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Categoria: Letteratura Latina

L’epitome di Ianuario Nepoziano a Valerio Massimo: una riflessione socio-letteraria – [Litterae ex oblivio]

Valerius Maximus's Facta et dicta memorabilia: Opening Page of Book VIII of Valerius Maximus's Facta et dicta memorabilia
Valerius Maximus’s Facta et dicta memorabilia: Opening Page of Book VIII of Valerius Maximus’s Facta et dicta memorabilia. Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Flanders,_15th_century_-_Opening_Page_of_Book_VIII_of_Valerius_Maximus%27s_Facta_et_dicta_memorabilia_-_1952.274.1_-_Cleveland_Museum_of_Art.jpg#filelinks

 

Nota dell’autore: il presente contributo, sull’epitome latina di Ianuario Nepoziano, è il primo della rubrica Literrae ex oblivio (lett. “Letteratura dall’oblio”), finalizzata a rendere nota e merito di opere di letteratura latina di ogni tempo, dagli albori con Livio Andronico (III sec. a.C.) fino agli esemplari medio-latini, opere che la fortuna editoriale e l’impostazione scolastica hanno, tutt’altro che a buon diritto, dimenticato; opere affascinanti e meritevoli di studio critico filologico, linguistico e letterario.

Introduzione:

L’arte dell’epitomare, ossia del sunteggiare un’opera tendenzialmente di imponenti dimensioni, non è sicuramente prerogativa esclusiva del Tardo-Antico: la difficoltà nel gestire una mole tale di informazioni da risultare ingovernabile era un problema già sollevato, e in un certo senso affrontato con successo, già dal periodo dello splendore letterario augusteo (27 a.C. – 14 d.C.). Un suggerimento rilevante ci giunge, in questo senso, da Valerio Marziale (38/41 d.C. – 104 d.C.), che in uno dei suoi epigrammi (Apophoreta, 14, CXC)[1] rende noto di essere in possesso di un’epitome degli imponenti 142 libri dell’Ab Urbe condita di Tito Livio (59 a.C. – 17 d.C.) riassunti in un unico codice pergamenaceo (cfr. Conte 2019: 194). Le dimensioni dell’opera liviana,[2] e con esse la rilevanza storiografica della materia trattata, richiesero giocoforza una resa in epitome, difatti la tradizione manoscritta ha tramandato le Perìochae, ossia un «Livio ‘epitomizzato’ (probabilmente a scopo didattico)» (Ibidem).[3]

La poesia di corte e il teatro nella letteratura latina nel IV secolo d.C.

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Dalla metà del IV secolo si sviluppa un nuovo genere poetico all’interno alle corti degli imperatori: è questa la poesia di corte, composta e costruita per celebrare la magnificenza dei potenti. Infatti, nasce in questo periodo un nuovo concetto di letteratura per le elite di soli colti. Decimo Magno Ausonio nacque a Burdigala nel 310 d.C. dove fu professore di grammatica e retorica. Nel 364 d.C. venne chiamato a corte come futuro maestro dell’Imperatore Graziano, per poi ritirarsi una ventina d’anni dopo. Ausonio fu autore di un abbondante produzione letterarie: epistole, in prosa e in versi, epigrammi e componimenti per occasioni particolari. Le opere meglio riuscite sono senz’altro opere che appartengono alla poesia funeraria: queste le ricordiamo coi titoli di Parentalia, Bissula e Mosella. Ausonio era un poeta che si preoccupò molto di omaggiare la tradizione classica latina e questa tendenza, tipica di chi non voleva che fosse dimenticato il passato letterario, si ripercuoteva è importante per capire come si rivolgeva nei confronti del cristianesimo. E così che Ausonio si propone come mediatore fra la cultura pagana e quella cristiana con degli ideali estetizzanti e di conciliazione culturale.

Letteratura latina e il cristianesimo delle origini

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Con l’editto di Costantino del 313 d.C. si segna una tappa cruciale della storia dell’impero romano d’occidente e non solo: con esso si sancisce per la prima volta una “religione di stato” propriamente detta e pone fine alle persecuzioni verso i cristiani (si rivolgono da questo momento verso chi si rifiuta di convertirsi, cosa che spesso si tralascia di ricordare). Il progressivo estendersi del cristianesimo portò non solo a un nuovo assetto politico e la formazione del clero cristiano, ma anche l’elaborazione di un nuovo assetto letterario. Attraverso il pensiero di tre importanti letterati analizziamo la nascita di questo nuovo assetto programmatico letterario.

Arnobio nacque in Africa intorno alla metà del III secolo d.C. e fu maestro di scuola a Sicca Veneria: convertitosi al cristianesimo in età avanzata, morirà nel 327 d.C.. Delle sue opere ricordiamo l’Adversus nationes, composto di sette libri: fu scritto dopo le persecuzioni nei confronti dei cristiani da parte di Diocleziano, convinto pagano. Nell’opera di Arnobio si nota molto come egli si fosse convertito in età adulta. Egli forza un’aggressività antipagana e sulle inesattezze dottrinali, e su questi due binari egli alterna un linguaggio forbito e di elegante retorica a bizzarre costruzioni fantastiche. I suoi strumenti stilistici erano la sagacia, il senso del ridicolo e la capacità di scoprire flagranti contraddizioni in tutto ciò che andava confutando.

