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Scuolafilosofica Posts

Fabrizio Minniti | Tragedy in Afghanistan: Recent History and Developments | Intelligence & Interview N.38 | Giangiuseppe Pili


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I know few people who are better suited to cover the recent (tragic) events in Afghanistan than Fabrizio Minniti. Fabrizio is an expert in the region, and he stationed there for some time. I had the pleasure to listen to him talking about it, and I realized that he was the perfect person to address the new Afghan context, and helping us in understanding the unfolding events. All the people selected and interviewed for Intelligence and Interview are outstanding experts and researchers, and some of them I know personally. However, Fabrizio is uniquely positioned as he is my first co-author’s paper in an international journal: What Happened? After-Effects of the 2007 Reform Legislation of the Italian Intelligence Community! Thank to his deep knowledge of the intelligence realm, especially at the national level, we issued a paper on the history of Italian intelligence for the International Journal of Intelligence and CounterIntelligence, which is still substantially a unique piece of research considering the Italian case. It was a great honor and experience working with him on this project and, please, don’t ask: We will work on follow-ups very soon! Then, I invite you to follow Fabrizio and his work, starting from this interview. It is then with my distinct pleasure to publish the interview on Scuola Filosofica – for those who don’t know it yet; it is one of the leading cultural blogs in Italy. In the name of Scuola Filosofica Team, our readers, and myself, Giangiuseppe Pili, Fabrizio: thank you!


1# Fabrizio, let’s start from the basics. How would you like to present yourself to the international readers, and Philosophical School (Scuola Filosofica)?

I am Fabrizio Minniti, a former researcher at the Military Centre for Strategic Studies (Italian MoD), international security expert, analyst, consultant, and political advisor to international organizations. I am the author of numerous publications on terrorism, intelligence, and nuclear non-proliferation.

Band of Robots – La guerra all’epoca dei sistemi d’arma autonomi

https://pixabay.com/it/photos/robot-robotica-futuro-tecnologia-2658699/

Automatismi e Autonomia[1]

L’indispensabile processo di definizione, con la migliore precisione possibile, dell’oggetto dell’indagine è particolarmente difficile quando si debbano prendere in considerazione gli sviluppi della tecnologia che da sempre accompagnano, in forma pressocché simbiotica, l’evolversi della storia umana. Quando poi la tecnologia è quella militare, le cose si complicano ulteriormente perché le armi nascono dalla cultura tecnica generale di una società, nel contempo però la influenzano e la condizionano; sono strumenti per distruggere una realtà ritenuta inaccettabile e costruirne una nuova, e ciò facendo spargono sangue umano. Non vi è da stupirsi quindi che, dalle origini dell’uomo, all’attrezzo “arma” sia stata dedicata una attenzione particolare e che la loro evoluzione sia stata in molti casi più accelerata di quella dei manufatti non adatti ad uccidere.

Una guida alla pubblicazione internazionale “Peer-review” – Tutto quello che avreste voluto sapere ma non avete mai osato chiedere

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:In_Peer_Review_We_Trust.jpg

Abstract

In questo lavoro presentiamo Una guida alla pubblicazione internazionale. Questa analisi intende guidare il lettore alla comprensione del meccanismo di pubblicazione della ricerca internazionale nelle principali riviste di settore che costituiscono il benchmark universale della ricerca scientifica.


Introduzione

Scrivo questo articolo in lingua italiana, perché so molto bene che un testo simile può avere uno scopo principalmente per persone come me, ovvero che hanno iniziato a studiare in Italia completamente all’oscuro di come funziona il sistema editoriale scientifico che è alla base di ogni carriera universitaria e simil-universitaria (think tank etc.) all’estero, dove con ‘estero’ intendo un limitato numero di stati che fanno capo principalmente (ma non esclusivamente) al sistema anglo-americano (USA, UK etc.) o europeo-continentale (Germania, Olanda, Polonia etc.). Infatti, un preciso percorso meritocratico, ovvero fondato principalmente su fatti misurabili, è appannaggio di pochi Paesi. Non starò qui a sostenere in quale contesto l’Italia si situi e lascio decidere al lettore da che parte stare. Ma quale che sia la sua parte, sarà potenzialmente interessato a scoprire come funziona il meccanismo scientifico di pubblicazione, che è fatto di regole precise e misurabili.

La Costituzione estetica al genitivo impolitico d’un Potremmo

Da Heidegger, il Destino della Metafisica Occidentale non sembra tanto l’aver “ridotto” l’Essere ad un ente particolare. Questo identificherà l’idea di Platone, il motore immobile di Aristotele, la res cogitans di Cartesio ecc… Piuttosto, il Destino della Metafisica Occidentale si compirebbe avendo “esagerato” l’Essere. Servirà “caricarvi” il potere d’un ente particolare, ed essenzialmente per lo strutturalismo in politica. Heidegger menziona il “mistero” d’un cammino verso il linguaggio. Forse egli ci chiede di rimpiazzare la politica, e mediante l’estetologia. Solo quest’ultima è percepibile mettendo la creatività prima della libertà. Precisamente, l’estetologia vale nella sua formatività. La creatività presuppone il potremmo, per cui uno si limita da solo, verso un servizio agli Altri, senza la necessità dell’autogiustificazione (mediante la “banalità” d’un potere).

