6. Per Dio intendo un Ente assolutamente infinito: cioè una Sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita. Baruch Spinoza La storia…
...all we need is philosophy
6. Per Dio intendo un Ente assolutamente infinito: cioè una Sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita. Baruch Spinoza La storia…
Già da diverso tempo avevamo detto che ci saremmo rinnovati. E l’abbiamo fatto! E’ stato un processo lungo, durato oltre due anni e tempestato di tanti avvenimenti, ripensamenti, dubbi, incertezze e impegni. Nel frattempo, non ci siamo fermati, abbiamo continuato a lavorare sul piano delle pubblicazioni e siamo giunti a risultati che i nostri lettori ormai conoscono.
Detto questo, il risultato del restyling è ancora da definire. Abbiamo bisogno di feedback, commenti, critiche. Diteci se trovate qualcosa che non vi piace, che non funziona, che non vi suona bene. Terremo presente di ogni segnalazione perché il vostro parere è assolutamente il più importante.
In questa sede, mi sento di ringraziare Riccardo Scasseddu su tutti, e i membri del gruppo. In particolare, Paolo Scattone ha dato un contributo importante nella razionalizzazione e anche in alcune idee che sono state incorporate, se non altro, nello spirito del restyling. Francesco Margoni, Wolfgang F. Pili e gli altri hanno contribuito a fornire idee e spunti di riflessione a suo tempo e speriamo di aver tenuto conto del loro punto di vista come di tutti gli altri.
Anche una grafica ha una sua storia e questa è la terza di SF! Dopo SF1.0, dopo SF2.0 e le sue varianti, siamo giunti a SF3.0! Speriamo davvero di poter contare ancora sul vostro plauso e sul vostro sosteno perché ogni grafica ha come unico significato quello di mostrare i contenuti!
Un augurio a tutti i lettori per una rinnovata navigazione in Scuola Filosofica 3.0!
Giangiuseppe Pili
(…) Scesi di nascosto, rotolai per la scala vietata. Caddi. Quando aprii gli occhi, vidi l’Aleph.” “L’Aleph” ripetei. “Sì, il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli. Non rivelai a nessuno la mia scoperta ma vi tornai ancora. Il bambino non poteva supporre che quel privilegio gli era accordato perché l’uomo cesellasse il poema! (…) La verità non penetra in un intelletto ribelle. Se tutti i luoghi della terra si trovano nell’Aleph, vi si troveranno tutti i lumi, tutte le lampade, tutte le sorgenti di luce”.
Jorge Luis Borges
Questa recensione è dedicata a Eugenio Dessy, il quale mi stimolò pervicacemente fino al punto in cui dovetti cedere le armi intellettuali all’idea che non si possono creare aspettative sufficientemente alte nei confronti del labirinto edificato da uno scrittore-minotauro, giacché le aspettative, essendo pensieri, non sono né alte né basse perché già parte di un labirinto che non si misura con il sistema metrico-decimale, creato ex novo dalla vittoria napoleonica sull’Ancient regime.
L’Aleph è una raccolta di racconti di Jorge Luis Borges (1899-1986), edita per la prima volta nel 1949 e poi ampliata a più riprese fino a metà degli anni cinquanta. Si tratta indubbiamente di un’opera la cui lettura non risulta agile e non è pensata per essere tale. Allo stesso tempo, Borges offre al lettore una serie di racconti che sono legati da “somiglianze, similitudini e variazioni sullo stesso tema”. E’ impossibile ricostruire dettagliatamente ogni singolo racconto della raccolta, ma considereremo esclusivamente i nuclei tematici e formali che ci sembrano di maggior rilievo per chi si accosti per la prima volta a L’Aleph.
Non c’è che dire, è una bella invenzione [la ferrovia], si sanno più cose… Ma le bestie feroci restano bestie feroci, e avranno un bell’inventare meccanismi ancora più perfetti; nell’ombra vi saranno sempre delle bestie feroci.
Émile Zola
La bestia umana è un romanzo di Émile Zola, edito nel 1890. La storia del libro è incentrata sulle passioni violente dei protagonisti: una coppia sposata, Séverine e Roubaud, il macchinista Jacques Lantier e il brutale cavapietre Cabuche. Tutto il romanzo si svolge all’interno della ferrovia francese, tra Parigi e Le Havre.
La trama non è particolarmente complessa, sebbene sia elaborata in un lungo afflato unitario: Roubaud scopre che la moglie l’aveva tradito con un vecchio pervertito, il quale era un potente. Solo l’omicidio è capace di saziare la gelosia violentissima di Roubaud, il quale non si priva di sfogarsi contro la moglie, con una violenza tale che oggi anche la sola descrizione rischierebbe di scivolare nell’incomprensibile barbarie di tempi che sembrerebbero andati. Infatti, in tutto il romanzo, si trovano scene di violenza contro le donne che, sorprendentemente per un lettore contemporaneo, non sembrano essere né atti sorprendenti (per l’autore) né moralmente disdicevoli per i personaggi. E anche da un punto di vista legale non sembra che questi atti violenti e imperdonabili fossero avvertiti con la sensibilità attuale. Ad ogni modo, Roubaud uccide il vecchio pervertito in un treno, tagliandogli la gola con il coltello che Séverine gli aveva regalato.
All’interno delle associazioni scout ci sono diverse fasce d’età: oggi vi descriviamo come all’interno dell’associazione CNGEI (una delle due associazioni scout italiane riconosciute dai due organismi ufficiali mondiali dello scoutismo) viene inteso il gioco. Questa relazione è stata presentata presso il “Convegno sul lupettismo” tenutosi il 18 febbraio 2017 a Cagliari, presentato da Silvia Pistis, attivissima da diversi anni nel branco del CNGEI, ottima rappresentate e alfiere dell’associazione.
Il Gioco è uno degli Strumenti del Metodo della Branca Lupetti, probabilmente il più importante ed efficace. Quasi tutte le attività svolte con il Branco utilizzano il Gioco come Strumento attraverso il quale trasmettere un contenuto educativo. Il Gioco è l’applicazione massima dell’Imparare Facendo del Metodo Scout, declinato nella Branca L.