Abstract: La scrittura filosofica di Nietzsche affascina e incanta con virtuosismi e abilità retoriche rocambolesche, colpi di scena e immagini grandiose. Il lettore viene immerso nell’aurea tragica e perentoria di una dialettica negatrice che fa trasalire per la sua persuasività nella critica di tutti i valori fondamentali della civiltà occidentale. Ma cosa ci vuole dire veramente? Contro cosa si scaglia il filosofo con tanta irruenza?
Gentili lettori, desidero segnalare la recente uscita di un nostro lavoro sulla rivista Cognitive Development. La pubblicazione presenta i dati di una ricerca sullo sviluppo del giudizio di approvazione morale dai quattro agli otto anni, condotta presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. Qui segue la copertura giornalistica di Brainfactor.
Stanley Milgram (1933-1984) fu uno psicologo sociale americano, noto al grande pubblico e agli studenti di psicologia per aver ideato e condotto, all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso, uno degli esperimenti più influenti e discussi dell’intera disciplina.
Gli anni sessanta e settanta furono anni particolarmente fecondi per la psicologia sociale, interessata a comprendere il pensiero e il comportamento dell’individuo all’interno della dimensione relazionale e di gruppo. La seconda guerra mondiale e i crimini nazisti lasciarono un solco profondo sia nelle nuove costituzioni degli stati europei e nei nuovi assetti geopolitici, sia nell’attività intellettuale di molti.
Rendo disponibile ai lettori di ScuolaFilosofica una dispensina che ho scritto in occasione della preparazione del corso sui metodi e le tecniche di studio della cognizione morale del bambino, per gli studenti iscritti alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Trento. Poiché il lavoro è lungo, i lettori lo trovano sul sito in diverse pubblicazioni che seguono la divisione in sei capitoli proposta nell’indice. L’autore riconosce il suo debito nei confronti di Paul Bloom, psicologo evolutivo americano, il quale ha recentemente pubblicato un ottimo lavoro introduttivo alla psicologia dello sviluppo del senso morale, Just Babies. L’autore, inoltre, ringrazia il prof. Luca Surian, dell’Università di Trento, per la guida nell’apprendimento della psicologia dello sviluppo, e la prof.ssa Renée Baillargeon dell’Università dell’Illinois ad Urbana-Champaign, per i preziosi insegnamenti su come si conducono le ricerche con i più piccolini.
Un’ulteriore conferma empirica della relazione tra stati sensoriali e valutazione morale è presentata da Eskine et al. su Plos One in un articolo titolato “The Bitter Truth about Morality: Virtue, not Vice, Makes a Bland Beverage Taste Nice”. Lo studio di Eskine et al. non solo corrobora l’ipotesi di una relazione, ma ne definisce per la prima volta il carattere bidirezionale.
Alcune delle più note teorie evolutive della morale affermano che il giudizio e il comportamento morale sono funzionali all’aumento del benessere del gruppo di appartenenza. Questo tipo di spiegazione dell’emergenza della morale, che sarebbe funzionale alla massimizzazione del benessere del gruppo di appartenenza, poggia su teorie come la selezione parentale. La semplice osservazione del giudizio morale umano ci dice però che …
Qual è l’influenza della religione sul comportamento morale? L’analisi della letteratura rilevante condotta da Paul Bloom della Yale University, pubblicata sull’Annual Review of Psychology col titolo “Religion, Morality, Evolution”, ci aiuta senz’altro a far luce sulla questione. Gli studi scientifici sulla religione sono pochi poiché il fenomeno religioso, in ambito scientifico, sembra ancora destare imbarazzo.