Da Heidegger, ci ricordiamo la dialettica fra il Welt e la Erde. Il primo identificherà il Mondo (per il concettualismo del potere); la seconda rinvierà alla Terra (da un “lirismo” del potremmo)[1]. Forse, l’ontologismo di Heidegger va filtrato tramite il vitalismo di Deleuze. Se la filosofia è creazione di concettualismi “muscolari”, alla “misteriosa” e “lirica” Erde s’allaccia una “non più meccanica” de-territorializzazione[2]. Il cammino verso il linguaggio di Heidegger diventa la perdita del presupposto plato-hobbesiano per cui l’uomo deve governarsi solo tramite la politica. Qualcosa da percepire in chiave estet-ontologica. Se i concetti per Deleuze sono agonistici, giacché quelli “s’allargano” gli uni sugli altri, allora bisognerebbe “svelare” un Destino della Generazione Metafisica, tramite dei “parti” concettuali(stici).

Come scrivere recensioni di ogni tipo – Una guida

Review by Nick Youngson CC BY-SA 3.0 Pix4free.org

Dopo più di dieci anni di esperienza nella scrittura di recensioni, ho pensato di scrivere una guida essenziale. Il lettore scoprirà innanzitutto cosa significa scrivere una recensione, perché è importante sapere cos’è e come scriverne di diversi tipi. Per coloro che non amano i tecnicismi, la filosofia analitica, o semplicemente non hanno tempo, beh, è possibile saltare la sessione successiva andando direttamente alla terza. Ma come si può, di questi tempi, incoraggiare la pigrizia mentale?

Come verrà mostrato, una recensione è un mezzo tra un dato contenuto di partenza e un lettore mirato. Pertanto, una recensione è principalmente un mezzo per un fine. Iconoclasticamente, una recensione si può intendere come un pezzo di tecnologia dell’informazione molto specifico (per così dire) il cui obiettivo è guidato da una particolare necessità di informazioni da affrontare. Di conseguenza, la struttura, il contenuto e la coerenza di una recensione dipendono intrinsecamente dal suo ultimo requisito informativo. Una recensione scientifica sarà diversa dall’analisi critica di un romanzo. Con tutte queste considerazioni preliminari in mente, tuffiamoci nel vasto mare delle recensioni!

[Segnalazione] Be Coherent with Yourself: A Pluralistic Approach to Objectivity for Intelligence Analysis


Pili, G., (2021), “Be coherent with yourself! A pluralistic approach to objectivity for intelligence analysis”, American Intelligence Journal, 38:1, 96-103.


Is objectivity possible in intelligence analysis? This long-lasting question can be answered by a new and pluralistic approach to objectivity within the s objectivity possible in intelligence analysis? This intelligence studies literature. If objectivity is possible, first, it must be defined. Second, it must be understood in terms of its attainability—in what way, how, and to what extent. A systematic analysis is offered to tackle the issue through the different angle offered by the philosophy of science, which already engaged in close issues such as politicization in science. Ultimately, the challenge is to fix the analyst’s duty in the face of his/her goal, which requires unfolding the implicit intelligence analyst’s worldview. Finally, balancing reality and ideals, the slogan of intelligence should be: “Be coherent with yourself; be coherent with what you know,” instead of “Speak truth to power.” A conceptual defense of this very idea will be explored systematically. Interested? Write me at scuolafilosofica_AT_gmail.com!

Leggere i Nobel alla letteratura – IVAN BUNIN

 

Di recente, parlando con il Master Chief di ScuolaFilosofica.it, Giangiuseppe Pili, è emerso che nel sito scarseggiano recensioni di libri scritti da russi. Indagando su questa curiosità, la conversazione si è defilata facilmente sulle idee personali circa la caratura delle varie letterature continentali, e da ambe le parti, ogni tanto, son partite scorribande di convinzioni individuali volte ad arrembare la solida nave delle convinzioni dell’altro.

