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Categoria: Storia della Letteratura

Gianbattista Marino – Vita e Opere

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Vita

Marino nasce a Napoli nel 1569 e muore nel 1625. Figlio di un magistrato, viene avviato agli studi in legge, senza grande entusiasmo, preferendo la frequentazione di ambienti in cui dominavano le figure dei mecenati e poeti. Nel 1592 entra a far parte della corte di un principe, Matteo di Capua, realizzando, così, una delle sue principali aspirazioni: vivere all’ombra di una potente figura politica. Nel 1600 fugge da Napoli per avere falsificato delle bolle vescovili e per aver costretto una donna all’aborto. Così è costretto a riparare a Roma e, successivamente, si trasferisce a Ravenna. Dal 1608 al 1611 si stabilisce in Piemonte, alla corte dei Savoia. Infine, su invito di Maria De’ Medici si reca alla sua corte nel 1615, in Francia, prima di tornare alla sua città natale e lì morire nel 1625.

Il barocco in Letteratura Italiana

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Inquadramento

Periodo: 1600 d.C.

Autori: Marino, Basile.

Temi: Sentimento di inquietudine, senso del mistero della vita, sfiducia nei soli mezzi dell’individuo, rinnovata spiritualità, esperienza artistica che vede il proliferarsi di metafore e allegorie; predilezione per uno stile ricercato; nascita della prosa scientifica.

Stile: uso dominante di metafore e sofisticate esperienze linguistiche, realismo estremo, amore per i dettagli, gusto del macabro.

Scheda

Dopo il periodo apollineo rinascimentale, caratterizzato da personaggi illustri e centrali per la storia della letteratura, come Niccolò Machiavelli e Pietro Bembo, periodo incentrato su tematiche che accentuavano la centralità dell’individuo nel mondo, la sua forza e la sua possibilità di cambiare la realtà e dominarla, il barocco fu un periodo che sottolinea la forza dei sentimenti cupi e oscuri, nel segno di un rinnovato senso critico delle certezze rinascimentali. Il senso del mistero dell’esistenza sorpassa la consapevolezza della potenza delle capacità umane, così che si giunge ad una diffusa sensazione di inquietudine, che suscita la percezione di rinnovata solitudine e perdita di fiducia nell’individuo.

Le Baccanti di Euripide

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Che i greci avessero una fantasia a tratti aggressiva è testimoniato dal fatto che furono insuperabili nel concepire la tragedia. Tra i pezzi cult del genere è annoverabile un’opera della vecchiaia del drammaturgo Euripide, le Baccanti. La tesi e morale del testo di Euripide, voluta o non voluta dallo stesso poeta, è circoscritta e chiara: è giusto credere agli dei della tradizione ed osservare il culto normale, ed è sbagliato non farlo. La tragedia consiste nel castigo inflitto ad una famiglia (o, meglio, ad una città) che non volle riconoscere la divinità del dio. Dioniso, Bacco, Ditirambo o Bromio è il dio in questione: egli, giunto al termine di un percorso di evangelizzazione/conquista dell’Asia occidentale finisce nella Tebe greca, città che vuole sottomettere al proprio culto, ma qui viene ostacolato dall’ostinazione del governatore, Penteo.

La tesi di Euripide, alla luce delle vicende narrate nel testo teatrale, potrebbe essere riformulata in questi termini: credi agli dei della tradizione poiché ti conviene, vedi infatti ciò a cui va incontro il miscredente. Per la truce fantasia del greco le conseguenze del mancato riconoscimento del dio da parte di Penteo, l’eroe della miscredenza, ricadono, oltre che su di lui, Penteo, anche su due generazioni indietro e infine su tutta la città di Tebe. Le conseguenze dell’incredulità sono dunque spalmate su tre livelli:

