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Categoria: Storia Contemporanea

2.2 La colonizzazione interna della Sardegna

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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La Sardegna ha vissuto nella sua storia diversi periodi di colonizzazioni e diversi colonizzatori. Fenici, romani, bizantini, ecc., sono stati i primi. Ma poi in epoca moderna si susseguirono spagnoli e sabaudi. Il trattato di Londra del 1720 stabilì che la Sardegna passasse sotto l’influenza del governo piemontese, seppur mantenendo le antiche istituzione spagnole, all’ora governato dalla secolare casata dei Savoia. Furono proprio questi ultimi ad avere il predominio politico sulle scelte dell’isola dalla metà del 1720 fino all’unità d’Italia del 1861. Questo secolo e mezzo fu segnato da un lato da “grandi silenzi” e grande indifferenze da parte dell’amministrazione coloniale, dall’altro canto il potere sabaudo cercò in un certo periodo, specie nel campo agrario, di rifondare un sistema: l’evento più significato in questo senso lo si visse nel 1823 con quello che venne chiamato ‘editto delle chiudende’, il quale andava innestandosi direttamente nel sistema tradizionale degli ademprivi (per ademprivio si intendeva in Sardegna, e tuttora in diritto, un bene di uso comune, generalmente un fondo rustico di variabile estensione, su cui la popolazione poteva comunitariamente esercitare diritto di sfruttamento, ad esempio per legnatico, macchiatico, ghiandatico o pascolo.), rendendo la situazione giuridica dei terreni altamente complessa. L’uso degli ademprivi, inoltre, prevedeva la rotazione degli impieghi della terra, che un anno era destinata a pascolo e l’anno successivo a seminagione secondo determinazioni comunitarie locali.

2 La nascita della colonia penale agricola in Europa

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Il paragrafo precedente ha voluto analizzare come si sia sviluppata nel diciottesimo secolo un’intensa attività, da parte delle principali potenze europee, di colonizzazione interna nelle terre extraeuropee. Molte volte la colonizzazione avvenne anche tramite la ‘colonia penale agricola’. Come vedremo in questo paragrafo, si sviluppò un importante dibattito sulle condizioni dei coloni e sull’utilità delle colonie stesse.

Nella prima metà dell’Ottocento si sviluppò in Italia, come altrove in Europa, specialmente in Olanda e Francia, un intenso dibattito sui sistemi penitenziari: si prendeva infatti in considerazione l’idea di rendere le pene detentive meno truci, svincolando il detenuto da quel triste avanzo della galera: la catena.[1] La pena non doveva essere semplicemente ‘punitiva’, ma doveva avere al suo interno un significato catartico per il detenuto. L’Italia, a differenza di quasi la totalità dei Paesi europei dell’Ottocento, aveva pochi possedimenti d’oltremare che permettessero la sperimentazione di colonie penali; solo stati come Francia e il Regno Unito, cercarono di effettuare una colonizzazione dei possedimenti d’oltremare con l’invio di condannati dalla madrepatria.[2]

Nell’ambito del dibattito sui penitenziari in Europa si ragionò comunque sulle possibili alternative al carcere come simbolo del luogo di pena: nacque così il concetto di ‘colonia penale agricola’. Secondo la definizione del Digesto “le colonie penali potevano essere di due specie: di oltremare e interne, le prime in territori conquistati in luoghi lontani dalla madrepatria, le seconde all’interno dei confini naturali”[3].

2.1 L’emigrazione agricola italiana tra Ottocento e Novecento

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Spesso quando si parla di emigrazione e di colonialismo italiano si trascura una delle pagine meno note della storia nazionale italiana: tra Ottocento e Novecento infatti, gli Italiani furono protagonisti di rilevanti flussi migratori dovuti all’arretratezza agricola che nell’Ottocento caratterizzava l’economia italiana, oltreché ad un apparato industriale quasi del tutto assente. Come è noto ciò indusse migliaia di lavoratori, che vivevano in situazioni precarie, ad abbandonare la penisola alla ricerca di una vita e un futuro migliori. Le campagne diventarono un serbatoio inesauribile di emigranti. La società rurale appare attraversata da una crisi profonda, non riconducibile esclusivamente alla pur grave crisi agraria (1873-1879), dovuta all’arrivo del grano americano che, sfruttando i progressi della navigazione a vapore e beneficiando della meccanizzazione del settore, veniva prodotto a costi infinitamente minori.