Itai Shapira | Strategic and Tactical Intelligence & Philosophical Approaches to Intelligence Theory | Intelligence & Interview N.37 | Giangiuseppe Pili

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The very notion of intelligence is nuanced and broad. An entire branch of intelligence studies is devolved to exploring what intelligence is. This is what Mark Phythian and Peter Gill called “definitional project” in their taxonomy. Several scholars tackled the definition of intelligence, starting with Michael Warner’s pioneering paper Wanted: A definition of intelligence published in 2002 (almost achieving the twenty years anniversary). After him, many more tackled it (be kind if I advertise that I also proposed a philosophical definition of intelligence in 2019). But another crucial topic is the exploration of intelligence analysis functions such as strategic intelligence and tactical intelligence. Interestingly, strategic intelligence is still a difficult nut to be cracked. Probably because of its dependency on theory. Basically, strategic intelligence allows the identification of the enemy’s intentions to avoid surprises at the strategic level. Easy to say, but very difficult to achieve. Indeed, at least in the public debate, there is a sense that the Cold War was a predictable confrontation from a strategic perspective. Unfortunately, strategic intelligence was pursued with risk and uncertainty as everything else in intelligence. Although it is so important, it is still an underexplored topic. When I first read Itai Shapira’s paper, published by Intelligence and National Security (2019, Strategic Intelligence as an Art and a Science), I hoped we could have covered this topic, and now I am even more persuaded of this choice. Sure, the fact that he tackles the issue from theoretical and philosophical perspectives allured me even more. But, as you will see, there is a good reason for tackling strategic intelligence from this angle. Itai helps us understand the nature of strategic intelligence and tactical intelligence with a very innovative (fresh, I would venture to say) approach. It is then with my distinct pleasure to publish the interview on Scuola Filosofica – for those who don’t know it yet; it is one of the leading cultural blogs in Italy. In the name of Scuola Filosofica Team, our readers, and myself, Giangiuseppe Pili, Itai: thank you!


1# Itai Shapira, let’s start from the basics. How would you like to present yourself to the International readers and Philosophical School (Scuola Filosofica)? 

I am currently a PhD candidate at the University of Leicester, studying Israeli national intelligence culture. I am a retired Colonel from the Israeli Defense Intelligence (IDI), where I have served for more than 25 years in various intelligence analysis and management roles – on the tactical, operational, and strategic levels. As a great believer in the dialectic of practice and theory, and after such a long period in the practice of intelligence, I am devoting the current period to a more theoretical perspective, trying to develop some theoretical concepts which in turn could influence practice.

Roland Barthes e la moda che atrofizza ogni variazione di stile (dal sigillo del “gangster” al nomignolo del ciclista)

Per Barthes, la dimensione del linguaggio (necessariamente codificato sia dalla sintassi sia dalla grammatica) non sosterrebbe mai i sensi d’una qualsivoglia parola. Fra il primo e la seconda, mancherebbe una separazione. Più semplicemente, succede che il linguaggio sia la singola parola. La filosofia di Barthes rientra nel tradizionale strutturalismo. Il senso d’una qualsivoglia parola comunque non sarebbe “nulla”, senza la simultaneità del suo codificarsi, grazie al linguaggio. La grafia testuale oppure la sonorità della voce precisamente si strutturano. Esse non si sostengono sul senso delle parole, perché lo determinano.

Però il linguaggio poetico è diverso, parendo strutturato al rinviare oltre se stesso. Là, tutte le parole hanno un senso “sorretto”. C’è la strutturazione della grammatica e della sintassi, ma verso la propria ristrutturazione d’un simbolismo. Per Barthes, la moda vanterebbe quasi una linguistica “poetica”. Ad esempio, la maglia sarà universalmente “codificata” per “riscaldare” il corpo. Però, quella finisce per diventare “liricamente” mitologica (idealizzandosi). La maglia presto si percepirà in tutto il “calore” della “comodità (praticità) esistenziale”. L’origine strutturalistica della moda col tempo tenderebbe simbolicamente al mitologico. I vestiti quindi si supportano, come accade per le parole poetiche. Sembra che quelli “atrofizzino” idealisticamente il mero funzionalismo alla loro origine. Certo ogni lirismo dovrà “cedere il passo” allo strutturalismo.

Longevità – Perché invecchiamo e perché non dovremmo farlo – David Sinclair

Sinclair, D., (2019), Lifespan, London: Harper Collins


Longevità è un saggio introduttivo ai principi chimico-biologici della durata nell’esistenza, per dirla filosoficamente. Sinclair si prefigge come obiettivo quello di spiegare le ultime ricerche sulla longevità (ovvero, sulla prolungazione della vita indefinitamente). Egli enuncia cause ed effetti di quella che lui ha chiamato “teoria informazionale della longevità”. Inoltre, Sinclair cerca di trarre utili conseguenze dai dati ricavati per avere immediatamente un impatto sulla propria (e altrui) qualità e quantità della vita. Probabilmente futuro premio Nobel, Sinclair delinea le principali tesi che possono riassumersi in poco, ovvero nello spazio di questa recensione.

Prima di tutto le cause. La vecchiaia, secondo Sinclair, dovrebbe essere equiparabile ad una malattia. Non esiste un limite fissato ex ante per la morte, o la vecchiaia stessa. Per quanto ne sappiamo sulla codifica del genoma umano, non esiste una combinazione meccanica di geni che porti alla morte. La vecchiaia, secondo Sinclair, è causata essenzialmente dalla moltiplicazione di errori nella codifica del DNA, e altri processi cellulari, a seguito di cause esterne.