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Categoria: Storia

Dire, fare e baciare dalla terra madre alla ruggine spettrale

Alla Biennale di Venezia 2024, si può visitare il Padiglione Nazionale di Timor Est, con l’installazione in site-specific dell’artista Maria Madeira, la quale s’intitola Kiss and don’t tell. La curatela è di Natalie King, una professoressa australiana, e presso lo Spazio “Ravà”. Timor Est divenne indipendente dall’Indonesia nel 1999. Tornatavi, Maria Madeira dormiva in una stanza piena di segni colorati, lungo le pareti, all’altezza delle ginocchia. Lei era fuggita da bambina, con l’evacuazione durante l’invasione indonesiana. A Timor Est, le donne rimaste subivano l’umiliazione di mettersi il rossetto, in ginocchio, per poi baciare i muri.

Operazione Lam Son 719

1971. Forze sudvietnamite avanzano nella fase iniziale dell’operazione Lam Son 719. (foto Texas Tech University Collezione Pike va002287)

Operazione Lam Son 719

1971. Vietnamizzazione all’esordio: un costoso passo falso

Tratto dall’articolo pubblicato sul mensile Storia & Battaglie n.248, ottobre 2023, Luca Poggiali editore, Vicchio (Firenze)

Prologo:

L’operazione Lam Son 719, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere una puntata offensiva sudvietnamita in Laos, per tagliare le linee di rifornimento nordvietnamite dirette al Sud lungo la Pista di Ho Chi Minh, riveste una particolare importanza nello svolgimento della guerra del Vietnam, per diversi motivi. Anzitutto è stata la prima importante operazione offensiva terrestre avviata nella seconda fase della guerra del Vietnam, a ritiro americano già in fase avanzata e coinvolgimento cambogiano in fase altrettanto avanzata. Poi perché sarebbe stato il primo vero test sul campo del cosiddetto processo di “vietnamizzazione” del conflitto, cioè con l’esercito sudvietnamita a farsi carico delle operazioni di combattimento, lasciando progressivamente agli americani solo l’appoggio aereo (anch’esso comunque in diminuzione), il supporto logistico e una presenza di consiglieri sempre più limitati al ruolo di ufficiali di collegamento con l’aviazione tattica americana, per guidarne da terra gli interventi a favore dei sudvietnamiti. Il risultato non fu proprio quello atteso, come vedremo.

Academic espionage e guerra per le risorse

 

Introduzione

In questa riflessione, cercherò di ricostruire alcuni fenomeni legati sia all’intelligence (in particolare, academic espionage) sia all’innovazione tecnologica, mostrando come le Università ed i centri di ricerca siano e potranno essere sempre di più obiettivi caldi per chi intende appropriarsi del know how sviluppato in un certo paese. L’intelligence accademica non è un fenomeno nuovo, come non lo è certamente farsi la guerra per appropriarsi delle risorse e delle tecnologie altrui, tuttavia, ad un certo punto della storia umana, qualcosa sembra essere profondamente cambiato. Le risorse naturali si sono avvicendate, nel corso della storia, per importanza e criticità, seguendo non solo lo sviluppo economico ma anche quello geografico. Tuttavia, non è più possibile pensare che vi sia un Pizarro, un Magellano, un Colombo a scoprire nuove terre ricche di risorse già utilizzate o in grado di fornirne di nuove. Mentre i viaggi nello spazio sono ancora inefficaci per il recupero di risorse, l’essere umano si è calato nelle profondità oceaniche, nelle viscere della terra ferma e ha catturato l’energia del sole e del vento. Tuttavia, nessuna di queste risorse sembra aver posto fine alla lotta per l’abbondanza, la sazietà e la prevaricazione sugli altri. L’altra frontiera su cui ci siamo mossi è stata quella tecnologica, che ha permesso, soprattutto a partire dalla fine del XVIII secolo, uno sviluppo straordinariamente rapido. Ma a fianco di tutte le scoperte scientifiche, i progressi tecnologici e i benefici derivati, nessuna tecnologia al momento permette di raggiungere quell’utopico fine che è la rassicurante abbondanza per tutti e per sempre. In mancanza di questa, le armi continuano a flagellare il mondo con il loro sinistro rombo, mentre, più silenziosamente, soggetti insospettabili agiscono nei corridoi delle università, dei poli di ricerca, dei centri per l’innovazione, dotati, anche solamente, di un telefono cellulare. Ma per cosa bisognerebbe combattere? Se petrolio, gas, uranio e metalli vari, per esempio, sono sempre al centro dell’attenzione, non è affatto scontato che saranno altre le risorse per cui varrà la pena, tanto cinicamente quanto innata nello spirito umano, di andare a prendersele con la forza.