Madame Bovary – Gustave Flaubert

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Madame Bovary è un romanzo di Gustave Flaubert pubblicato nel 1856. Esso narra la storia di Emma in Bovary, figlia di un povero contadino, che si sposa con il giovane medico vedovo, Charles Bovary. Charles è quello che si può definire un uomo di ingegno mediocre e mediocri aspettative, ma non per questo prive di una loro dignità. Egli fa parte di quella turba di esseri umani priva di grande intelligenza, senza grandi aspettative ma solerte nel loro piccolo impiego ed estremamente costanti nel dispensare il loro affetto, istintivo ed irriflesso ma genuino. Egli, infatti, non è uno studente brillante, né una personalità di spicco, come si vede sin da subito. Successivamente, da ragazzo, studia alla facoltà di medicina, grazie al sostegno economico dei genitori. Dopo una breve battuta d’arresto, dovuta ad un momentaneo abbandono dell’attenzione agli studi, Charles diviene dottore in Medicina, utilizzando uno di quei sistemi che, a quanto pare, è sempre stato utilizzato e favorito: “Charles si rimise subito al lavoro e si preparò, senza perder tempo, all’esame, imparando a memoria tutte le risposte. Ottenne la promozione con una discreta media”.[1] Da principio, egli s’avvia al lavoro nel suo piccolo paese di campagna e si sposa con la signora Dubuc, la quale, da principio, sembra una buona signora, ma, ben presto, finisce per tiranneggiare il debole Charles e fargli fare ogni cosa a suo piacimento. Grazie a questi sistemi, diviene quasi antipatica allo stesso Charles, giacché, d’altronde, egli è totalmente incapace di provare forti e costanti emozioni negative, da uomo rinunciatario quale è. La situazione peggiora quando lei bisticcia con i suoceri. In fine, muore. In fondo, nessuno la rimpiangerà ma Charles rimane addolorato per la sua scomparsa fino a che non incomincia a frequentare più assiduamente la casa di un buon contadino al quale aveva curato brillantemente la gamba, il signor Rouault. Costui, infatti, lo convince a tornare più spesso:

Pierre e Jean – Guy De Maupassant

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Consigliamo – Una vita di Maupassant


Pierre e Jean è il quarto romanzo di Maupassant ed è edito nel 1888. Esso tratta di una storia di una famiglia piccolo borghese di Le Havre, costituita da quattro persone: il padre, la madre e due figli. Il padre, il signor Roland, è un uomo che possedeva una gioielleria a Parigi, abbandonata per godersi la vecchiaia. Ama le gite in barca a vela, pescare e tutto quello che ricorda una vita di mare, inautentica ma comoda, nella quale si cimenta, non senza l’ausilio di un marinaio appositamente pagato. Egli si presenta come un uomo semplice, piano, un po’ rozzo, incline alla bestemmia facile in casa e ottime maniere fuori di casa, a suo modo un bonaccione senza pretesa alcuna ma risulta incapace di comprendere i più semplici sentimenti dell’animo umano, avendone, egli, così pochi. La signora Roland viene definita come “[…] una donna d’ordine, economa, borghese, un po’ sentimentale, dotata di una tenera anima di cassiera…”. Pierre, il più grande dei due fratelli, è una persona di un’intelligenza acuta, incapace, però, di tradurre il suo intelletto in azioni fruttuose, quanto meno dal punto di vista prettamente egoistico. A trent’anni, può vantare solo un grande numero di fallimenti e una laurea in medicina, giunta non senza un certo dispendio di tempo. Non ha amore, non ha amici, eccezion fatta per il vecchio farmacista, e non ha lavoro ma, tutto considerato, tutto ciò non sembra turbarlo più di tanto, vivendo in quell’atmosfera ovattata e facile che è vivere in famiglia che gli consente una vita priva di grandi iniziative e qualche sacrificio che, però, è più che tollerabile. Jean ha un carattere leggermente più docile del fratello, del quale non possiede l’intraprendenza ma, proprio per questo, vive una vita molto più lineare, senza grandi apici o discese. Il che lo conduce a possedere una laurea in giurisprudenza a venticinque anni e una testa libera da intrusioni pericolose di idee devianti dalla considerazione dell’utilità, considerazioni di un utile che, d’altronde, non diventa mai idea fissa ma solo la condizione necessaria e sufficiente per una vita già decisa a priori: lavoro, famiglia e qualche svago moderato di quando in quando. Per questo Jean, senza troppo sforzarsi, giunge ad innamorarsi della signora Rosémilly: “La giovane vedova era una donna consapevole, che conosceva l’esistenza d’istinto come un animale libero, quasi, a soli ventitré anni, avesse visto subito, compreso e soppesato tutti gli avvenimenti possibili che giudicava in modo sano, realistico e benevolo”.[1] La famiglia Roland vive momenti di alti e bassi senza vertici importanti, come tutte le famiglie piccolo borghesi, nelle quali basta poco per renderle molto infelici e per le quali ci vuole molto per renderle felici. Ma arriva un importante cambiamento. Un vecchi amico di famiglia, il signor Maréchal muore e lascia in eredità una piccola fortuna a Jean. Questo fatto sconvolge la vita della famiglia: Jean ne risulta felice all’inverosimile per le possibilità che gli si aprono di fronte.