Va infatti sottolineato che dopo l’Unità la crescente pressione fiscale dello Stato unitario, la vendita dei beni della Chiesa, l’abolizione degli usi civici e la liquidazione dei demani privarono il mondo contadino di antichi usi civici che, spesso, costituivano importanti voci nei bilanci familiari.

1. La colonizzazione agricola tra XVII e nel XVIII secolo

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Colonia, colonialismo, colonizzazione sono termini che nel corso della storia hanno avuto plurime interpretazioni. All’inizio del ventesimo secolo, il termine fu talvolta usata per indicare la condizione di dipendenza di territori politicamente subordinati. Più tardi, esso è stato soppiantato dalla parola ‛imperialismo’ che, a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento, venne usato, dai critici ostili al dominio europeo su altri popoli, quale sostantivo generico indicante sia la condizione di predominio europeo che le sue cause economiche.La parola ‘colonialismo’ ha dunque indicato il dominio esercitato da un popolo su un altro popolo estraneo mediante lo sfruttamento economico: proprio l’aspetto economico è di primaria importanza per poter comprendere al meglio l’aspetto del colonialismo penale in Italia, in Europa e negli altri continenti.

Ordine internazionale per i diritti umani: un progetto possibile?

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Struttura dell’articolo

1. L’idea della Dichiarazione Universale

2. Il progetto di Kant e la teoria liberale nelle relazioni internazionali

3. ‘Guerra giusta’ e difesa dei diritti umani

4. Critiche alla teoria liberale della ‘guerra giusta’ 

5. Una possibile diversa proposta

6. Conclusioni

Bibliografia


Un problema riguardante i diritti umani e il loro rispetto è quello della loro internazionalizzazione, ossia della diffusione ed estensione di politiche coerenti con i principi dei diritti umani nello scenario internazionale. Negli ultimi decenni diverse organizzazioni non governative (ONG) e istituzioni internazionali come l’ONU si sono impegnate affinché più stati possibili adottassero una legislazione e un atteggiamento rispettoso dei diritti dell’uomo come affermati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Ma questa volontà di creare una sorta di ordine internazionale in cui gli stati accettino uguali legislazioni interne ed esterne che fondamenti teorici ha? E cosa determina nella pratica politica?

Cyber security e cyber guerra Una chiarificazione concettuale per una valutazione strategica

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Abstract

Il ruolo della cyber security è tutt’ora considerato appannaggio di pochi iniziati. Invece si tratta di una disciplina comprensibile anche ad un pubblico non specialistico alla luce di una analisi razionale e non tecnica. Questo perché la cyber security non è soltanto una questione informatica e forse neppure per lo più. In questo articolo vogliamo indicare diverse ragioni a supporto di questa tesi, in particolare rispetto all’analisi di natura strategica. In fine, si cercherà di dare un inquadramento generale della cyber guerra all’interno della contesto della guerra contemporanea.


Vuoi leggere un libro sulla filosofia della guerra e sul volto della guerra contemporanea? Filosofia pura della guerra!


Struttura dell’articolo

1.Introduzione

2.Cyber security: una disciplina comprensibile

3. Concetti fondamentali della cyber security: condizioni (1-5) e la dualità della natura della cyber security

4. Condizioni di cyber sicurezza

5. Strategia, tattica e ingegneria

6. Considerazioni finali sulla cyber guerra: quanto se ne può trarre dallo stato attuale delle cose

1.1 Letteratura gotica Dalle origini alla contemporaneità

L’intento della mia relazione è quello di analizzare i vari aspetti della letteratura gotica, conscio che il lavoro da me svolto sarà comunque di notevole impegno, visto che il corpus letterario che mi appresto a presentare è alquanto vasto.

