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Mese: Giugno 2014

Discussioni sugli scacchi – Il bilancio di un’esperienza innovativa

Il giovedì 12 di giugno del 2014 si è chiusa un’esperienza unica, almeno, a mia memoria. Senza dubbio, è stata un’esperienza unica per il sottoscritto per molti motivi. Ma iniziamo dal principio.

Partecipo alle attività di circoli di scacchi da quando ho quattordici-quindici anni. Cioè da quasi dodici anni. Le principali iniziative sono sempre state di natura agonistica (tornei) o tecnica (lezioni di maestri o grandi maestri). Molto raramente si è presentata l’occasione per parlare degli aspetti culturali e sociali del gioco. E anche in questo caso ci si sentiva in dovere di rimanere ancorati alla storia degli scacchi in modo più o meno stringente. L’idea di considerare gli scacchi esclusivamente dalle prospettive culturali o sociali è sempre stata vista con sospetto, specialmente da chi ritiene che gli scacchi non siano semplicemente un gioco, uno strumento (di aggregazione, divertimento, condivisione…) ma un vero e proprio mestiere retribuito o diversamente retribuito, se non lo scopo intrinseco di una vita. Mettendo gli scacchi come scopo ultimo, viene a cadere la possibilità di considerare gli scacchi come qualcosa di più di un semplice gioco. Proprio perché, appunto, risulta non sempre così chiaro perché dover giocare a scacchi e non dedicarsi allo studio, alla filatelia o ad altri giochi interessanti come il go, il RisiKo!, il bridge o il poker che, per quanti sforzi si facciano per far finta di ignorarli, risultano altrettanto degni di considerazione.DSCN0357
Sin da quando cominciai a pensare gli scacchi come ad uno strumento per visualizzare le varie teorie filosofiche, compresi quanto, in realtà, il nobil gioco sia un potente veicolo culturale ancora molto sottovalutato. Quando iniziai a prendere sul serio l’idea che gli scacchi possano essere un ottimo sistema didattico per discipline altrimenti astratte e lontane, mi resi conto che gli scacchisti sono un popolo che si caratterizza per alcune proprietà psicologiche comuni che normalmente sfuggono all’attenzione: la curiosità, la socievolezza (sui generis) e il riconoscimento del valore del piacere intellettuale. Gli scacchisti, a prescindere dal loro livello di gioco, sono persone che sono spinte a cercare novità, a interrogarsi sulle mosse, a comprendere l’avversario. Queste qualità indispensabili per il giocatore si fondano sulla psicologia stessa dello scacchista. In quanto tratti caratteriali, questi elementi psicologici sono trasferibili anche in altri ambiti.

L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello – Oliver Sacks

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L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è un libro di divulgazione scientifica, in particolare, si tratta di divulgazione delle neuroscienze. Oliver Sacks, i cui critici (ma molto discutibili nella loro critica) lo soprannominarono l’uomo che scambiò le neuroscienze per una montagna di soldi, è un fisico, neurologo e autore di numerosi lavori di varia natura.

L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è una raccolta di report su casi clinici neurologici reali, pur nella loro assurdità, che ne costituisce sia l’elemento umoristico, che l’elemento drammatico. Il lettore, infatti, è spesso colto da una sensazione mista tra il divertimento, il senso di spasso ma anche l’angoscia. Infatti, da un lato, i casi clinici che Sacks riporta sono decisamente interessanti, da un punto di vista strettamente neuroscientifico.

La poesia di corte e il teatro nella letteratura latina nel IV secolo d.C.

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Dalla metà del IV secolo si sviluppa un nuovo genere poetico all’interno alle corti degli imperatori: è questa la poesia di corte, composta e costruita per celebrare la magnificenza dei potenti. Infatti, nasce in questo periodo un nuovo concetto di letteratura per le elite di soli colti. Decimo Magno Ausonio nacque a Burdigala nel 310 d.C. dove fu professore di grammatica e retorica. Nel 364 d.C. venne chiamato a corte come futuro maestro dell’Imperatore Graziano, per poi ritirarsi una ventina d’anni dopo. Ausonio fu autore di un abbondante produzione letterarie: epistole, in prosa e in versi, epigrammi e componimenti per occasioni particolari. Le opere meglio riuscite sono senz’altro opere che appartengono alla poesia funeraria: queste le ricordiamo coi titoli di Parentalia, Bissula e Mosella. Ausonio era un poeta che si preoccupò molto di omaggiare la tradizione classica latina e questa tendenza, tipica di chi non voleva che fosse dimenticato il passato letterario, si ripercuoteva è importante per capire come si rivolgeva nei confronti del cristianesimo. E così che Ausonio si propone come mediatore fra la cultura pagana e quella cristiana con degli ideali estetizzanti e di conciliazione culturale.