Gli indifferenti – Un romanzo di Alberto Moravia

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Gli indifferenti è un romanzo che si svolge in una città senza nome, una città qualunque di un paese industrializzato. La vicenda è incentrata su una famiglia, gli Ardengo, i quali sono sull’orlo della miseria e hanno già ipotecato la loro abitazione. Pur essendo vicini al tracollo finanziario, pensano poco ai problemi economici relativi alla loro situazione, a parte Michele Ardengo. La madre dei ragazzi, Michele e Carla, intrattiene una relazione amorosa, ormai al termine, con un individuo abbietto, Leo Merumeci, il quale è a conoscenza dei problemi economici della famiglia Ardengo ma  non per questo, convinto di avere un buon senso per gli affari, vuole rinunciare ad una sua personale speculazione nell’acquisto della grande casa della famiglia. Ogni membro della famiglia ha una sua storia sentimentale relazionata a quella di tutti gli altri e variamente frustrante: la madre, Mariagrazia, ama Leo senza più essere ricambiata né nei sentimenti né nell’attrazione fisica; la figlia, Carla, vuole “cambiare vita” ma non ha bene idea di cosa ciò significhi, di cosa lei desideri per sé stessa e finisce per cedere alle lusinghe di Leo Merumeci; Michele, il figlio, vorrebbe ardentemente desiderare qualcosa, lottare per una buona causa, provare dei sentimenti profondi “come quelli di una volta”, ma non ci riesce, desidera ardentemente l’amore di una donna ma costei non si è ancora presentata alla porta del suo cuore e, così, egli rimane solo con il suo senso di futilità per ogni tentativo.

Niccolò conte d’Arco

Non così poco si conosce di Niccolò da non potersene creare una rappresentazione mentale abbastanza definita verso la quale poter, nel caso, anche prendere posizione di simpatia, d’aperta ostilità o, infine, d’indifferenza.

A me Niccolò sta simpatico. Questo fatto soggettivo è probabilmente dovuto, e, se possibile, anche l’ipotesi (probabilmente vera) che questo fatto sia generalmente diffuso in chi si trovi per caso o per fortuna a conoscere Niccolò, è dovuto all’accidentalità che si conosce il poeta più attraverso l’immagine che di esso ne danno i suoi carmi che attraverso dati biografici di altra (prosaica) provenienza, dunque all’intrinseca poeticità (per non dire probabile distorsione fantastica, ma la questione forse non è così semplice) della figura del Nostro.

Intendo dare prima qualche cenno di biografia, per poi passare ad occuparmi (liberamente e piuttosto) del contesto storico-culturale e della poesia di Niccolò.

La penultilma verità – Philip Dick

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La guerra dei mondi di H.G. Wells


Un brav’uomo a capo di una comunità costretta a vivere sotto terra per via della guerra che si combatte in superficie tra gli Stati Occidentali liberali e i Rossi viene costretto ad andare in superficie per recuperare un pancreas artificiale in grado di salvare la vita del meccanico dell’officina, l’unico uomo a salvarli dal disastro della sottoproduzione. Nello stesso tempo un uomo-Yance scrive il suo articolo più importante senza usare gli utili meccanismi di produzione di discorsi artificiali e, per questo, viene chiamato dal dominatore del mondo, Stenton Brose, per un incarico importante. Nello stesso tempo, Lantano, un altro uomo-Yance sembra avere un piano per rendere libero il popolo, costretto in schiavitù sottoterra. Parallelamente il potente capo dell’agenzia di spionaggio più potente del mondo con sede a Londra sembra aver scoperto qualcosa di veramente importante.

Germania – Tacito – Analisi e storia

Scopri la Guerra di Giugurta di Sallustio!

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La Germania è un testo di presentazione degli usi e costumi dei popoli che i romani chiamavano in blocco “germani”. Essi erano dislocati al di là del Reno (a est) e a nord del Danubio, i due fiumi che costituivano il limes dell’impero. Il libro fu scritto, probabilmente, come testo da conferenza nel quale la presentazione della Germania si sviluppa su più livelli: descrizione del territorio, analisi politica, analisi sociologica ed enumerazione delle popolazioni inscritte nell’area geografica descritta. Al principio Tacito presenta la Germania in questi termini:

Bel-Ami – Guy De Maupassant

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George Duroy si era trasferito a Parigi, dopo un soggiorno in Africa in qualità di soldato, soggiorno nel quale si comporta da più da predone che da gentiluomo. La sua ambizione, unita allo scarso attaccamento ai valori della divisa, lo conducono a Parigi, città nella quale sperava di poter arrivare a ben altri lidi. Ma al principio non fu così semplice, la grande città si presentò come un mare nel quale non si riconoscono navigli amici, ma solo neutrali. Il posto di lavoro alle ferrovie non gli garantiva neppure il tanto sufficiente per vivere: