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Mese: Novembre 2024

VENERE IN CORNICE – La sedia fatale per il ginocchio a ritroso / The chair fatale for the knee backward

Possiamo chiederci, forse, come sarebbe una sedia se le nostre ginocchia si piegassero al contrario. Questo sembra interessante, in merito alla posa di Aleksandra. Da un lato noi diamo per scontata una parte della nostra esistenza, quando impariamo ad abituarci. Dall’altro lato, l’artificialità insiste molto sullo sviluppo dalla naturalezza all’ergonomia. Aleksandra ha posato per uno scatto dalle tonalità chiaroscurali. Lei utilizza la sedia in maniera “disordinata”: allungando all’infuori la gamba destra e ritraendo la gamba sinistra verso la pancia. Intorno, il fondale è occupato da un sipario che connette la parete al pavimento. Il glamour resta: dalla coscia che “si erge”, dalle calze corte, dalle scarpe coi tacchi, dalla pettinatura e dalla minigonna attillate, ecc… Il design della sedia non spicca per originalità. Se Aleksandra cercasse d’aggiustarsi la posa, lo farebbe in quanto abituata a sedurre. Domina il nero, concedendo in parte uno stile da femme fatale negli anni ’30. Almeno Marlene Dietrich avrebbe potuto posare a cavalcioni sulla sedia.

G. Pili, R. Kolodii – Intelligence & Interviews. Il mondo dell’intelligence in Ventotto interviste (2024)

Copyright: Società Italiana di Storia Militare, 2024; Nadir Media Srl

L’approccio al mondo dell’intelligence, composto di pluralità tecniche e terminologiche, richiede una base di partenza per acquisire nozioni applicabili a un’indagine proficua tanto in sincronia quanto verso il futuro. In un mondo continuamente in evoluzione, teatro di avvenimenti dall’intrinseca complicazione, come i conflitti in atto, comprendere i fenomeni e padroneggiare conoscenze del mondo dell’intelligence, utili anche a ragionare su quanto attendersi dal futuro, diventa fondamentale. È indubbio che la miglior conoscenza sia da ricercare negli esperti del settore, coloro che quotidianamente si interfacciano con il carattere plurivoco degli eventi, operando in un settore in continuo mutamento e trasferendo nella praticità nozioni teoriche, tra cui la conoscenza delle strutture di interconnessione globale, il modus operandi degli attori e la natura di conflitti, passati e presenti. Ipso facto, i principali esponenti dell’attività d’intelligence diventano la fonte principale da interrogare per ottenere risposte complete.

L’epitome di Ianuario Nepoziano a Valerio Massimo: una riflessione socio-letteraria – [Litterae ex oblivio]

Valerius Maximus's Facta et dicta memorabilia: Opening Page of Book VIII of Valerius Maximus's Facta et dicta memorabilia
Valerius Maximus’s Facta et dicta memorabilia: Opening Page of Book VIII of Valerius Maximus’s Facta et dicta memorabilia. Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Flanders,_15th_century_-_Opening_Page_of_Book_VIII_of_Valerius_Maximus%27s_Facta_et_dicta_memorabilia_-_1952.274.1_-_Cleveland_Museum_of_Art.jpg#filelinks

 

Nota dell’autore: il presente contributo, sull’epitome latina di Ianuario Nepoziano, è il primo della rubrica Literrae ex oblivio (lett. “Letteratura dall’oblio”), finalizzata a rendere nota e merito di opere di letteratura latina di ogni tempo, dagli albori con Livio Andronico (III sec. a.C.) fino agli esemplari medio-latini, opere che la fortuna editoriale e l’impostazione scolastica hanno, tutt’altro che a buon diritto, dimenticato; opere affascinanti e meritevoli di studio critico filologico, linguistico e letterario.

Introduzione:

L’arte dell’epitomare, ossia del sunteggiare un’opera tendenzialmente di imponenti dimensioni, non è sicuramente prerogativa esclusiva del Tardo-Antico: la difficoltà nel gestire una mole tale di informazioni da risultare ingovernabile era un problema già sollevato, e in un certo senso affrontato con successo, già dal periodo dello splendore letterario augusteo (27 a.C. – 14 d.C.). Un suggerimento rilevante ci giunge, in questo senso, da Valerio Marziale (38/41 d.C. – 104 d.C.), che in uno dei suoi epigrammi (Apophoreta, 14, CXC)[1] rende noto di essere in possesso di un’epitome degli imponenti 142 libri dell’Ab Urbe condita di Tito Livio (59 a.C. – 17 d.C.) riassunti in un unico codice pergamenaceo (cfr. Conte 2019: 194). Le dimensioni dell’opera liviana,[2] e con esse la rilevanza storiografica della materia trattata, richiesero giocoforza una resa in epitome, difatti la tradizione manoscritta ha tramandato le Perìochae, ossia un «Livio ‘epitomizzato’ (probabilmente a scopo didattico)» (Ibidem).[3]