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Tag: Paolo Meneghetti

VENERE IN CORNICE – Una “Belle Epoque” per i loghi che “s’inchinano” alla sinfonia / A “Belle Epoque” for the logos which “bow down” a symphony

Chesterton ci ricorda all’esistenzialismo che una corona di rose è anche una corona di spine. Vale l’estetica della Belle Epoque a Parigi, se la spensieratezza matura perché un bel gioco dura poco. Questo scatto rimane al bianconero. Così aumenta il lieve spleen della posa, con gli occhi chiusi ad un “inchino” del volto. In particolare, l’ambientazione inerisce al salotto d’un party, presso un albergo. Dunque Alice indossa un cerchietto di rose in testa, con la piuma bianca che virtualmente permetterà un cocktail frizzante per l’aghifoglia. Sullo sfondo, si scorgono appena due persone. E’ uno scatto esistenzialista, in cui la riflessione interiore rilassa anche tramite la “tisana” per la “bustina” della canotta. Il divertimento interessa a molti, ma è sempre labile.

La “Via della Seta” per cui Venere nasce da un sole di stracci

Alla Biennale di Venezia 2024, presso la sezione dell’Arsenale è visitabile il Padiglione Nazionale dell’Uzbekistan, avente gli allestimenti dell’artista Aziza Kadyri. Esteticamente, a lei preme una dialettica fra l’appartenenza ad un segnale (secondo la teoria) ed il condizionamento da una guida (secondo la prassi). Ad esempio: quanto una cultura nazionale potrà essere interpretata liberamente? A livello sociale la mitologia sviluppa l’appartenenza, mentre a livello individuale l’identità sviluppa il condizionamento. Va ricordato che nei Paesi dell’Asia Centrale (come l’Uzbekistan) c’è la tradizione della migrazione, dal nomadismo della tenda (chiamata yurta). Nell’allestimento di Aziza Kadyri accade che l’abitabilità ha una teatralità. Le donne subirebbero il pregiudizio culturale d’un confino al < tutta casa e chiesa >. Loro, lavorando sul tessuto (chiamato suzani) porterebbero virtualmente in dote un sipario dei capelli. Questo condizionerebbe anche il visitatore della mostra, quantunque preservandogli il diritto all’indipendenza fra l’entrata e l’uscita. C’è un allestimento a gioco di specchi. Il visitatore ha anche una guida nascosta, giacché ripreso da una telecamera. Il suo volto è sovrapposto ad una rielaborazione del suzani, da parte dell’intelligenza artificiale. I pregiudizi culturali diventano teatrali al condizionamento delle aspirazioni private. Ad esempio s’imporrà alla donna di lavorare a casa per allontanarla dall’emancipazione politica: se lei la ottenesse, i suoi diritti si rinnoverebbero per “corredo” esponenziale. Il visitatore è libero, ma anche circuito dai segnali a causa del turismo, tramite cui la pubblicità migra. Dormendo nella yurta, si percepirà un esproprio al < tutto casa e museo >. Pertanto gli allestimenti di Aziza Kadyri coordinano il ricamo affinché questo condizioni dallo specchio. I pregiudizi culturali circuiscono anche negativamente, instillando il dubbio che una loro critica non possa mai attecchire. In filosofia politica, il radicalismo decostruisce l’appartenenza alla nazionalità. Se il nomade gira, rispetto a lui l’antropologo girerebbe… a vuoto, identificandosi come un giudice imparziale. Ma nell’allestimento di Aziza Kadyri la novità dell’intelligenza artificiale non sarà soltanto da consultare. Essa ricombina parecchio: ad esempio perché il volto umano ha i “ricami” dell’indole, fra la schiettezza e l’ipocrisia.

La ferrovia d’un altoparlante per trivellare le stelle (i Nativi Americani alla “Biennale di Venezia 2024”)

A Venezia, dal 20 Aprile al 24 Novembre, si segnala una coppia d’artiste, le quali espongono, separatamente, rappresentando la cultura dei nativi americani: Erin Genia (per il popolo dei Sisseton Wahpeton Oyate, dal Dakota del Sud) e Kay Walkingstick (per il popolo dei Cherokee, dall’Oklahoma). Bisogna ricordare che l’evento “collettore” della Biennale è stato ufficialmente denominato Stranieri ovunque. Erin Genia espone un’installazione; Kay Walkingstick invece lo fa con la pittura. I nativi americani si tramandano una variegata mitologia, che la storiografia occidentale rischia di confinare al paradosso laicistico della libertà, con la caratteristica riserva. A Venezia, Erin Genia espone per la collettiva d’artisti Personal Structures, che è allestita presso il Palazzo Mora. La sua installazione s’intitola Cultural emergency response vest, e concerne la tessitura per le tribù diffuse dei Dakota. Kay Walkingstick partecipa direttamente alla Biennale di Venezia, presso la sezione dei Giardini. Lei dipinge ad olio su pannello, raffigurando paesaggi del Far West (sebbene senza la traccia dell’uomo): dal Montana, dall’Arizona, dall’Idaho ecc…