La matematica come un romanzo: una collana di valore proposta dal Corriere della Sera

In questi giorni nelle edicole di tutta Italia è in uscita la collana La matematica come un romanzo, il cui titolo è sintesi perfetta delle intenzioni editoriali di una coraggiosa iniziativa del Corriere della sera e le cui informazioni sono disponibili nel sito apposito. Si tratta di una campagna culturalmente interessante quanto rara, laddove simili volumi sono spesso lasciati fuori dalla porta dalla gran parte degli uomini di cultura, siano essi umanisti o meno.Collana_Matematica_Corriere_della_Sera Gli umanisti, infatti, diffidano di tutto ciò che non rientra nei caratteri alfabetici, mentre i non umanisti spesso pensano con sufficienza e scetticismo a quanto viene proposto in modo comprensibile. Entrambi i versanti di una medaglia apparente si ritrovano curiosamente uniti contro un unico bersaglio polemico: la divulgazione scientifica. Il che non esclude che questa peculiare forma di scetticismo non sia anche rivolta contro bersagli leggermente meno evidenti (sul piano delle aspettative), come la divulgazione filosofica e la divulgazione della storia. E non è un caso che in diversi lavori divulgativi nelle prefazioni o nelle introduzioni (spesso per il solo lettore italiano) si cerchi di correre ai ripari per trovare delle ottime ragioni per leggere il libro.

A quanto pare, l’Italia non è tra i primi paesi nella conoscenza della matematica. O, per meglio dire: “L’Unione europea ha individuato nella competenza in matematica una delle abilità chiave per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupabilità nella società della conoscenza del 21° secolo”.[1] E in sostanza si scopre che in generale sono pochissimi i paesi che possono dimostrare di avere un’ottima competenza matematica nelle fasce giovanili. Sempre in questo prezioso studio, si legge che due punti principali consistono nel migliorare le motivazioni dei ragazzi e la qualità degli docenti. Tuttavia, nello studio sembra mancare un altro aspetto centrale: lo sviluppo generale della cultura matematica.

La luna è tramontata – John Steinbeck

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La luna è tramontata è un romanzo breve (o racconto lungo) del premio nobel John Steinbeck nel 1962. Il libro è ambientato in un piccolo villaggio della Norvegia invaso da una forza di occupazione tedesca, aiutata dall’attività di un traditore, Corell. Il comandante delle forze di occupazione è il colonnello Lanser, il quale è subito consapevole del fatto che la conquista del piccolo villaggio, villaggio in cui si estrae carbone e che deve essere estratto, è lungi dall’essere ultimata. La natura della guerra è sempre la stessa e Lanser ne è ben consapevole. Egli ha combattuto la grande guerra e conosce assai bene i problemi della guerra e la natura della pace. Il sindaco della piccola città, Orden, è un uomo di saldi principi, unito in amicizia al dottor Winter. Lanser ha uno staff di uomini diversi:

Capitolo 29. Sraddhā, la fede: l’emergere della vita spirituale

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Secondo i Veda non solo c’è poca vita spirituale in assenza di fede, ma, più fondamentalmente, senza fede manca la stessa possibilità di una vita umana autentica. Giungiamo dunque ad occuparci del terzo e ultimo modo in cui emerge la vita, a livello interiore o spirituale. Il perno attorno al quale gira la nascita della vita interiore è la figura della fede.

