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Il paradosso della realtà virtuale

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Consigliamo in SF – I paradossi dalla A alla Z di Michael Clark


Se in un bambino cresce in un una realtà virtuale in tutto identica alla realtà, in cosa egli sarà diverso da un bambino che cresce nella realtà?

 

Per chiarire questo problema bisogna definire con più precisione cosa si intenda per “bambino”, “cresce” e “realtà virtuale” e “realtà non virtuale”.

Il paradosso dell’analisi

Possiamo analizzare la nozione di padre dicendo che “essere un padre” vuol dire essere un genitore maschio. Però, se ciò è corretto, sembra allora che si dica la stessa cosa espressa dall’asserzione “Essere un padre è essere un padre”. Eppure, se le cose stessero davvero in questo modo, l’analisi sarebbe un lavoro banale. Ha senso, allora, chiedersi se sia possibile un’analisi davvero informativa nel vero senso della parola?”[1]

 

Le proposizioni di uguaglianza come “Marte è il pianeta rosso” sono della forma “x = y”. La forma “x = y” è identica a quella della proposizione “x = x”, vale a dire la proposizione che enuncia l’identità di una cosa con se stessa. L’identità è una tautologia ed è priva di significato. Se “x = y” ha senza dubbio la stessa forma di “x = x”, allora o “x = x” e “x = y” hanno lo stesso significato, oppure no. Se hanno lo stesso significato, allora l’uguaglianza “x = y” è da considerare una tautologia. Se non hanno lo stesso significato allora l’uguaglianza ha una sua ragion d’essere, cioè esprime un contenuto informativo non ovvio, a differenza della tautologia.

Il paradosso del credente che rispetta se stesso e le credenze altrui – “Il paradosso di Berardi”

Uncleduke, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons

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Se “Credo che p” e “rispetto tutti coloro che non la pensano come me”, allora o ignoro ciò che credono gli altri oppure non li rispetto. Se rispettassi le credenze degli altri, allora dovrei crederci ma io non credo alle credenze degli altri. Se ignoro le credenze degli altri allora non le rispetto perché non posso rispettare ciò che ignoro.


Il paradosso diventa chiaro non appena si espliciti il contenuto implicito di “tutti coloro che non la pensano come me”. Esso significa “l’insieme dei soggetti che non credono che p”. Ciò non equivale necessariamente a dire “l’insieme dei soggetti che credono non-p” perché posso semplicemente non avere la credenza intorno a p senza ritenerla falsa. Bisogna sempre tener distinti il livello del linguaggio fattuale e quello di credenza. Dire “Io credo che p” non è vera se è vera p, ma solo se io credo a quella determinata cosa.

Il paradosso dei corvi

                       

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(C) “Tutti i corvi sono neri” è logicamente equivalente a (C-) “Niente che non è nero non è un corvo”. Una penna bianca conferma (C-), ma sicuramente non conferma (C), anche se (C) dice la stessa cosa di (C-).

Il paradosso dei corvi è un classico della filosofia analitica. Da un punto di vista logico le espressioni “Tutti i corvi sono neri” e “Qualunque elemento di un insieme tale che non è nero allora non è un corvo”. In altre parole, alla proprietà “Essere corvo” segue necessariamente la proprietà “Essere nero” così vale la relazione di implicazione: Corvo(x) → Nero(x). Di conseguenza, se Nero(x) è negato, allora automaticamente è negato anche Corvo(x) se il conseguente è falso, allora deve esserlo anche l’antecedente (infatti, la proposizione sarebbe automaticamente falsa se l’antecedente fosse vero e il conseguente falso).

Soluzioni del paradosso dell’ingannatore che non inganna nessuno

https://www.flickr.com/photos/68530971@N03/6273931698/

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Consigliamo in SF – I paradossi dalla A alla Z di Michael Clark


Per una chiara enunciazione del problema e una possibile analisi, rimandiamo all’articolo già presente sul sito. In questa sede proponiamo alcune soluzioni proposte.