VENERE IN CORNICE – La cascata della panchina ed il boomerang della scalinata / The waterfall of the bench and the boomerang of the staircase

Per Neruda, le onde nei campi solari di grano “discorrono” col treno fugace, parendo questo come all’ombra d’una cascata. Il viaggio ci permette di scoprire nuovi mondi. Ma noi saremo anche socievoli, raccontando qualcosa riguardo la nostra provenienza. Liza ha posato per uno scatto al bianconero. Lei è alla stazione ferroviaria, seduta sulla panchina in uno “scambio” virtuale fra le gambe e le doghe. Infatti il corpo appare scomposto, ma per favorire il glamour. La “propagazione ondulatoria” delle doghe si percepirebbe perfino ipnotizzante. C’è la “cascata” dei capelli biondi, oltre la “rapida” della spalla destra. Lo sguardo ha una “seriosa” intensità… che “si racconterà”. La mano destra, in apparenza “cedevole” per amichevolezza, potrebbe “sbandierare” un ˂ alt! ˃, quantomeno rispetto al dare la precedenza per la triangolazione delle gambe. Un viaggio dall’anello distorto (considerando le doghe) presuppone simbolicamente una dialettica: dalle pre-comprensioni personali alle terze vie.

VENERE IN CORNICE – L’elasticità dei sogni al suprematismo d’una spallina che fa sudare una tuta della bocca / The elasticity of the dreams at a suprematism of a shoulder pad that allows a tracksuit of the mouth to sweat

Dal lirismo di Max Walker, i sogni sarebbero stati sudaticci, in una sorta di cruda muscolatura per il lenzuolo della notte. E’ impossibile dormire senza coprirsi… Se uno ci provasse, presumibilmente lo farebbe contro la sua sudorazione! Al di là dei desideri intimi, i sogni elasticizzano uno scivolamento della mente (senza la concatenazione logica). L’artista Emilia è stata inquadrata innanzi ad un suo dipinto. Lei assume una posa dalla destrezza irrigidita (paradossalmente): con le braccia conserte e le gambe a cambio di marce, quasi a pennellare. Il dipinto ha una figurazione che noi percepiamo surrealistica. Le forme vegetali ed animali si adatterebbero ad una “muscolatura” delle terre, e facendo “sudare” l’aria da respirare. Il fondale nero conferma l’ambientazione all’onirismo (dalla notte). Normalmente nessuno associa l’elasticizzazione alle terre emerse. Ma queste hanno i loro abissi (dal carsismo). Forse l’evoluzionismo delle specie viventi dovrà raggiungere, al proprio apice, la dimensione dell’immaginario? Emilia porta i pantaloni sportivi, quindi flessibili. Questi sono pure decorati da un “crepaccio solare”, tramite la banda arancione.

Il surrealismo d’una battaglia navale per l’oblò dell’occhio

Durante la Biennale di Venezia 2024, si può visitare alla sezione dell’Arsenale il suggestivo Padiglione Nazionale di Malta, con le installazioni dell’artista Matthew Attard. In particolare, la sua mostra s’intitola I will follow the ship, sotto la curatela di Elyse Tonna e Sara Dolfi Agostini. Esteticamente, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale si conferisce una rotta all’occhio umano. Fenomenologicamente, l’impressione è fluttuante. Questa inizia a stabilizzarsi tramite la memoria da esplorare. Il bulbo oculare non è retrattile nel volto, ma si scuoterebbe come un timone passando dall’attrazione al desiderio, in chiave psicanalitica. La navigazione avviene in seguito, quando addirittura si trasforma l’appagamento, sul realismo. Il desiderio è razionalizzato dall’utilità. Matthew Attard ricorre alla tecnologia digitalizzata dell’eye-tracker per consentire ai graffiti navali di salpare, virtualmente. Il desiderio dell’archeologo è risvegliato dalla contestualizzazione storica. Tramite questa, si poteva accettare la dura vita del pescatore, per esempio. Il graffito navale in chiesa fungeva quasi da amuleto, materializzando un occhio come specchio dell’anima con l’impressionismo della fede. Si scongiuravano le brutte tempeste! Specialmente, all’artista interessa la “rotta” dell’ex voto (col ricordo funzionale ad una stabilizzazione). La moderna meteorologia ha migliorato l’affidabilità delle proprie previsioni. Ma resta emozionante immaginare che la lente del vecchio cannocchiale (senza il radar digitalizzato) perda improvvisamente l’orientamento della costa. Un uomo in mare va sempre salvato. In genere, s’ammette che la nave goda dell’immunità politica, perdendo il proprio Stato fra le acque internazionali. Al massimo, quella sarà seguita dalla capitaneria di porto. Per il futuro, il cambiamento climatico comporta l’innalzamento delle acque. La lungimiranza della politica richiederebbe che s’esplorassero nuovi posizionamenti: ad esempio tramite le isole artificiali. Molte di queste sono tracciate riproducendo figure comuni (astratte o viventi), quantunque cedendo al marketing. Nella contemporaneità la digitalizzazione lancia continuamente il suo “amo” in un “oceano” dell’informazione. Pure ispirandosi a questo, l’artista ha scelto di disegnare attraverso un tracciamento oculare.

