Introduzione:
Il presente articolo si premura di dimostrare, sulla scorta di studi di linguistica italiana del meridione come quelli dell’esimio Lausberg in termini di lucanistica, come il dialetto impiegato nella realtà lucana del nord, nel presente caso nella zona del melfitano, abbia subito un progressivo allontanamento da uno stato di maggiore unitarietà linguistica ad uno stato di distacco. Per il presente studio viene impiegata la testimonianza scritta fornita dal romanzo La Nonna Sabella di Pasquale Festa Campanile (edizione Bompiani, 1983), il quale trascrive fedelmente monologhi dialettali in un panorama sincronicamente collocabile nel primo ventennio del ‘900. La finalità di dimostrazione sarà ottenuta tramite un’analitica comparazione delle trascrizioni dialettali del romanzo con la trasposizione a dialetto della contemporaneità tramite l’ausilio delle qualità di ortoepia di una parlante lucana, nata a Melfi e cresciuta nella limitrofa Rapolla.
Il presente studio si concentra in particolar modo sull’evoluzione del vocalismo, prendendo in esame inizialmente le differenze fondamentali del vocalismo siciliano con il vocalismo lucano, ed il soggiacente ma al contempo sorprendentemente indipendente vocalismo della zona di Lausberg[1], e successivamente concentrandosi sull’analisi delle evoluzioni diacroniche di questi sistemi vocalici. Si prenderanno in esame con egual attenzione analitica il consonantismo, per esaminare l’evoluzione dei nessi consonantici, ed infine il contesto storico, politico e sociale e la rispettiva influenza sul panorama linguistico. Al fine di rendere quest’analisi proficua, è necessario sottolineare come il legame tra la linguistica, la storia, la politica e la sociologia sia ineluttabilmente inscindibile, niuno trarrebbe profitto da uno studio che avesse come fondamento l’isolamento della linguistica da qualsivoglia contesto circostante. Pertanto, sarà premura del presente studio spiegare come abbiano agito le influenze di tali caratteri sul panorama della linguistica.