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Mese: Ottobre 2024

VENERE IN CORNICE – Una “Belle Epoque” per i loghi che “s’inchinano” alla sinfonia / A “Belle Epoque” for the logos which “bow down” a symphony

Chesterton ci ricorda all’esistenzialismo che una corona di rose è anche una corona di spine. Vale l’estetica della Belle Epoque a Parigi, se la spensieratezza matura perché un bel gioco dura poco. Questo scatto rimane al bianconero. Così aumenta il lieve spleen della posa, con gli occhi chiusi ad un “inchino” del volto. In particolare, l’ambientazione inerisce al salotto d’un party, presso un albergo. Dunque Alice indossa un cerchietto di rose in testa, con la piuma bianca che virtualmente permetterà un cocktail frizzante per l’aghifoglia. Sullo sfondo, si scorgono appena due persone. E’ uno scatto esistenzialista, in cui la riflessione interiore rilassa anche tramite la “tisana” per la “bustina” della canotta. Il divertimento interessa a molti, ma è sempre labile.

Stefan Zweig, Dostoevskij, (trad. di F. Vitellini, Diarkos, 2024) – Recensione

Stefan Zweig, Francesco Vitellini (traduzione di), Dostoevskij. Tormento e passione di una scrittura immortale, Santarcangelo di Romagna, Diarkos, 2024.

Zweig - Dostoevskij (Diarkos)
Copyright: Diarkos, https://diarkos.it/index.php?r=catalog%2Fview&id=319

L’interesse critico per la biografia di Fëdor M. Dostoevskij è rivelato, a un esame dello status quaestionis, dal mare magnum di contributi che compongono una bibliografia illustre. Di Dostoevskij si sono occupati, tra i tanti, anche critici e intellettuali di importanza cardinale come René Girard, Michail Bachtin e György Lukács. Sul fronte biografico, hanno scritto contributi fondamentali, tra i vari, Anna Gregor’evna Dostoevskaja, sua seconda moglie, e lo scrittore russo Leonid Grossman. L’attenzione critica ed editoriale alle sue opere è ancora molto viva, e il carattere articolato di queste, una moltitudine di significati, di dimensioni, di piani che si intrecciano, le rendono un oggetto privilegiato della pratica esegetica, che senz’altro ha ancora molto da dire. In questo panorama si inserisce anche il lavoro di Stefan Zweig (1881-1942), celebre biografo viennese (sebbene i suoi campi di attività fossero ben più plurimi). Fu egli autore molto prolifico; dopo la Prima Guerra Mondiale propose contributi biografici su Honoré de Balzac, Charles Dickens e Fëdor Dostoevskij nel volume Drei Meister (1920). La biografia di Dostoevskij è presentata secondo la traduzione di Francesco Vitellini, edita da Diarkos (2024).

L’incoronazione della Vergine di Alessandro Bonvicini in una visione alchemica

File:Incoronazione della Vergine con i santi Michele Arcangelo, Giuseppe, Francesco e Nicola di Bari.jpg
Illustrazione 1: Alessandro Bonvicini detto il Moretto (1498-1554), l’Incoronazione della Vergine coi Santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele. Dipinto olio su tavola del 1534 esposto nella Chiesa dei Santi Nazaro e Celso di Brescia. Crediti: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Incoronazione_della_Vergine_con_i_santi_Michele_Arcangelo,_Giuseppe,_Francesco_e_Nicola_di_Bari.jpg

La Basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia

Entrando nella basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia e procedendo sul lato di sinistra della navata, a ridosso del secondo altare decorato in marmo, si ammira la pala del Moretto del 1534, L’Incoronazione della Vergine coi Santi  Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele (illustr. 3).

La “Via della Seta” per cui Venere nasce da un sole di stracci

Alla Biennale di Venezia 2024, presso la sezione dell’Arsenale è visitabile il Padiglione Nazionale dell’Uzbekistan, avente gli allestimenti dell’artista Aziza Kadyri. Esteticamente, a lei preme una dialettica fra l’appartenenza ad un segnale (secondo la teoria) ed il condizionamento da una guida (secondo la prassi). Ad esempio: quanto una cultura nazionale potrà essere interpretata liberamente? A livello sociale la mitologia sviluppa l’appartenenza, mentre a livello individuale l’identità sviluppa il condizionamento. Va ricordato che nei Paesi dell’Asia Centrale (come l’Uzbekistan) c’è la tradizione della migrazione, dal nomadismo della tenda (chiamata yurta). Nell’allestimento di Aziza Kadyri accade che l’abitabilità ha una teatralità. Le donne subirebbero il pregiudizio culturale d’un confino al < tutta casa e chiesa >. Loro, lavorando sul tessuto (chiamato suzani) porterebbero virtualmente in dote un sipario dei capelli. Questo condizionerebbe anche il visitatore della mostra, quantunque preservandogli il diritto all’indipendenza fra l’entrata e l’uscita. C’è un allestimento a gioco di specchi. Il visitatore ha anche una guida nascosta, giacché ripreso da una telecamera. Il suo volto è sovrapposto ad una rielaborazione del suzani, da parte dell’intelligenza artificiale. I pregiudizi culturali diventano teatrali al condizionamento delle aspirazioni private. Ad esempio s’imporrà alla donna di lavorare a casa per allontanarla dall’emancipazione politica: se lei la ottenesse, i suoi diritti si rinnoverebbero per “corredo” esponenziale. Il visitatore è libero, ma anche circuito dai segnali a causa del turismo, tramite cui la pubblicità migra. Dormendo nella yurta, si percepirà un esproprio al < tutto casa e museo >. Pertanto gli allestimenti di Aziza Kadyri coordinano il ricamo affinché questo condizioni dallo specchio. I pregiudizi culturali circuiscono anche negativamente, instillando il dubbio che una loro critica non possa mai attecchire. In filosofia politica, il radicalismo decostruisce l’appartenenza alla nazionalità. Se il nomade gira, rispetto a lui l’antropologo girerebbe… a vuoto, identificandosi come un giudice imparziale. Ma nell’allestimento di Aziza Kadyri la novità dell’intelligenza artificiale non sarà soltanto da consultare. Essa ricombina parecchio: ad esempio perché il volto umano ha i “ricami” dell’indole, fra la schiettezza e l’ipocrisia.

La ferrovia d’un altoparlante per trivellare le stelle (i Nativi Americani alla “Biennale di Venezia 2024”)

A Venezia, dal 20 Aprile al 24 Novembre, si segnala una coppia d’artiste, le quali espongono, separatamente, rappresentando la cultura dei nativi americani: Erin Genia (per il popolo dei Sisseton Wahpeton Oyate, dal Dakota del Sud) e Kay Walkingstick (per il popolo dei Cherokee, dall’Oklahoma). Bisogna ricordare che l’evento “collettore” della Biennale è stato ufficialmente denominato Stranieri ovunque. Erin Genia espone un’installazione; Kay Walkingstick invece lo fa con la pittura. I nativi americani si tramandano una variegata mitologia, che la storiografia occidentale rischia di confinare al paradosso laicistico della libertà, con la caratteristica riserva. A Venezia, Erin Genia espone per la collettiva d’artisti Personal Structures, che è allestita presso il Palazzo Mora. La sua installazione s’intitola Cultural emergency response vest, e concerne la tessitura per le tribù diffuse dei Dakota. Kay Walkingstick partecipa direttamente alla Biennale di Venezia, presso la sezione dei Giardini. Lei dipinge ad olio su pannello, raffigurando paesaggi del Far West (sebbene senza la traccia dell’uomo): dal Montana, dall’Arizona, dall’Idaho ecc…