Sulla Strada – Jack Kerouac

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Mi svegliai che il sole stava diventando rosso; e quello fu l’unico preciso istante della mia vita, il più assurdo, in cui dimenticai chi ero – lontano da casa, stanco e stordito per il viaggio, in una povera stanza d’albergo che non avevo mai visto, col sibilo del vapore fuori, lo scricchiolio del legno vecchio degli impiantiti, i passi al piano di sopra e altri rumori tristi e guardai il soffitto alto e screpolato e davvero non riuscii a ricordare chi ero per almeno quindici assurdi secondi. Non avevo paura; ero semplicemente qualcun altro, uno sconosciuto, e tutta la mia vita era una vita stregata, la vita di un fantasma. Ero a metà strada tra una costa e l’altra dell’America, al confine tra l’Est della mia giovinezza e il West del mio futuro, e forse è per questo che accadde proprio lì e in quel momento, in quello strano pomeriggio rosso.

Jack Kerouac

Sulla Strada è il romanzo tanto celebrato da quella che si autodefinitiva ʽbeat generationʼ (generazione battuta, generazione sconfitta), i cui confini e la cui sostanza rimangono da chiarire. Il libro Sulla strada (On the road) dello scrittore americano Jack Kerouac è un’opera con accenti autobiografici ma, soprattutto, dall’intenzione propriamente autoreferenziale. Ciò si evince, oltre che dall’uso di un io narrativo in prima persona e in cui il narratore non è onnisciente, soprattutto dal contenuto dell’opera.

La trama non è altro che un resoconto di alcuni viaggi che Sal compie da New York verso l’ovest (il West) o verso il sud. I percorsi non sono mai lineari, non tanto perché il personaggio sia a sua volta non lineare e, quindi, implichi un viaggio che sia interiore ed esteriore. Al contrario, i percorsi, gli itinerari non sono mai lineari perché la psicologia del personaggio principale, centro narrativo del romanzo anche se non centro del contenuto del romanzo, è un dominato da una personalità estremamente semplice, lineare, costante nel suo seguire gli impulsi senza avere uno sguardo sul mondo che sia mediato da qualche genere di ragione. Egli asseconda spontaneamente il suo desiderio del momento, come un bambino segue le sue fantasie. Non sorprenderà, dunque, scoprire che tutti i personaggi del libro sono sostanzialmente caratterizzati da una personalità sfuggente perché infantile.

Letteratura latina e il cristianesimo delle origini

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Con l’editto di Costantino del 313 d.C. si segna una tappa cruciale della storia dell’impero romano d’occidente e non solo: con esso si sancisce per la prima volta una “religione di stato” propriamente detta e pone fine alle persecuzioni verso i cristiani (si rivolgono da questo momento verso chi si rifiuta di convertirsi, cosa che spesso si tralascia di ricordare). Il progressivo estendersi del cristianesimo portò non solo a un nuovo assetto politico e la formazione del clero cristiano, ma anche l’elaborazione di un nuovo assetto letterario. Attraverso il pensiero di tre importanti letterati analizziamo la nascita di questo nuovo assetto programmatico letterario.

Arnobio nacque in Africa intorno alla metà del III secolo d.C. e fu maestro di scuola a Sicca Veneria: convertitosi al cristianesimo in età avanzata, morirà nel 327 d.C.. Delle sue opere ricordiamo l’Adversus nationes, composto di sette libri: fu scritto dopo le persecuzioni nei confronti dei cristiani da parte di Diocleziano, convinto pagano. Nell’opera di Arnobio si nota molto come egli si fosse convertito in età adulta. Egli forza un’aggressività antipagana e sulle inesattezze dottrinali, e su questi due binari egli alterna un linguaggio forbito e di elegante retorica a bizzarre costruzioni fantastiche. I suoi strumenti stilistici erano la sagacia, il senso del ridicolo e la capacità di scoprire flagranti contraddizioni in tutto ciò che andava confutando.

Recensione di Max Stirner, Vita e Opere

Del filosofo e uomo Max Stirner è rimasta ben poca testimonianza. Tuttavia, ne sembrerebbe rimasta quanto basta a scrivere una biografia che, nella versione italiana tradotta da Claudia Antonucci per la giovane casa editrice Bibliosofica, conta duecentoventicinque pagine. L’autore è John Henry Mackay.

Il lavoro di Mackay, per alcuni versi, è sicuramente notevole, ma per altri, stenta a convincere e ne esporremo le ragioni principali. Per ora notiamo che, purtroppo, sembrerebbe essere l’unico lavoro esistente in grado di avvicinarci con una certa approssimazione alla reale figura di Max Stirner.