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Mese: Agosto 2015

How can Epistemology improve Intelligence Analysis?

Jared Tarbell, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

What enables the wise sovereign and the good general to strike and conquer, and achieve things beyond the reach of ordinary men, is foreknowledge.

Sun Tzu, Art of War, VI bc.

Intelligence agencies deals everyday with a massive amount of information collected by different gathering methods and they have to process them in order to produce assessments, reports and briefs for politicians and decision-makers. This is a real challenge, given the limited time, the huge quantity of data they have to go through and the imprecise and incomplete nature of these data. This intellectual challenge is the task of intelligence analysis, that stage of the process that has to “make sense” out of all this information received at the agencies’ headquarters. Both the institutional and the academic world have been concerned with issues about intelligence analysis, as it seems to be one of the most critical parts of intelligence: it is here that raw information are transformed and politicians receive the materials on which decide from here. Thus everyone would like to improve intelligence analysis as much as possible and many articles and books have developed and offered techniques and tools to reduce analysts’ errors while increasing their analytical ability.

Sulle limitazioni delle adozioni

Voglio presentare un semplice argomento che ho costruito dibattendo con altri amici. Non mi impegno a sostenere che sia la mia opinione né immagino che la mia opinione interessi a nessuno. Sicché non mi prenderò la briga di accettare critiche inutili, faziose o capziose in tal senso. Si tratta di un dilemma filosoficamente interessante e ne propongo solo un’analisi rapida. Inoltre l’obiettivo è stimolare il ragionamento del lettore, dato che il mio fu a suo tempo già solleticato in materia e quindi offro solo la linea argomentativa senza entrare né nel merito politico né in quello morale.

(1) I bambini che possono essere adottati hanno condizioni di vita tale che la loro esistenza può risultarne seriamente compromessa oppure il loro inserimento in società è altamente difficoltoso.

(2) Salvare la vita di un bambino o dargli l’opportunità di vivere felicemente in società sono valori intrinseci.

(3) Una coppia che voglia adottare un bambino nel peggiore dei casi non migliora la vita del bambino, già di per sé compromessa.

Il paradosso meretricio

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Consigliamo I paradossi dalla A alla Z di Michael ClarkUn paradosso per lo storicismo


Problema: in una strada x ci sono n prostitute. Nella strada z perpendicolare a x, ci sono n – 1/2 prostitute. Nella strada y, dove y è parallela a x ci sono 0 prostitute. Perché le prostitute tendono a concentrarsi tutte in una o due strade al massimo pur lasciando tutte le altre immediatamente vicine vuote?

Il problema del paradosso meretricio nasce da una constatazione di fatto. Ho abitato in tre città diverse e ho avuto modo di vederne molte di più. Ma il risultato è sempre lo stesso. Che si passi in macchina o si passeggi a piedi, quando si conoscono ormai da un po’ le strade di una città, si scopre facilmente che le prostitute sono concentrate in una strada e poi si diradino al massimo in una o due ma non si spandano a macchia d’olio (come per certi versi sarebbe intuitivo aspettarsi). Tra l’altro si tratta di una constatazione comune.

Ho forti dubbi che ci sia una sorta di superorganizzazione del traffico, una sorta di rettiliana affiliazione internazionale generale delle signore (o signori), perciò la soluzione va cercata in altro. E sia detto per inciso che la stessa regola di massima concentrazione varrebbe anche nel caso delle case chiuse, in cui le lavoratrici si concentrano direttamente negli stabili e che le lascia libere dalle infinite malattie, tirannie e violenze del mondo della strada, la cui ingiustizia è almeno pari alla tristezza della loro condizione lavorativa. Perché nessun uomo di fede o laico può realmente pensare che sia accettabile avere delle giovani donne abbandonate al ciglio della strada piuttosto che con un tetto sulla testa. Perché se è vero che siamo tutti esseri umani e abbiamo tutti una dignità, allora ciò vale anche per chi è costretto ad usare il proprio corpo per guadagnare, quel corpo che altri usano quando e come vogliono e magari per provare ad essere felici… detto questo non mi sento in dovere di replicare a inutili commenti sull’argomento, nel caso strano in cui ce ne fossero. Chiedo ai lettori di portare pazienza, ma temo che non sia la sede giusta per inutili quanto sterili polemiche.

Sexus – Henry Miller

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Consigliamo Tropico del cancro di Henry Miller


Sexus è un libro di Henry Miller, il primo della trilogia in cui compaiono Nexus e Plexus. Si tratta di un romanzo a metà strada tra l’autobiografia, il resoconto onirico e le meditazioni filosofiche. La trama è totalmente subordinata ad una ricostruzione della vita dell’Io più interiore, nel quale le pulsioni sessuali diventano ora ragionamento ora divagazione onirica. Impossibile, dunque, distinguere chiaramente sia il genere letterario dell’opera sia i principali nuclei tematici di cui la sessualità è solo uno dei tanti.

