Saponaro ci ha ricordato che l’astrattismo di Kandinsky e la fenomenologia di Husserl nascono più o meno negli stessi anni. Ma < come > si praticheranno le loro teorizzazioni? Per la fenomenologia di Husserl, se un certo uomo si relaziona col mondo, genericamente lo fa avendo coscienza < di > quello. Gli esempi sono molto immediati da capire. Io posso avere la coscienza < di > un tavolo, < di > un’anima, < di > un sogno, < di > un oggetto (tanto materiale quanto astratto), ecc… A Husserl interessa il “filtro” coscienziale. Fra il soggetto conoscente e l’ente conosciuto, sempre s’inserisce la preposizione semplice del < di >. E’ la caratteristica intenzionalità, che rientra nel metodo della fenomenologia. Ciò che meramente ci appare, “punta” alla sua oggettivizzazione nell’esteriorità. E’ una forma di posizionamento, da parte della coscienza. Husserl se ne serve per ricusare le teoretiche del passato. Non avviene la completa riduzione dell’oggetto da conoscere al soggetto che conosce. Ciò valeva per l’idealismo. Nemmeno avviene la mera adeguazione dell’intelletto all’esistenza d’un ente. Ciò valeva per il realismo. Husserl insomma cerca la novità d’una “terza via”, per l’apparenza dal sensibile all’ideale. Il suo < di > per l’intenzionalità è dialetticamente ri-movibile. L’oggetto non si fa bloccare da una sintesi idealistica, mentre il soggetto non si fa bloccare da un adeguamento realistico. Prima di razionalizzare tutto mediante la metafisica, conviene dunque posizionare come un certo uomo si relaziona col suo mondo di vita. L’esistenza appare fra i limiti dell’esteriorità. E’ la dimensione del < come > a consentire l’apparenza d’una sintetizzazione idealistica che s’adegui alla realtà.
...all we need is philosophy