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Mese: Agosto 2014

Percorso di epistemologia analitica

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Leggi la scheda Introduzione schematica all’epistemologia analitica di Giangiuseppe Pili


L’epistemologia analitica è la branca della filosofia analitica contemporanea che investiga su diverse tematiche ma, in generale, tratta i problemi attinenti alla conoscenza. L’epistemologia analitica si differenzia dagli approcci epistemologici classici (Cartesio, Spinoza di cui è presente anche una critica, Hobbes, Locke, Berkeley, Hume, Kant il cui dibattito si era incentrato, tra le altre tematiche, sul delicato rapporto tra qualità primarie e secondarie) che si fanno iniziare con Cartesio e la sua riflessione sul cogito in base a ragioni di natura metafilosofica: è la tipologia di analisi offerta, più che nella natura delle risposte, a segnare una importante cesura tra l’epistemologia analitica e la ricerca epistemologica classica o continentale. L’epistemologia analitica sorge sulla base di alcune analisi particolarmente rilevanti di Alfred Ayer e Roderick Chisholm ma anche i lavori di uno dei padri della filosofia analitica, Bertrand Russell, sono stati importanti. Dalla filosofia analitica classica elaborata principalmente attorno alle tre figure cardine di Frege, Russell e Wittgenstein, l’epistemologia analitica si concentra sulla definizione della conoscenza proposizionale, più che sulla conoscenza competenziale, oggettivale o diretta, sulla cui distinzione abbiamo un articolo. Anche il paradosso di Moore ha una sua importanza all’interno del problema del delicato rapporto tra la semplice credenza vera e la distinzione di essa con la conoscenza. Ma il vero momento chiave dello sviluppo delle teorie epistemologiche analitiche si ha con l’articolo di Edmund Gettier, su cui abbiamo speso alcune pagine. La riflessione di Popper (Popper e la crescita della conoscenza, Popper e le fonti della conoscenza), riguarda l’epistemologia, anche se essa ha avuto un peso decisamente maggiore rispetto alla filosofia della scienza.

Stato e società a Brema 1933-1945. Politica, società, rapporti sociali. Terrore, consenso, adattamento, non-conformità, Resistenza. Appunti dalla relazione di Jörg Wollenberg (Università di Brema)

Nell’ambito della storia della Germania nazista si possono rintracciare più fatti la cui ricostruzione ha preziose valenze in sede storica. Alcune importanti, altre meno. La storia del periodo che va dal 1933 al 1945 a Bremen è una di quelle importanti. Brema è una cittadina posta nella parte nordoccidentale della Germania: bagnata dal fiume navigabile Weser che la attraversa in due, negli anni assumerà una grande importanza soprattutto come capitale dell’industria navale concentrata nel porto di Bremerhaven. La storia di questo scalo, nonché fondamentale cantiere navale, nascerà nel 1929, anno di grande depressione economica, e non è un caso appunto che si svilupperà questo tipo di industria proprio in questo periodo.

All’inizio concepito come porto che collegasse la Germania all’America, era infatti chiamato il Porto di Colombo, divenne poi il nodo principale dell’industria bellica navale tedesca, dalla quale uscirono i sommergibili e tutte le corazzate che seminarono il terrore nel mare del Nord e nell’Oceano Atlantico. Nel cantiere Bremen Vulken durante il regime nazista vennero costruiti ben 74 sommergibile Uboot Tipo VII. A Brema si sviluppò un forte concetto di Resistenza contro il regime nazista: le numerose industrie avevano sviluppato il sistema operaio e il partito comunista almeno fino al 1933, anno in cui però la KPD (il partito comunista) perse in quantità significativa il sostegno di fronte alle riforme popolari e populiste del regime nazista. Ma i “partigiani” (termine assolutamente improprio per quel concerne la storia nazista) della resistenza bremese, non si dileguarono.