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Tag: Italia

Business Intelligence e scenari internazionali: intervista a Marco Rota.

Buongiorno Marco Rota,  Ricercatore Associato presso la fondazione Gino Germani di Roma, nonché analista di Business Intelligence e di Political Intelligence, e benvenuto su Scuolafilosofica.   Ti ringraziamo per esserti reso disponibile a discutere della tua disciplina e di nuovi scenari internazionali al tramonto di questo decennio. Per iniziare, puoi spiegare ai nostri lettori cosa si intende per Business Intelligence, e cosa fa un analista come te?

Grazie del benvenuto, è un piacere dialogare con voi. Per Business Intelligence intendiamo i processi aziendali connessi alla raccolta informativa e all’analisi dei dati, che sono indispensabili per prendere delle decisioni. In sostanza, si tratta di monitorare scenari, contesti, realtà, e attrezzarsi per governare vantaggi e svantaggi competitivi. Nel mercato, nella competizione economica, ma non solo, le informazioni servono per decidere. Le nazioni, sin dai tempi della nascita dello Stato moderno, hanno usato le informazioni per compiere scelte rispetto a minacce endogene ed esogene. Nel mondo privato, i primi a gestire il mercato delle informazioni sono stati i veneziani e poi i banchieri fiorentini del Cinquecento… Per rispondere alla seconda domanda, io mi occupo di Country Risk e di Political Intelligence, in particolare del cosiddetto “rischio politico”. Cerco di spiegarlo nel modo più semplice: dati informatici, politici, economici e di altra natura, vengono analizzati prevalentemente con modalità statistiche, anche se l’attività di Human Intelligence è necessaria in quasi tutti gli scenari più delicati. Le aziende vanno supportate nel valutare le aree di crisi, le opportunità, i soggetti, le controparti, il business, le minacce. Per fare questo bisogna avere accesso alle informazioni e saperle analizzare.

I rapporti tra Stato Italiano e Chiesa – Evoluzione o immobilismo?

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Questo lavoro vuole risolvere, attraverso un’argomentazione storica, il problema se si possa veramente parlare di evoluzione sostanziale dei rapporti tra Stato Italiano e Chiesa, così dei rapporti tra Chiesa e cittadino italiano.

Non è possibile risolvere in modo netto il problema. Dobbiamo distinguere due elementi nella questione.

Da una parte non c’è un sostanziale mutamento di atteggiamento da parte della Chiesa nei confronti del cittadino, se non quello imposto necessariamente dalla storia dello Stato. Considerando globalmente gli avvenimenti storici riguardanti l’Italia e la Chiesa, avvenuti negli ultimi centocinquanta anni, si può concludere che la Chiesa si apre al cambiamento quando, ormai, non può più fare altrimenti, e che, dunque, si pone costantemente come forza reazionaria, salvo poi, di fronte all’oggettiva impossibilità di cambiare la realtà, in primis con lo scopo nemmeno troppo dissimulato di tutelare i propri interessi, si adatta ai cambiamenti avvenuti. Dall’altra parte sì, i rapporti tra Stato e Chiesa, come quelli tra Chiesa e cittadino, e quelli tra Chiesa e sistema politico italiano, cambiano senz’altro negli ultimi centocinquanta anni, ma non certo nella direzione voluta dalla Chiesa. Molte conquiste laiche dello Stato, come il divorzio e l’aborto, si sono di fatto ottenute nonostante la contrarietà esplicita e influente della Chiesa. Quello che però va detto è che c’è questa contrarietà, e che è costante durante tutta la storia del nostro paese, determinando un rallentamento nel cammino laico e liberale del paese, di ieri e di oggi.

L’ignoranza non paga per sempre – Un’analisi critica della situazione carceraria in Italia.

Non molto tempo fa, due fatti piuttosto inquietanti: la morte di un giovane in prigione in circostanze oscure, Ciro Ruffo; il suicidio di un’ex brigatista, Diana Blefari. L’indignazione pubblica è sorta e tramontata, seguita a ruota dai mass media e dal ministro della Giustizia, costretto a scomode inchieste.

Aspettando i risultati, diamo uno sguardo a dati concreti. Secondo un articolo del “Corriere della Sera”, i suicidi in carcere nel solo 2009 sono stati in totale 67, [1] le morti 169. In un altro articolo, alcuni politici sostengono che la qualità di vita nelle prigioni spinga a gesti estremi, fino al suicidio. [2] In Italia, dal 1990 al 2000 c’è stato un aumento di 20.000 detenuti, cioè si è passati da 32.000 detenuti a 53.000.[3] Sempre per la stessa decade di riferimento, per ogni anno c’è stata una media di due milioni di delitti denunciati, cioè, se la popolazione italiana è di sessanta milioni, c’è una denuncia ogni trenta persone. Ma il dato più significativo viene da un’altra serie di dati: 55.624 detenuti nel 2001, quasi uno ogni mille abitanti, per 43.507 posti letto disponibili. La densità carceraria era la seconda d’Europa, inferiore solo a quella greca. In due parole: le carceri sono sovraffollate, la qualità della vita non può che essere conseguente.