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Mese: Dicembre 2017

Frederick Taylor e i principi del management scientifico


No system of management, no single expedient – within the control of any man or any set of men can insure continuous prosperity to either workmen or employers. Prosperity depends upon so many factors entirely beyond the control of any one set of men, any state, or even any one country, that certain periods will inevitably come when both sides must suffer more or less. It is claimed, however, that under scientific management the intermediate periods will be far more prosperous, far happier, and more free from discord and dissension. And also, that the periods will be fewer, shorter and the suffering less.

Frederick Taylor – The Principles of Scientific Management

Frederick Taylor (1856-1915) è considerato tra le figure più influenti del XX secolo. Nato alla metà dell’ottocento, Taylor è colui che porta a compimento la riflessione sulla riforma del lavoro che, curiosamente, si associa normalmente allo sviluppo e all’evoluzione della rivoluzione industriale, già avviata nel XVIII secolo e conclusa, nella sua prima fase, nel XIX secolo. Ancora oggi, quando si pensa ai grandi opifici, organizzati secondo la catena di montaggio, si retrodata questa immagine sino agli albori della prima rivoluzioni industriale. Questa operazione è tuttavia impropria giacché la prima fase della rivoluzione industriale vede semplicemente la concentrazione della forza lavoro dispersa e l’impiego di certe tecnologie a uso di energia non animale o umana, le due prime e fondamentali “rivoluzioni”.

E’ solo successivamente, ovvero negli anni subito precedenti alla prima guerra mondiale, che si assiste ad un serio ripensamento dei fondamenti stessi dell’organizzazione del lavoro nelle fabbriche fino ad allora centrate sull’idea di obiettivi a parametri fissi e sulla “rule of thumb” (“regola del pollice” ovvero del buon senso), disgiunti dalle modalità attraverso cui tali parametri dovevano venire realizzati. Ad esempio, ad un lavoratore veniva richiesto che egli raggiungesse una certa quota di lavoro a giornata, come spalare tot chili di carbone in otto ore, senza che gli venisse spiegato come fare o si sapesse dell’esistenza di un metodo ottimale. Ciò che contava era un risultato fissato ex ante e come raggiungerlo era affare del lavoratore. Questo tratto arbitrario nell’impiego della forza lavoro emerge compiutamente proprio in The Principles of Scientific Management, in cui Taylor porta continuamente esempi di cattivo impiego della manodopera la quale dissipa inutilmente e spontaneamente energie senza costrutto.

Gramsci e i quaderni del carcere

 

Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo.

Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza.

Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza.

 

Antonio Gramsci, da “L’ordine nuovo”.

  1. Gramsci sardo

L’identità isolana ha rappresentato una caratteristica fondamentale ed ineludibile nella formazione di Antonio Gramsci. Il suo peculiare pensiero si è sviluppato anche attraverso la conoscenza di persone e ambienti culturali eterogenei, spesso notevolmente distanti (sia geograficamente che culturalmente) dalla sua terra natia, senza però dimenticare le sue origini. Anzi, si può in un certo senso affermare che la sua identità ha costituito il filtro attraverso il quale Gramsci ha metabolizzato e rielaborato in maniera originalissima il pensiero dei principali teorici socialisti (Marx, Engels, Labriola,…) giungendo a coniugare l’internazionalismo con il sardismo.