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Tag: Eric J. Hobsbawm

L’età degli imperi – Eric J. Hobsbawm

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Imperialismi di Erik J. Hobsbawm


L’età degli imperi dello storico inglese Eric J. Hobsbawm è un trattato di storia che considera il periodo 1875-1914, cioè il momento di ascesa prima della caduta degli imperi. Questo è il periodo storico che vede l’ascesa degli Stati Uniti come potenza regionale ma già proiettata verso il Pacifico e l’Europa simultaneamente, ma anche del Giappone imperiale e delle altre potenze europee, in particolare dell’Inghilterra e della Germania ma anche dell’Italia giolittiana. E’ invece il periodo infausto per altre superpotenze come la Russia zarista e la Cina dei Qing ed è infatti il prologo della loro caduta e resurrezione su altre basi. Questo è il periodo di suprema ascesa della borghesia e del capitalismo di stampo ottocentesco e la proiezione del dominio della tecnologia e del capitale europeo sul resto del mondo colonizzato, sempre più organizzato in funzione del fabbisogno di materie prime delle potenze europee. Come si evince, dunque, a volo di uccello, si tratta di uno dei periodi di massimo splendore e decadenza della potenza europea, laddove Eric J. Hobsbawm mostra in modo esemplare le luci e le ombre di un periodo storico che ha nella sua stessa brillantezza le basi dell’autodistruzione avvenuta compiutamente nella prima guerra mondiale (1914-1918), scelta come momento di cesura dell’età considerata.

Imperialismi – Erik J. Hobsbawm

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Il grande storico E. J. Hobsbawn, autore di grandi lavori quali Il secolo breve, parte da un’analisi del recente passato della storia del mondo (quella del periodo imperiale inglese, il cui apogeo ruota attorno al secolo 1815-1915) per scandagliare somiglianze e differenze tra la politica imperiale britannica e quella del nuovo “impero”, gli Stati Uniti. Hobsbawn è preoccupato sostanzialmente di razionalizzare tutte le inquietudini che il nuovo tipo di tecnica politica statunitense ha scatenato dalla fine dell’Unione Sovietica: con l’URSS un equilibrio di potere era ancora pensabile mentre, oggi, con l’assenza di un uno Stato potente (sotto un profilo militare) che possa controbilanciare le spinte autoritarie della politica estera degli Stati Uniti, ci troviamo di fronte ad un monopolio delle decisioni politiche.