La letteratura latina in cinque capitoli storici

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Premessa e annotazione personale

Il 17 gennaio 2013 ho iniziato lo studio della letteratura latina: uno studio che si è dimostrato più difficile e lungo del previsto. È stato un percorso complesso, ma oggi posso dire di averlo concluso e di averlo approfondito adeguatamente. In questo articolo conclusivo, con cui saluto definitivamente questa branca della letteratura, lo staff di scuolafilosofica.com vuole darvi tutti i punti storici della letteratura latina, con annessa bibliografia interna al sito, dove possibile. La parte più lacunosa è stata, per soli motivi di tempo, la parte sulla prima età imperiale, dove mancano all’appello importanti articoli su Quintiliano, Tacito, Svetonio e Apuleio. Cercheremo comunque altrove sul web, articoli di qualità da consigliarvi. Ma non tutto è perso: il sito, come sapete, è sempre alla ricerca di collaboratori che completino la nostra ricerca enciclopedica e ben venga, se qualcuno di voi lettori, voglia aiutarci in questa missione. Buona lettura.

Persio e Giovenale – La satira nel periodo del principato


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Sebbene Persio e Giovenale abbiano vissuto in due momenti del principato diversi l’uno dall’altro, (infatti il primo scrisse sotto Nerone, il secondo sotto Nerva e Adriano), essi hanno in comune diverse caratteristiche. Prima di tutto entrambi si ricollegano stilisticamente e spiritualmente, anche per quelli che erano i valori, alla poetica di Lucilio e soprattutto di Orazio. Ma aldilà di queste somiglianze e richiami coi due letterati a loro antecedenti, essi hanno il merito di rivoluzionare un genere letterario molto in voga nella Roma del principato. Una volta confrontate le due poetiche satiriche le innovazioni sono vistose sia nella forma che nel tipo di discorso che Persio e Giovenale utilizzano.

Prima di tutto cambia l’oggetto di riferimento a cui si indirizzavano i due satiri: se Orazio e Lucilio indirizzavano le loro opere a una ristretta cerchia di amici letterati, non era così per la nuova avanguardia satirica. Ora si scrivevano satire dirette a un pubblico generico di lettori-ascoltatori, di fronte ai quali il poeta si comporta come risolutore di vizi e virtù. Il poeta è assolve la funzione di moralizzatore al quale l’ascoltatore si affida. La satira oraziana, seppur prevedendo la critica dei cattivi costumi, era di indulgente comprensione verso le debolezze dell’essere umano e vedeva tutto con un sorriso autoironico. Ciò a differenza della satira di cui stiamo trattando perché risulta caratterizzata da un rigido sistema valoriale stoico contro i vitia.

Dal punto di vista linguistico, entrambi le satire utilizzavano il sermocotidianus, nel periodo del principato, adornato sempre più dai grecismi: d’altronde, la lingua latina conoscerà diverse fasi del suo sviluppo, passando da quella arcaica a quella classica, da quella post-classica (che comincia a far la sua comparsa in questo secolo, I sec. d.C.) a quella volgare. Analizziamo ora singolarmente le figure letterarie di Persio e Giovenale.

Da Costantino al Sacco di Roma – Le eresie e la letteratura latina in età tardoantica

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Consigliamo – Storia Romana Parte II – a cura di Francesco W. Pili


1.1 Breve contestualizzazione storica: Costantino (306 – 337 d.C.)[i]

Costantino fu senz’altro uno dei personaggi più importanti della storia romana e della storia dell’Occidente. Il periodo che inizia con Costantino e finisce con Giustiniano fu un particolarmente travagliato ma anche fonte di uno spiccato e forte rinnovamento. Anche se il senato non ha più alcun tipo di potere reale e le magistrature non hanno più alcuna capacità decisionale, nascono nuove figure e istituzioni che le sostituiranno.

Costantino condusse per alcuni anni una politica molto prudente proseguendo l’opera del suo predecessore, cercando però di snellire l’apparato burocratico. Il momento più importante di questo momento storico fu nel 312 d.C.: Costantino sconfisse nella battaglia di Ponte Milvio sul Tevere, Massenzio e la vittoria venne rivendicata nel segno di Cristo, una rivendicazione tutta politica (come attesta Peter Brown). Pur tuttavia ciò segnò un momento fondamentale della storia dell’Occidente che, da questo momento in poi, verrà dominato dalla religione cristiana.

Eresie cristiane e scuole di pensiero in periodo tardo antico

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Consigliamo – Storia Romana Parte II – a cura di Francesco W. Pili


Se abbiamo visto come fossero numerose le persecuzioni contro i cristiani, in questo articolo analizzeremo le cosiddette “grandi eresie“.