Soluzione della disgiunzione intenzione, credenza e atto linguistico

Il problema dell’ingannatore che pur volendo mentire dice il vero, è stato affrontato a lezione di filosofia del linguaggio (pragmatica) insistendo su questi tre punti: esiste una distinzione tra intenzione di un parlante, la sua credenza in merito a qualcosa e l’atto linguistico che proferisce. L’idea chiave è sostenere che il punto più rilevante è l’intenzione con cui viene sostenuto un certo atto linguistico indipendentemente dall’atto linguistico stesso.

Teoria dell’errore – L’etica secondo John Mackie

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Consigliamo I tre generi dell’etica Percorso di etica e metaetica 


John Mackie è un autorevole interprete di Hume e la sua filosofia incorpora alcune reminiscenze humeane. Innanzi tutto egli sostiene che non esistano dei fatti intrinsecamente morali che consentano una fondazione dell’oggettività in etica. Se essi ci fossero, allora o sarebbero indagabili dalle teorie scientifiche oppure no. Se no, allora dovremmo avere una facoltà particolare in grado di conoscere le peculiari proprietà morali, il che è molto difficile da accettare. Tale argomento si chiama argomento della stranezza per via del fatto che le proprietà morali sarebbero “strane” rispetto alle normali proprietà fisiche, studiate dalle scienze naturali. In secondo luogo, se la morale si fondasse direttamente su proprietà morali oggettive, allora non darebbe adito a grandi discussioni, viceversa, tali problemi ci sono. Inoltre, Mackie osserva che nella storia non solo ci sono state moltissime varianti di sistemi morali, ma pure all’interno di una stessa società sono stati adottati più codici distinti: in medesime società, in tempi diversi sono stati adottati i più svariati sistemi morali. Inoltre, si potrebbe anche discutere sull’idea che tali codici morali abbiano effettivamente delle regole in comune, universali, giacché alcuni sistemi etici prevedevano il cannibalismo, piuttosto che il sacrificio rituale di animali o uomini. Insomma, la morale non si fonda su proprietà morali distinte da quelle fisiche né consente di pensare ad un linguaggio morale che sia in sé oggettivo.

L’Etica secondo Max Weber

https://flic.kr/p/e5kyzj

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Consigliamo in SF I tre generi dell’etica Percorso di etica e metaetica di Giangiuseppe Pili


 

  1. I fatti sono oggetto di conoscenza della scienza naturale
    1. La scienza è un sistema di costruzione di mezzi
    2. La scienza, dunque, non costituisce un sistema di fini
    3. La scienza è neutra rispetto a ciò che conosce
  2. I valori sono definiti da proprietà e relazioni che non valgono per i fatti
  3. L’atto valorativo è un atto soggettivo
  4. I valori sono relativi al soggetto
    1. Ovvero ogni atto di valutazione è relativo all’individuo che lo compie
    2. Non ci sono atti di valutazione oggettivi
  5. Non esistono procedimenti che consentano di dirimere preferenze di valori
  6. La norma non è determinata da alcun principio oggettivo fondativo
  7. L’adozione di un’etica è agente-relativa

Per Max Weber tutto ciò che esiste sono i fatti i quali sono indagati dalla scienza naturale. La scienza, in questo senso, si limita a riportare i legami causali tra fenomeni senza darne una valutazione. L’interesse dello scienziato è l’indagine della realtà per quel che essa è, con il solo fine di giungere alla costruzione di mezzi tali che ci consentano una migliore gestione dell’esistente. La realtà va dominata con gli strumenti della scienza naturale.