La trama è, invero, molto semplice. Si tratta della ricostruzione autobiografica della storia d’amore di Henry Miller (così nel testo) e una donna dal passato mai pienamente compreso e dalla sentimentalità accesa quanto misteriosa. Il mistero stesso della donna è accentuato dal suo continuo mutare di nome (al principio Mara, alla fine Mona passando per June…), che è soltanto il sintomo di un mutare della relazione. Infatti nessuna relazione sentimentale è sempre identica a se stessa, come testimonia il matrimonio fallimentare di Miller. Se c’è un tema continuo nel romanzo è appunto la variazione sul tema della relazione sentimentale, che include sempre e necessariamente la sessualità, nelle sue varie e mutevoli forme.

2.1 L’emigrazione agricola italiana tra Ottocento e Novecento

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Spesso quando si parla di emigrazione e di colonialismo italiano si trascura una delle pagine meno note della storia nazionale italiana: tra Ottocento e Novecento infatti, gli Italiani furono protagonisti di rilevanti flussi migratori dovuti all’arretratezza agricola che nell’Ottocento caratterizzava l’economia italiana, oltreché ad un apparato industriale quasi del tutto assente. Come è noto ciò indusse migliaia di lavoratori, che vivevano in situazioni precarie, ad abbandonare la penisola alla ricerca di una vita e un futuro migliori. Le campagne diventarono un serbatoio inesauribile di emigranti. La società rurale appare attraversata da una crisi profonda, non riconducibile esclusivamente alla pur grave crisi agraria (1873-1879), dovuta all’arrivo del grano americano che, sfruttando i progressi della navigazione a vapore e beneficiando della meccanizzazione del settore, veniva prodotto a costi infinitamente minori.

Va infatti sottolineato che dopo l’Unità la crescente pressione fiscale dello Stato unitario, la vendita dei beni della Chiesa, l’abolizione degli usi civici e la liquidazione dei demani privarono il mondo contadino di antichi usi civici che, spesso, costituivano importanti voci nei bilanci familiari.

Robert Capa Tracce di una leggenda – Lebrun & Lefebvre

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Robert Capa Tracce di una leggenda è un saggio-reportage fotografico sulla vita e sulle opere di uno dei più grandi fotografi della storia: Robert Capa. Robert Capa, pseudonimo e nome d’arte di Endre Friedman, è un emigrante a Parigi (1933). Costretto a lasciare la sua casa per via del nazismo, egli si reca a nella città libera per trovare fortuna: “Atei, attivisti antifascisti, Endre e Cziki sono d’origine ebrea e sanno perfettamente che per loro non c’è futuro nella Germania di Hitler”.[1] A parte la morte, non c’è altro per loro. Ha con sé poche cose, tra cui una Laica I modello base, con cui aveva iniziato a dilettarsi di fotografia.

A Parigi in quel tempo si trovano non soltanto intellettuali di ogni luogo d’Europa, ma occasioni irripetibili appunto perché centro generale di smistamento dell’intellighenzia in fuga e città-simbolo dell’Europa tra le due guerre.

Breve storia dell’Islam (II) – L’espansione arabo-islamica


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1. Il califfato dei Rashidun

Nel precedente articolo abbiamo interrotto la nostra narrazione al momento della morte di Maometto nel 632. Il Profeta non aveva predisposto alcuna norma successoria, una mancanza in parte dovuta al fatto che nell’Islam delle origini, in virtù del peculiare contesto socio-politico in cui nacque, non era prevista una particolare autorità temporale. Maometto aveva esercitato parzialmente delle funzioni a tratti riconducibili a quelle di un monarca, ma l’aveva fatto in qualità di inviato di Dio, uno strumento attraverso il quale Allah esprimeva il suo volere.

Essendo però Maometto considerato il ‘sigillo dei profeti’, risulta pacifico che dopo di lui nessun altro avrebbe più potuto assumere la leadership della comunità islamica in qualità di portavoce investito direttamente da Allah.

Kuhn e la struttura delle rivoluzioni scientifiche

Thomas-Kuhn

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Consigliamo – A cura di Giangiuseppe Pili e l’Introduzione schematica all’epistemologia


Abstract

In questo articolo considereremo la filosofia della scienza di Thomas Kuhn nella sua formulazione classica de The Structure of Scientific Revolutions pubblicato dalla Chicago University Press nel 1962. Non essendo io un esperto della filosofia della scienza, consiglio il lettore di approfondire personalmente la filosofia di Thomas Kuhn, presentata qui in modo inevitabilmente sommario.

 

The Structure of Scientific Revolutions è un saggio di filosofia della scienza di Thomas Kuhn, pubblicato nel 1962 ed è ancora oggi considerato uno dei classici, se non il principale testo di riferimento, della stessa disciplina, un “paradigma” anche se in senso filosofico. Si tratta di uno dei testi maggiormente citati nella filosofia della scienza e, in generale, nella filosofia analitica (Bird (2004)).