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La prima volta che ho letto Il signore degli anelli avevo diciassette anni ed è stato per via di una scommessa lanciatami da mio padre, il quale era scettico del fatto che avrei potuto leggerlo in meno di un mese. Non solo vinsi la scommessa con ampio anticipo, ma scoprii almeno un mondo: quello di una parte del Legendarium di John Ronald Reuel Tolkien, di cui il Signore degli anelli è senz’altro una parte importante. Ma in realtà la scoperta, forse più importante, è stato del mondo che conosce Tolkien in molte delle varie sfaccettature della sua vasta produzione. Da quel momento, infatti, iniziai a discutere con diversi miei amici delle interpretazioni dell’opera di Tolkien e dei vari risvolti della sua produzione. Certo, si trattava di analisi parziali, incomplete e frutto soltanto della passione di alcuni amici. Ma questo è il punto: un “classico” è proprio un testo che diventa un luogo comune e che consente, così, di intrattenere argute discussioni ad ogni livello di competenza.