Con questa premessa intendo soffermarmi principalmente sui singoli aspetti mostrati dai vari romanzi di ambientazione gotica e come i classici elementi, che hanno reso famoso questo genere, si differenzino, con il passare del tempo, fra un’opera e l’altra. Gli stereotipi, ripresi da ambientazioni medievali e riproposti, spesso in maniera distorta, sono infatti presenti in numerose storie.

La letteratura gotica sarà, appunto, presa in considerazione sotto le caratteristiche che la contraddistinguono, in elementi presenti o quantomeno accennati nella narrazione: castelli infestati dagli spettri, sotterranei che si disperdono in numerose direzioni, cavalieri, eroine in preda a terrore, mostri e licantropi[1]. Questi sono i punti in comune, appartenenti all’insieme dei romanzi di ambientazione gotica, che presenterò e cercherò di analizzare.

Come nasce un impero – Condizioni necessarie per un evento non necessario

Abstract

Un impero non nasce nel vuoto o dal vuoto, ma richiede la presenza di più cause concomitanti. La nostra disamina cerca di rintracciare delle condizioni generali senza le quali un impero non potrebbe esistere. Tuttavia, come ogni fatto storico, un impero non è un avvenimento necessario, ma contingente, per cui è possibile solo fornire una disamina generale delle condizioni generali senza scendere nel dettaglio della ricostruzione storica.


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Storia delle bombe atomiche

https://www.flickr.com/photos/x-ray_delta_one/3949898611

Abstract

La storia delle bombe atomiche e dei test nucleari merita di essere considerata a parte rispetto alla guerra fredda, se non altro perché essa continua a proseguire nonostante la fine del conflitto USA-URSS. Inoltre, la storia delle bombe atomiche merita di essere considerata a parte perché è necessario confrontarsi direttamente rispetto al problema della coscienza atomica di bobbiana memoria: comprendere la natura, la storia e i problemi delle armi atomiche dovrebbe essere un impegno civile di ogni singolo responsabile all’interno della nostra incerta contemporaneità. La cui incertezza è determinata almeno in parte proprio dalle armi strategiche.

Un internato militare italiano a Brema. Cronaca di una prigionia ai tempi dei Lager 1943 – 1945. Appunti da una conferenza del prof. Christoph Schminck Gustavus (Università di Brema)

Il professore Christoph Schminck Gustavus ha ricostruito la storia di Attilio Buldini e di Gigina Querzè, attraverso lo studio delle fonti orali. Egli infatti considera lo studio delle fonti orali di fondamentale importanza per una ricostruzione storica completa, specialmente per le esperienze dei singoli individui internati in campi di concentramento, in cui è inevitabile dover fare riferimento all’esperienza personale e soggettiva degli internati per poterne capire e considerare in modo adeguato il peso pregnante della loro esperienza come casi storici. Emozionante, toccante e suggestivo il racconto.

La storia di Attilio Buldini inizia durante la guerra: egli era di professione un barbiere, e poi chiamato alle armi fu mandato di stanza all’Isola d’Elba. Lontano dalla moglie Gigina, con cui però aveva modo di scambiarsi lettere, egli, come la maggioranza dei soldati italiani, che non combattevano per una causa condivisa ma per un regime, attendeva solo il momento di poter fare ritorno a casa. L’8 settembre 1943 fu in tal senso una data fondamentale per la storia dell’Italia: Pietro Badoglio (lo stesso che aveva condotto le truppe italiane in AOI nelle avventure coloniali del fascismo), capo del governo e maresciallo d’Italia, proclama l’armistizio di Cassibile firmato il 3 di quello stesso mese con gli alleati anglo-americano.