Foreste: una questione (urgentemente) geopolitica

Sommario

Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti… 2

Le foreste di Venezia: una questione di interesse nazionale. 3

In sintesi 9

Le Foreste italiane: un mosaico di biodiversità. 9

In sintesi 10

L’Italia, l’Europa e le foreste. 10

Strategia Nazionale delle Aree Interne. 11

Strategia Forestale Nazionale. 14

In sintesi 15

Foreste e nuove tecnologie. 15

In sintesi 17

Conclusioni 17

Bibliografia scientifica sulle foreste. 18

Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti

Qualche anno fa, a quattro mani, scrissi un breve articolo sul ruolo delle foreste naturali in chiave geopolitica. Il titolo: “L’ultima sfida globale: le grandi foreste naturali” lasciava presagire, forse in maniera fin troppo suggestiva, quale fosse l’interpretazione che si intendeva dare della questione, altrimenti molto più legata alla fisica o alla biologia, delle foreste.

14 febbraio 842: i giuramenti di Strasburgo – Pillola linguistica

https://en.wikipedia.org/wiki/Strasbourg#/media/File:Strasbourg_Cathedral.jpg

Introduzione:

Pur non di meno valutando l’importanza della festa degli innamorati, di celebrazione ricorrente il 14 febbraio in onore di San Valentino[1], l’occhio di passion filologica non potrà mancar di notare come il medesimo giorno sia anche ricorrenza della sottoscrizione del patto di alleanza difensiva, conosciuto come Serments de Strasbourg (Giuramenti di Strasburgo), tra Lodovico il Germanico e Carlo il Calvo, figli dell’imperatore Lodovico il Pio (778-840), contro il fratello imperatore Lotario I. Il documento in questione, di datazione 14 febbraio 842 ma attestato unicamente dal posteriore ms. lat. 9768 BnF, di cui di seguito si propone la sinossi filologica, è riconosciuto come il primo documento cancelleresco di lingua romanza. La presente pillola linguistica si premura di presentare il documento dapprima sotto un punto di vista filologico e successivamente analizzando la patina linguistica che lo contraddistingue, dimostrandone l’importanza nella diffusione della lingua romanza di riferimento. Volendo dare un taglio romanzo alla presente pillola linguistica si andrà ad analizzare la varietà francese antica riportata nel giuramento di Lodovico il Germanico.

Una “sete di successo” per il piccione… lavatore

Alla Biennale di Venezia 2022, si può visitare il Padiglione Nazionale dell’Argentina, con le installazioni oniriche dell’artista Monica Heller. Esteticamente, lei c’invita a percepire che “tramonti” il principio per cui < noi siamo sulla stessa “barca” >, citando l’esistenzialismo. Simbolicamente, al rostro per uno “sfondamento” conoscitivo si sostituiranno le Colonne d’Ercole per una limitazione “sospettosa”. Si raffigura l’antropomorfismo, in una satira sui ritmi normali della vita. Grazie alla tecnica, esasperiamo l’impulso a civilizzare l’intero mondo. Qualcosa che avrebbe la sua miniatura, artisticamente, sul formato GIF per tenerci “incollati” al mero “tramonto” del realismo. Nella società tecnologica, le Colonne d’Ercole della curiosità conoscitiva diventano le sliding doors del dubbio valutativo. Se noi < stiamo sulla stessa “barca” >, ciò accade perché le scoperte scientifiche accelerano a dismisura. Si reagirà frenando, in accordo coi “paletti” dell’etica. A Monica Heller interessa comunque la satira sulle “gabbie” del loop. A Venezia, il titolo della sua mostra appare tautologico: L’importanza dell’Origine sarà importata dall’origine della sostanza. Fra la volontà dell’idealismo e la “gravità” del materialismo, dibattere sul primato dell’una sull’altra rappresenta una “lunga storia”… Ma il progresso tecnologico, sempre più in combutta con l’immaginario, non sa da che parte andare. Lungi dall’emancipare, ci si “ferma” alla coreografia stantia.