VENERE IN CORNICE – Il glamour che riesce a trivellare la ghiaia del sole / The glamour which is able to drill the gravel of the sun

Per Kerouac, è meglio dormire liberi in un letto scomodo che dormire prigionieri in un letto comodo. Si conferma l’estetica dello on the road, al vitalismo dell’avventura. Giulia è stata inquadrata dentro una casa di pietra più in rovina che solo pericolante. Lei ci dà le spalle, reggendosi agli stipiti d’una porta assente (che forse nessuno avrebbe mai montato). Sullo sfondo, il pendio boscoso suggerisce un ambiente montano. Spiace sempre lo spopolamento dei vecchi borghi, mancanti dei moderni servizi, in favore del caos cittadino. In primo piano c’è una sorta di “brandina sepolcrale”, col marmo a rimpiazzare il materasso. Ma Giulia fortunatamente l’avrebbe abbandonata, sgranchendo le braccia per accogliere la luce del sole. Più che un risveglio diventa una trasfigurazione, col corpo a sorvolare grazie al “salto con l’asta” (dai due elementi al lato sinistro del varco).

VENERE IN CORNICE – La cornetta diventa una piuma con la dolce lungimiranza dell’affetto / The handset becomes a feather with the sweet farsightedness of the affection

Per Rosamund Marriott Watson, liricamente l’oro della cascata in natura è la scalinata d’un legato per l’uomo. Più realisticamente, sognando i pensieri scorrono ipnotici, per un labirinto dell’orientamento. Da questo, “ci si risveglia” con la maestria nel canto. Altea ha posato all’inizio d’una scalinata. L’ambiente si percepisce lussureggiante, mediante le decorazioni a foglia d’oro sulla ringhiera. Altea porta un abito bianco da ballo, con lo strascico. Sulla ringhiera ci piace immaginare un pentagramma per una “fiamma” dell’infinito (dal suo simbolo). La trasfigurazione si percepisce all’impossibilità che la corporeità “coli” sull’orizzonte dell’immanenza. La colonna all’inizio della scalinata avrebbe una foglia d’oro addirittura alla risonanza d’un flauto. Proprio lì s’indirizzerebbero le dita delle mani. Altea ha un caschetto di capelli rossi, dando alla foglia d’oro una passionalità “nobilitata” dall’intelletto, tramandando un’eleganza di stile contro uno scivolamento al suolo marrone del materialismo (dal tappeto).

VENERE IN CORNICE – Il glamour è un leggio per la sirena che incanta dal corpo slittante / The glamour is a bookrest for the siren that enchants by the skidding body

Per Ramon Gomez de la Serna, se le lenzuola sono gelate, allora si sogna in una slitta. Alice ha posato per uno scatto al bianconero. Pare che lei dorma dentro ad una barca “per amaca”, sulla spiaggia. Ma quanto uno scalmo per il remo avrà ricondotto alla concatenazione logica i sogni più fumosi che ondeggianti, e mediante i capelli di rimpiazzo vitalistico per le nuvole contemplative? L’inconscio si percepisce all’ossimoro d’un ghiaccio bollente, coi desideri sopiti. La duna di sabbia è più “carnale” della montagna con le rocce, se, a parità di slittamento, solo la prima scompare per immersione (grazie al mare). Realisticamente, contro il ghiaccio del bianconero, rispetto al sole balneare, qui vale il glamour della posa femminile. Ad esempio il vestito, con le righe alla marinara, permette di “navigare” sulla sinuosità del corpo.

Angela Luverà Rattray e l’arte al processo “archeo-botanico”

Angela Luverà Rattray è un’artista internazionale. Nel 1976, maturò il suo interesse per l’architettura del paesaggio, il restauro e la documentazione dei centri storici. Lei in aggiunta frequentò l’Accademia di Belle Arti di Roma, curando la pittura. Nel 1980 ci fu il suo trasferimento in Canada. Angela Luverà Rattray divenne un membro della Manitoba Printmakers Association. Il primo successo in Italia fu durante un concorso per installare una scultura, in modo permanente, presso l’Università di Modena. Nel 2002, Angela Luverà Rattray attirò l’attenzione dei canadesi. Una sua installazione, che si chiamava Adagio gioioso, fu esposta dapprima nella capitale Ottawa, e poi al Palazzo del Parlamento in Manitoba. Angela Luverà Rattray ha lavorato come docente universitaria, aiutando gli studenti canadesi nei loro scambi con l’Europa. Lei espose per l’Ace Art Gallery, la Site Gallery e la Centennial Concert Hall in Winnipeg. Da alcuni anni, Angela Luverà Rattray vive a Bassano del Grappa (VI), partecipando alle biennali locali d’incisione. I suoi lavori sono presenti in collezioni sia pubbliche sia private. Principalmente ce le ricordiamo in Canada, in Europa, negli Stati Uniti, in Asia ed in Australia.