L’intuizionismo contemporaneo

https://nl.m.wikipedia.org/wiki/Bestand:Dr_Richard_Price,_DD,_FRS_-_Benjamin_West_contrasted.jpg

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Consigliamo in SF – I tre generi dell’etica Percorso di etica e metaetica di Giangiuseppe Pili


  1. Fondazione epistemologica dell’etica su intuizioni di verità formali oggettive
  2. Proprietà delle proposizioni intuitive:
    1. Sono proposizioni dal contenuto molto generale e formulate con pretesa di consenso universale
    2. Le proposizioni intuitive non sono necessarie
    3. Le proposizioni intuitive sono motivanti per chi le assume
    4. Le proposizioni intuitive costituiscono l’espressione di una convinzione profonda, rivedibile solo a condizione di sostituirla con una nuova proposizione sostitutiva
  3. Modalità di conoscenza di proposizioni intuitive:
    1. Le proposizioni intuitive non necessitano di una prova per essere credute
    2. Le proposizioni intuitive non sono fondate su premesse
    3. Le proposizioni intuitive devono essere comprese in modo chiaro in ogni parte da chi le assume
    4. Le proposizioni intuitive si rifanno a intuizioni preteoriche
  4. I doveri si distinguono i due categorie:
    1. Prima facie
    2. Generali

L’intuizionismo di Price e Clark si fondava sull’adozione di entità intrinsecamente normative. L’oggettività morale si fondava, per Clark, sui fatti che erano dotati di determinate proprietà morali, indipendentemente da come noi li conosciamo o consideriamo: la natura è di per sé buona. Gli intuizionisti si configurano come dei teorici profondamente critici nei confronti della posizione volontarista che, viceversa, assumeva l’idea che nel mondo naturale non esistono fatti morali e gli agenti si comportano automaticamente in base al principio egoistico dell’utilità. L’intuizionismo di Price si richiamava all’evidenza di proposizioni morali indubbiamente vere, riconosciute come tali dal soggetto morale. Price faceva seguire, da ciò, l’evidenza di alcuni doveri morali, come i doveri verso Dio, verso sé e verso gli altri.

Critica di Moore al naturalismo etico

Édouard Manet, CC0, via Wikimedia Commons

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Consigliamo in SF – I tre generi dell’etica Percorso di etica e metaetica di Giangiuseppe Pili


Le posizioni naturaliste in etica (naturalismo etico) rivendicano l’idea che i termini morali fondamentali, in particolare buono o cattivo, possano essere riscritti all’interno del vocabolario fisicalista. Buono e cattivo sono assunti come identici a piacere e dolore. L’uguaglianza è rivendicata ora come evidente, ora come assunzione teorica. L’idea è che ogni essere umano agisca secondo la ricerca del proprio piacere o della propria utilità e chiama buono tutto ciò che lo conduce ad un guadagno, ad un aumento del proprio piacere o della propria utilità, mentre chiama cattivo tutto ciò che lo conduce ad un maggiore dolore, ad uno svantaggio. L’assunzione (sia in senso affermativo: le persone agiscono in vista del piacere; sia in senso negativo: le persone fuggono dal dolore) è molto forte ma è stata il fondamento di quasi tutte le formulazioni dell’edonismo o dell’utilitarismo. In realtà, tale idea è assunta anche da filosofi volontaristi, come Hobbes.

I tre generi di conoscenza – oggettivale, competenziale, proposizionale

Credit: www.epictop10.com

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Consigliamo I tre generi dell’etica Introduzione all’epistemologia


La parola “conoscenza” ha diversi significati in relazione a ciò che intendiamo con l’oggetto conosciuto. Per esempio, quando si dice che “C’è una FIAT punto di fronte a me” vogliamo dire che vediamo di fronte a noi un’automobile. Ma se diciamo “Luisa sa andare in bicicletta” non intendiamo dire che c’è un qualche fatto nel mondo tale che “Luisa sa andare in bicicletta” è vera, quanto che essa è vera solo se Luisa sa compiere una serie complessa di azioni in modo tale da riuscire a muoversi sopra una bicicletta. C’è ancora un terzo caso: “Io so che c’è un odioso bambino che gioca a calcio fuori dalla porta di casa”. Questo terzo caso non riguarda la conoscenza percettiva di un certo fenomeno (il bambino che gioca) quanto che penso una determinata proposizione (C’è un bambino odioso che gioca…) ed essa è vera. Se fosse falsa, non diremmo di sapere.