“La riflessione teologica sulla guerra giusta nelle interpretazioni di Juan Ginés de Sepúlveda e Francisco Suárez” è l’ultimo libro di Giuseppe Gagliano. Giuseppe Gagliano La…
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Vi siete sempre chiesti cosa è Scuola Filosofica? Cosa può offrire e non avete voglia di leggere? Ecco un video di soli 2 minuti che…
A prescindere dal risultato economico delle singole aziende agrarie delle colonie penali agricole, si deve in ogni modo constatare che la colonizzazione interna della Sardegna, che la legge si riprometteva di ottenere, mediante tale istituzione, non è stato ottenuto. Per esempio la colonia del Sarcidano, come tutti gli insediamenti penitenziari, non diventerà mai un paesello autosufficiente, confermando l’assunto che la struttura penitenziaria prevale e si impone a qualsiasi logica produttiva finalizzata all’autosufficienza. Al recluso doveva sostituirsi, dopo la bonifica, il colono libero, che fissandosi con la sua famiglia nelle case coloniche, avrebbe dovuto concorrere assieme agli altri, alla cosiddetta colonizzazione interna. Se questo avvicendarsi di reclusi e di liberi coloni si fosse realmente realizzato, oggi avremo descritto gli sviluppi di una vera colonizzazione.
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Il regolamento per le colonie penali agricole entrò in vigore ufficialmente nel gennaio del 1887[1]: gli articoli erano settantadue e all’interno di questi erano scritte le regole per la buona gestione economica di una colonia penale, oltreché l’organizzazione del lavoro e le varie mansioni. Partiamo proprio da queste ultime: la colonia aveva alla guida il direttore che rispetto al passato perse la sua totalità decisionale. Infatti, si instaurò una nuova figura di primaria importanza, ovvero quella dell’agronomo. Ben tredici articoli del nuovo regolamento erano riservati a questa figura, assimilabile al vicedirettore, e che aveva diritto di voto per quanto concerneva “tutti gli affari di qualche importanza relativi all’andamento industriale della colonia e specialmente all’attivazione di nuove coltivazione, nuove costruzioni, lavori di miglioramento, ecc. […]; era responsabile della buona conservazione delle macchine, degli attrezzi e degli utensili, nonché dei prodotti e del bestiame. Aveva il compito di formare le squadre di lavoro dei detenuti.”[2] Giuseppe Cusmano fu l’agronomo più in vista fra quelli impegnati nelle case di pena intermedia: si dimostrò un abile “pubblicista oltremodo fertile e nei suoi (numerosissimi) articoli si occupò di questioni direttamente legate all’agricoltura, così come alla medicina, all’igiene e all’amministrazione penitenziaria. Non a caso Cusmano lavorò stabilmente per parecchi anni come agronomo nella colonia di Castiadas, nel Sarrabus, senza mai mancare di avere numerose collaborazioni con le altre colonie. È proprio grazie a Giuseppe Cusmano che disponiamo la maggior parte delle statistiche sulle colonie penali agricole sarde.
Come sempre siamo lieti di riportare l’uscita della Rivista di Scacchi, arrivata al 52° numero. Buona lettura a tutti! Rivista Scacchi 53
“Scacchi, Informatica e Conoscenza” è una conferenza tenuta a Cagliari il 2013 da Giangiuseppe Pili e Stefano Sabatini durante l’evento Turisport, considerato anche nella storia ufficiale del…
Che ci sia un nuovo giochino dei Pokemon è un fatto del tutto irrilevante, almeno per chi non si interessi in prima persona o per lavoro di videogiochi. È così irrilevante che faccio fatica fisica anche solo a parlarne [*].
Ora, se questa deve essere un’occasione di riflessione, lo sia non tanto sull’introduzione del gioco e sul fatto che sta avendo particolare successo, ma sul fatto che troppe persone – tra i miei conoscenti, circa due su tre – parla a sproposito, come pure spesso succede, commentando con luoghi comuni difficili da digerire. L’impressione è quella di essere davanti ad un implacabile esercito di filosofi che, digiuni da tempo di ispirazione critica sui temi della morale, del buon gusto e dell’ontologia, all’improvviso trovino le parole (inadatte) ad esprimere il loro genio lungamente represso.
Premetto di essere un grande amante dei videogiochi. Quelli per console in particolare. E mi son sempre chiesto, quasi con timore, “cosa succederà se un giorno la Nintendo dovesse iniziare a vendere giochi per cellulari?”
Sapevo in cuor mio che ciò prima o poi sarebbe accaduto. Una conseguenza quasi ovvia del mercato, tutti possiedono almeno un cellulare e in tanti trascorrono svariate ore con giochi come Candy Crush e simili. Le conseguenze di quel mio timore le ho viste alcuni giorni fa in un video su Youtube. Inizialmente non volevo crederci, pensavo fosse un falso. Decine, forse centinaia di persone che camminavano e correvano come Zombie a Central Park alla ricerca di un Pokémon. L’ho guardato più volte, non poteva essere davvero così, invece era la realtà. La realtà aumentata. Viene chiamata così questa tecnologia che, attraverso la fotocamera del telefono, fa apparire i Pokémon nello schermo dei giocatori nei luoghi che sono inquadrati in quel momento. Con Pokémon Go, in sostanza, bisogna camminare e controllare nella mappa della propria città dove appaiono i Pokémon, per andar poi a catturarli. L’idea in sé è anche brillante. Tra l’altro esisteva già nel 2011 con il Nintendo 3DS dove inquadrando delle carte speciali apparivano dei mostri che prendevano vita nell’ambiente ripreso.
Le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere una “Cronaca della Seconda Guerra Mondiale”, oltre quarant’anni dopo l’opera con titolo analogo di Hillgruber e Hümmelchen, sono facilmente comprensibili.
Quell’opera, come manuale di pratica e rapida consultazione degli eventi di quei terribili sei anni era sempre, a mio avviso, un punto di riferimento valido per studiosi e appassionati, pur essendo stata scritta negli anni Sessanta.
Tuttavia, una radicale riscrittura appariva opportuna: determinati teatri e scacchieri, come quello mediterraneo e soprattutto del Pacifico, non erano stati oggetto della stessa attenzione riservata, ad esempio, al fronte orientale. Alcuni avvenimenti erano descritti con una cura dei dettagli che mancava totalmente in altri, ben più importanti sia per l’entità delle forze impegnate che per le conseguenze strategiche o tattiche.
For my Bachelor’s dissertation I have delved into the approach to International Relations Theory based on Complexity studies, grounding the account into what Robert Jervis proposes in his book System Effects. This understanding of international relations puts classic conceptions of levels of analysis into question. A long-lasting debate on which should be the fundamental unit of analysis for an IR (International Relations) theory has characterized the discipline and any theoretical proposal has provided its views and assumptions regarding this problem[1]. Thus, in presenting the complexity approach to IR, it is necessary to make clear its stance on that as well.
The historical debate has considered mainly three levels of analysis: individuals, states and system. These ones go from the lower level to the higher, and even if the second one is sometimes eluded[2], the logic of such scheme can be easily grasped. On one extreme, liberalism[3] has historically preferred the first level, as people express and act accordingly to their preferences and interests and then form higher levels’ behavior and effects. Gender approaches[4] second these liberal assumptions, focusing on individuals’ issues and relative power of different genders.