L’eresia di Ario: Ario era un prete di Alessandria che aveva vissuto nella prima metà del secolo. Secondo Ario, Cristo non si poteva considerare il “Dio Padre” senza non introdurre nella religione cristiana simbologie politeiste: la religione cristiana della Chiesa invece professava l’uguaglianza fra Dio padre e Cristo. Ario fu seguito nell’Oriente.

L’eresia manichea è di origini più antiche e il nome di questa deriva da Mani, il capo dei cosiddetti Manichei, che credevano nell’esistenza di due principi contrapposti: il bene e il male in eterna lotta fra loro erano i principi ultimi della realtà. Il dualismo delle due forze ordinatrici del mondo interpretava l’esistenza di Dio come forza mediatrice.

L’apogeo della cultura cristiana: la patristica

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Consigliamo Cicerone e Percorso di letteratura latina


Gli anni che vanno dalla metà del secolo IV d.C. fino al sacco di Roma da parte di Odoacre (476 d.C.) sono gli anni di massima fioritura del pensiero cristiano delle origini: è il cosiddetto secolo d’oro per la produzione di testi sacri, che distanziano gli altri sia per la qualità formale dell’opera sia per la loro ricchezza contenutistica. Oltretutto si faranno carico di un grande compito: divulgare con semplicità il messaggio religioso cristiano. I Padri della Chiesa, così chiamati gli scrittori cristiani di questo periodo, furono in diversi ma Ambrogio, Girolamo, Agostino furono gli autori maggiormente significativi. Ci sono poi due minori (Rufino e Sulpicio Severo).

Ambrogio nacque fra il 339 e il 340 d.C. a Treviri, una delle principali città della regione germanica, nella quale il padre risiedeva per occupare la carica di prefetto del pretorio della Gallia.

Dai Severi a Diocleziano (193 – 305 d.C.) – l’affermarsi del Cristianesimo

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Storia di Roma e Storia dell’Impero Romano


Il III secolo d.C. è un momento travagliato della storia romana: l’assassinio di Commodo giunse al culmine di una profonda crisi: il prefetto pretorio Leto nel 192 d.C. diede il potere ad Elnio Pertinace, un senatore che si era contraddistinto come generale. La crisi investiva in campo politico il senato che si trovo esautorato a vantaggio dei militari, mentre in campo fiscale la svalutazione della moneta impoveriva i ceti medi, portando con sé la decadenza economia delle città ed una profonda crisi morale dovuta alla sfiducia nei confronti dei valori tradizionali. Altri problemi erano legati al fatto che i barbari spingevano sempre di più lungo le frontiere e ancora all’interno delle città, in cui sorgevano le prime strutture primitive della Chiesa, che portavano confusione sul piano dei costumi sociali. Inoltre è alla sempre più preponderante importanza politica dell’esercito che si deve la trasformazione dell’ideologia imperiale verso forme sempre più assolutistiche. Cambia anche il rapporto fra princeps e senato: a quest’ultimo viene riconosciuto solo la funzione di organismo burocratico soggetto all’autorità assoluta dell’Imperatore, termine finale di un lungo processo storico. La situazione confusa dopo l’uccisione di Commodo portò ad anni di governi effimeri: da prima Pertinace, poi Didio Giuliano e Pescennio Nigro. Come nella crisi del 68-69 d.C. anche in questa situazione ci fu uno scontro fra legioni e generali e alla fine di questi combattimenti si imposero uno dopo l’altro diversi imperatori: Settimio Severo, Caracalla. Successivamente ci furono altri tre imperatori che seguirono da un periodo di anarchia militare, fino alla presa del potere da parte di Diocleziano.

Petronio e il Satyricon

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Consigliamo Cicerone e Percorso di letteratura latina


L’esistenza di un letterato latino chiamato Petronio è oggi ancora molto controversa: infatti, non sono molte le attestazioni che ci riportano notizie riguardo il grande genio letterario che ha scritto forse la più conosciuta (o per lo meno sentita) opera letteraria latina, il Satyricon. Le poche notizie pervenuteci dunque, sono arrivate tramite la storiografia di Tacito che però nei suoi Annales ci parla di un tale chiamato T. Petronius Niger; “an account that may be supplemented, with caution”, notizie quelle di Tacito che vanno prese con le dovute precauzioni.

Pare che Petronio fu un console del 62 d.C. suicidatosi quattro anni più tardi per volontà di Nerone. Nelle trascrizioni del Satyricon è riportato l’autore “Petronius Arbiter” ed è probabilmente da ricollegare a una definizione di Tacito che riferiva  che Petronio fosse un arbiter elegantiae. È per questo che la maggioranza della critica e degli studiosi accetta di buon grado di attribuire a questo Petronio la paternità dell’opera. Rimaniamo comunque all’interno della sfera cronologica dell’età Giulio Claudia.