lenzuolo della notte. E’ impossibile dormire senza coprirsi… Se uno ci provasse, presumibilmente lo farebbe contro la sua sudorazione! Al di là dei desideri intimi, i sogni elasticizzano uno scivolamento della mente (senza la concatenazione logica). L’artista Emilia è stata inquadrata innanzi ad un suo dipinto. Lei assume una posa dalla destrezza irrigidita (paradossalmente): con le braccia conserte e le gambe a cambio di marce, quasi a pennellare. Il dipinto ha una figurazione che noi percepiamo surrealistica. Le forme vegetali ed animali si adatterebbero ad una “muscolatura” delle terre, e facendo “sudare” l’aria da respirare. Il fondale nero conferma l’ambientazione all’onirismo (dalla notte). Normalmente nessuno associa l’elasticizzazione alle terre emerse. Ma queste hanno i loro abissi (dal carsismo). Forse l’evoluzionismo delle specie viventi dovrà raggiungere, al proprio apice, la dimensione dell’immaginario? Emilia porta i pantaloni sportivi, quindi flessibili. Questi sono pure decorati da un “crepaccio solare”, tramite la banda arancione.