Eserciti e monete: un’essenziale analisi storica

Era un giorno di agosto, o forse settembre dell’anno 490 A.C., in un luogo stretto fra la montagna e il mare Egeo, che si chiama Maratona, due eserciti si scontravano. Uno era quello della città di Atene, a cui si era unita quella di Platea, l’altro era quello del grande Re, l’imperatore di Persia. Non si scontravano solo due potenze, ma due modi diversi di concepire la società. Uno, quello Greco, era il mondo delle Polis. Le Città della Grecia classica, dove a comandare erano liberi cittadini. Cioè color che possedevano un po’ di terra, e che vivevano in centri urbani, dove quello che contava erano gli scambi commerciali, e per questo, esisteva la moneta. Di terra, in Grecia, se ne trovava poca, perché in quell’ estrema punta della penisola Balcanica, le colline e le montagne si affollano, una sull’altra, lasciando scarso spazio alla pianura. Ciò aveva determinato che i suoi abitanti si fossero raggruppati in centri urbani, in cima ad un rialzo. Dove tutti sono uguali a tutti, salvo gli schiavi e le donne. Dove circola la moneta, strumento fondamentale per gli scambi e conta il commercio.

I regimi fascisti e la persecuzione degli ebrei dalle leggi razziali alla Shoah

Al termine della prima guerra mondiale, per via anche dell’influsso dei principi universalistici e solidaristici che avevano guidato la rivoluzione d’ottobre, l’Europa è percorsa da un’ondata di progressismo. Gli Imperi autoritari di Austria e Germania sono crollati lasciando il posto a realtà decisamente più liberali, ma questi cambiamenti preoccupano notevolmente diverse componenti sociali intrise di nazionalismo, in particolare tra i ceti medio-alti, che temono bruschi rivolgimenti socio-economici in grado di mettere in discussione la loro posizione sociale. Ma assai temuta è anche una possibile crisi delle identità nazionali da loro così fortemente tutelate durante la guerra.

Frederick Taylor e i principi del management scientifico


No system of management, no single expedient – within the control of any man or any set of men can insure continuous prosperity to either workmen or employers. Prosperity depends upon so many factors entirely beyond the control of any one set of men, any state, or even any one country, that certain periods will inevitably come when both sides must suffer more or less. It is claimed, however, that under scientific management the intermediate periods will be far more prosperous, far happier, and more free from discord and dissension. And also, that the periods will be fewer, shorter and the suffering less.

Frederick Taylor – The Principles of Scientific Management

Frederick Taylor (1856-1915) è considerato tra le figure più influenti del XX secolo. Nato alla metà dell’ottocento, Taylor è colui che porta a compimento la riflessione sulla riforma del lavoro che, curiosamente, si associa normalmente allo sviluppo e all’evoluzione della rivoluzione industriale, già avviata nel XVIII secolo e conclusa, nella sua prima fase, nel XIX secolo. Ancora oggi, quando si pensa ai grandi opifici, organizzati secondo la catena di montaggio, si retrodata questa immagine sino agli albori della prima rivoluzioni industriale. Questa operazione è tuttavia impropria giacché la prima fase della rivoluzione industriale vede semplicemente la concentrazione della forza lavoro dispersa e l’impiego di certe tecnologie a uso di energia non animale o umana, le due prime e fondamentali “rivoluzioni”.

E’ solo successivamente, ovvero negli anni subito precedenti alla prima guerra mondiale, che si assiste ad un serio ripensamento dei fondamenti stessi dell’organizzazione del lavoro nelle fabbriche fino ad allora centrate sull’idea di obiettivi a parametri fissi e sulla “rule of thumb” (“regola del pollice” ovvero del buon senso), disgiunti dalle modalità attraverso cui tali parametri dovevano venire realizzati. Ad esempio, ad un lavoratore veniva richiesto che egli raggiungesse una certa quota di lavoro a giornata, come spalare tot chili di carbone in otto ore, senza che gli venisse spiegato come fare o si sapesse dell’esistenza di un metodo ottimale. Ciò che contava era un risultato fissato ex ante e come raggiungerlo era affare del lavoratore. Questo tratto arbitrario nell’impiego della forza lavoro emerge compiutamente proprio in The Principles of Scientific Management, in cui Taylor porta continuamente esempi di cattivo impiego della manodopera la quale dissipa inutilmente e spontaneamente energie senza costrutto.