Ogni uomo e ogni donna, raggiunta una certa maturità biologica, sentono il bisogno di avere un figlio e non semplicemente di compiere atti sessuali. Esiste una differenza importante tra l’esigenza di compiere un atto sessuale e quella di avere una prole. Nel primo caso, si tratta di voler sfogare un bisogno impellente e di abbassare il proprio senso di solitudine sessuale il che può essere operato in molti modi e non necessariamente attraverso un atto sessuale che comporta, anche solo in linea di principio, la genesi della prole. Questo fatto può essere rimarcato dall’evidenza singolare e dalle statistiche sulle pratiche sessuali: molte persone preferiscono atti sessuali non vaginali per la soddisfazione del proprio bisogno, così che se tale bisogno è estinto con pratiche che rendono impossibile la procreazione e vengono preferite a quelle che, invece, possono causare la nascita di un nuovo individuo, allora può sussistere (e sussiste) la necessità esclusiva di esaurire il proprio bisogno sessuale indipendentemente dal bisogno di avere della prole. Viceversa, sussistono casi in cui si compiono atti sessuali con la finalità di avere dei figli. Tale necessità è, in genere, avvertita in modo cosciente e le persone se ne accorgono in base al fatto che la loro soddisfazione o felicità risulta indipendente dal loro benessere sessuale: si può essere sessualmente soddisfatti pur avendo il bisogno di avere un figlio. Ammesso che non sia un’esperienza umana sostanzialmente universale, riportiamo alcune evidenze che suggeriscono questa conclusione: (1) ci sono persone che sono disposte a praticare delle azioni figlie della superstizione pur di raggiungere l’agognato obiettivo; (2) ci sono persone che adottano dei bambini per averne uno; (3) ci sono persone che sono disposte a perseguire il proprio obiettivo con ogni mezzo consentito dalla scienza. Per tanto, è lecito distinguere il bisogno puramente sessuale da quello di procreare. Ne concludiamo che si parla molto spesso a sproposito di “bisogno di procreare” quando si parla di “istinto sessuale”. Da ora in poi assumiamo che le due proprietà siano distinte e, almeno parzialmente, indipendenti.
È senz’altro ridicolo tentare di riassumere il pensiero filosofico etico medievale in poche parole. Per questo non tento qui tanto un riassunto, quanto piuttosto di mostrare attraverso le figure filosofiche più importanti o significative, sempre selezionando i contenuti in ragione di una risposta alla nostra domanda, come questo – il pensiero – si muova attraverso i secoli fino alla modernità tenendo per lo più fermo un suo comune dominatore, che è allora in grado di unificarlo: la retta ragione (recta ratio). Preliminarmente possiamo dire che, rispetto all’etica antica, l’etica medievale non concepisce più il peccato come sopraffazione della parte irrazionale dell’anima su quella razionale, ma piuttosto come libera volontà di fare il male. La categoria della volontà è senz’altro una grande novità del pensiero etico medievale. Punto di continuità con il pensiero antico è invece proprio la recta ratio. Mostreremo che anche il pensiero etico medievale per lo più privilegia la componente della ragione a discapito della componente emotiva del processo di presa di decisione e azione morale.
Entrambe le grandi tradizioni antiche, quella platonica e soprattutto quella aristotelica, rimangono ben vive nel pensiero medievale. La prima si impone soprattutto nella prima fase del pensiero medievale, dopo Agostino, che propriamente è un filosofo del tardo antico; la seconda si impone nella seconda parte del pensiero medievale, con particolare forza dopo la traduzione in latino dell’Etica Nicomachea. Contrariamente alle tradizioni antiche, si afferma spesso, durante il medioevo, la visione per cui il sommo valore non è la felicità ma l’amore, atto della volontà. Sicché la volontà riceve un’attenzione prima sconosciuta. Sottolineo questo solo per dire che questo primato della volontà, spesso sostenuto (da Agostino prima di tutti), non è di per sé in contraddizione con il pensiero per cui deve essere la razionalità a guidare il processo di presa di decisione e quello d’azione. La contrapposizione volontà ragione non è la contrapposizione passione (o emozione, sentimento) ragione, a meno di non concepire la volontà come determinata dalla passione. A noi interessa il rapporto ragione passione.
L’etica è, in generale, lo studio dei comportamenti dell’uomo pensato come persona e non come entità puramente fisica. Le analisi possibili dell’uomo in quanto persona sono diverse: si può descrivere il comportamento umano per quello che è, da un punto di vista fisiologico, da un punto di vista psicologico, da un punto di vista sociologico o storico. Tutte queste analisi partono dall’assunzione che il comportamento dell’uomo possa essere descritto in termini scientifici e, ciascuna scienza per sé, indaga una regione particolare della realtà umana. Quest’approccio all’etica si può dire “descrittivo” perché non si domanda come le cose dovrebbero essere ma come le cose stiano. La base di studio è il dato empirico e, da questo, si verificano le ipotesi dalle quali si parte per cercare di prevedere, poi, il comportamento umano (a grandi linee).